Catania

Fuori termini ricorso contro reintegro Pogliese

CATANIA – Salvo Pogliese resta sindaco di Catania. Con un’ordinanza dello scorso 17 marzo, la Prima sezione civile della Corte d’appello, riunita in Camera di consiglio (presidente il giudice Veronica Milone), ha dichiarato “inammissibile per tardività” il reclamo avanzato dall’Avvocatura dello Stato, “nell’interesse del ministero dell’Interno”, contro la “riabilitazione” del primo cittadino (condannato in primo grado dal Tribunale di Palermo per peculato e dunque sospeso in applicazione della L 190/2012).

In altre parole, il Viminale – con una scelta da esimi giuristi definita inusuale e senza precedenti nella storia dei ricorsi contro la Legge Severino – ha provato a contestare il provvedimento con cui il Tribunale, alla fine dell’anno scorso, ha “sospeso la sospensione” del sindaco ma lo ha fatto oltre i termini previsti per questo tipo di impugnazione.

Facciamo un passo indietro. Tra luglio e dicembre 2020, dopo aver subito la condanna in primo grado a quattro anni e tre mesi per peculato, Pogliese è stato sospeso per 18 mesi dalla carica di sindaco con decreto del Prefetto di Catania in applicazione della Legge Severino. L’ex europarlamentare e il suo staff legale, seguendo una strada già percorsa in passato da altri amministratori (come Luigi De Magistris a Napoli), hanno presentato ricorso ex art 700 c.p.c. (provvedimenti d’urgenza) sollevando la questione di legittimità costituzionale della Legge. Il 5 dicembre 2020 un decreto del Tribunale di Catania, riunito in composizione collegiale, ha “censurato” il provvedimento prefettizio, ritenendo non manifestamente infondata la questione posta e, dunque, rimettendo gli atti alla Corte costituzionale. Di conseguenza, hanno scritto i giudici, “deve essere disposta la sospensione cautelare provvisoria degli effetti del decreto prefettizio impugnato fino alla udienza che verrà fissata successivamente alla definizione della questione di legittimità costituzionale”.

Un passaggio che ha permesso a Pogliese di tornare in sella sullo scranno più alto di Palazzo degli Elefanti. E questo anche perché, hanno precisato sempre i magistrati del Collegio, “l’applicazione del provvedimento prefettizio di sospensione laddove fossero fondati i dubbi riguardo alla legittimità costituzionale delle norme di cui sopra e, quindi, circa la sua legittimità, comporterebbe un’indebita ed eccessiva restrizione all’esercizio dell’elettorato passivo e del libero svolgimento del mandato elettorale, con conseguente danno per il dr. Pogliese non riparabile né risarcibile”.

Motivazioni che, però, non devono essere sembrate sufficienti al ministero dell’Interno. Lo scorso 4 gennaio, infatti, l’Avvocatura dello Stato-Ufficio territoriale Prefettura di Catania ha depositato il reclamo alla Corte d’Appello. Troppo tardi: il ricorso andava presentato entro 15 giorni dalla comunicazione dell’atto reclamato, ovvero il provvedimento cautelare di sospensione del decreto prefettizio, datato come detto 5 dicembre 2020. E quindi è risultato inefficace.