“La nostra non sarà alta velocità ma alta capacità, vorremmo che si cominciasse a pensare veramente all’alta velocità in Sicilia. Un obiettivo ambizioso ma doveroso”. A dirlo, alla fine, è stato anche il governo Schifani. Dopo aver applaudito all’investimento di 11 miliardi sulle ferrovie siciliane, pochi giorni fa in audizione alla Camera l’assessore regionale Alessandro Aricò ha ammesso che qualcosa non va. E ha chiesto uno sforzo in più: ovvero una linea ferroviaria a livello di quella che da Napoli in su esiste già da dieci anni. Che porti i treni a una velocità massima di 300 km orari e colleghi, di conseguenza, Palermo e Catania in un’ora anziché nelle due ore previste dall’attuale progetto. È la prima volta che qualcuno che rappresenta la Regione siciliana pone pubblicamente il tema. Tardi? Forse no, visto che la progettazione esecutiva per larga parte è ancora da fare.
Quello che però non si dice è che il progetto messo in campo da Rete ferroviaria italiana, applaudito e sostenuto da Roma e Palermo, non solo non è un’alta velocità, ma non è neanche un raddoppio ferroviario. Dei 178,5 chilometri interessati dai lavori, da Fiumetorto (in provincia di Palermo) fino a Catania Bicocca, due terzi – 111 km – rimarranno con un solo binario. Nuovo, con caratteristiche di alta capacità (i treni correranno fino a 200 km orari), ma unico. Su questi 111 chilometri Ferrovie ha diviso gli interventi in due macrofasi.
Il raddoppio ferroviario tra Palermo e Catania costa 8 miliardi ed è diviso in sei lotti. Solo in due di questi verrà realizzato il doppio binario: da Fiumetorto a Lercara Friddi (30 km) e da Catenanuova a Catania Bicocca (37,5 km). Per tutta la tratta centrale che attraversa le aree interne della Sicilia il progetto prevede la realizzazione di un nuovo binario semplice, in variante di tracciato rispetto alla linea storica: parliamo dei lotti Lercara-Caltanissetta Xirbi (47 km), Caltanissetta Xirbi-Enna Nuova (27 km), Enna Dittaino (15 km), e Dittaino-Catenanuova (22 km). Su questi 89 chilometri Ferrovie ha diviso gli interventi in due macrofasi. La prima, l’unica finanziata e di cui sono state bandite le gare per i lavori che dovrebbero partire entro il 2023, vedrà, come detto, la costruzione di un nuovo binario. La seconda macrofase, non finanziata e indicata ancora in fase di progettazione senza una scadenza precisa, prevede il ripristino e la modernizzazione del vecchio binario. Insomma, alla fine dei lavori coperti dagli 11 miliardi sbandierati dal ministro Matteo Salvini, il collegamento tra Catania e Palermo rimarrà per oltre la metà a binario unico.
Un dettaglio non da poco. A cambiare radicalmente è, ad esempio, il numero di treni che potranno viaggiare tra Catania e Palermo. Secondo lo scenario indicato da Ferrovie, con l’attivazione del nuovo binario unico tra le due città transiteranno al massimo 30 regionali e regionali veloci al giorno. Quando si riuscirà ad avere il doppio binario, questo numero potrà salire di un terzo: fino a 44 corse giornaliere.
Non solo. Per ragioni di sicurezza, lì dove verrà costruito il nuovo binario, parallelamente saranno realizzati “cunicoli di sicurezza paralleli alle lunghe gallerie di sezione allargata per predisporre aggiuntivi tratti di doppio binario in una fase successiva”. Cioè, le gallerie dove far correre il secondo binario verranno realizzate, ma rimarranno al momento vuote. Utili solo in caso di emergenza.
Questa scelta progettuale ha una genesi precisa. Nel primo studio di fattibilità, infatti, Rfi aveva previsto il doppio binario su tutta la tratta. Correva l’anno 2014. Un anno dopo avviene il famoso crollo del pilone del viadotto Imera sull’autostrada A19 e le cose cambiano. “La Regione Siciliana – scrive Rfi – ha chiesto a Ferrovie il potenziamento del servizio ferroviario sulla tratta Palermo Catania, circostanza che ha comportato il mutamento dello scenario trasportistico sulla predetta linea e la necessità di rivedere le modalità di esecuzione dell’intervento, articolandone la realizzazione per fasi funzionali”. L’aumento del numero dei treni tra Catania e Palermo e la necessità di “contenere i tempi” vengono indicati come causa per il cambio di progetto, i cui cantieri oggi, otto anni dopo, non sono ancora partiti. Nel luglio 2017, Rfi comunica “il nuovo scenario ottimizzato” al Ministero dei Trasporti e alla Regione Siciliana. Alla guida della Regione sono gli ultimi mesi di Rosario Crocetta. Nel 2019 nuova comunicazione sul “nuovo scenario funzionale, esitato positivamente dal Comitato Investimenti di Rfi”. Il presidente Nello Musumeci non fa una piega. Per anni la politica siciliana ha accettato i progetti di finta alta velocità in larga parte a binario unico. Oggi raccoglie i cocci.