Catania

Catania, ex raffineria Alonzo e Consoli resta nell’oblio

CATANIA – Il viale Africa dovrebbe essere uno dei biglietti da visita della città. Lì si trova il grande complesso fieristico “Le Ciminiere”, a un passo dal centro storico, eppure in quello stradone stanziano diversi edifici abbandonati nonostante il loro valore storico, degradati e degradanti per la decima città d’Italia.

Per l’ex palazzo delle Poste c’è un progetto, che aspetta solo di essere messo a bando, per realizzare la nuova Cittadella giudiziaria. La vecchia struttura è quasi del tutto smantellata e la nuova dovrebbe offrire uffici spaziosi per la giustizia etnea, nonché un panoramico affaccio sul mare per i cittadini. Non c’è nulla in campo, invece, per l’ex Raffineria “Alonzo e Consoli”, la cui ciminiera svetta proprio accanto agli ultimi blocchi di cemento del Palazzone abbattuto.

L’unica notizia che lo riguarda è legata alla messa in sicurezza. Non sarà il Comune a occuparsene, però, ma la ditta che si aggiudicherà il bando per la nuova Cittadella.

“In sede di approvazione del progetto – spiega l’assessore ai Lavori pubblici Enrico Trantino – abbiamo dato il via libera anche a un emendamento con il quale si stabilisce che chi realizzerà l’opera metta in sicurezza la parte accanto. Tutto in vista di un intervento di recupero successivo che potremmo porre a carico di privati che volessero ristrutturare l’edificio. Potremmo metterlo a loro carico in compensazione di oneri urbanistici oppure, se non ci fosse nessuno che voglia ristrutturarlo, l’ex raffineria potrebbe essere oggetto di un nostro intervento successivo”.

In pratica chi costruirà la nuova Cittadella giudiziaria dovrà demolire le parti pericolanti dell’ex raffineria, le cui condizioni sono peggiorate anche a causa del vasto incendio che nel 2015 interessò la struttura, ma – come precisa l’assessore – occorrerà fare attenzione a preservare le componenti “storiche” come la vecchia ciminiera, la più alta di Catania.

Si tratta di un sito imponente, per anni preda di sbandati e senza fissa dimora, che in passato ha rappresentato il punto di riferimento per la lavorazione dello zolfo. Abbandonato da circa un secolo, da quando negli anni venti del ‘900 si è passati a un nuovo metodo di estrazione dell’elemento, l’edificio è passato più volte dall’annuncio di importanti progetti all’oblio. Nel 2012 l’associazione culturale Nomos voleva trasformarlo nel museo della “Libertà siciliana”, dedicato alla storia dell’antimafia dell’isola, ma il Comune non diede mai la concessione. Nel dicembre del 2014 la giunta guidata dall’allora sindaco Enzo Bianco l’aveva destinato all’Accademia di Belle arti per creare una galleria d’arte contemporanea e design, ma complice anche l’incendio dell’anno successivo non se ne fece nulla.

È difficile per l’amministrazione attuale ipotizzare nuovi progetti. “Un nervo scoperto”, lo definisce Trantino, dal momento che il Comune è in dissesto. Ma non è detta l’ultima parola. “Abbiamo un parco progetti amplissimo che non è mai stato catalogato”, spiega l’assessore comunale. Un aiuto nel mettere tutto in ordine potrebbe arrivare dai percettori del reddito di cittadinanza.