Un anno che potrebbe essere decisivo per il settore balneare. Il 2023 potrebbe mettere ordine a un comparto che vive alcune difficoltà, soprattutto alla luce della liberalizzazione delle concessioni che ancora pende sulle sorti di molti gestori di stabilimenti balneari. Che a Catania, ad esempio, sono quasi tutti imprese familiari. In attesa di capire come sarà perfezionata la legge nazionale che ha deciso di aprire al mercato le concessioni demaniali, in ottemperanza alle norme europee che prevedono un obbligo tassativo per gli Stati membri, abbiamo fatto il punto con il presidente etneo del sindacato italiano dei balneari, Ignazio Ragusa, per capire a che punto si trova il settore, quali i problemi e quali, invece, i punti di forza. “Purtroppo, siamo completamente dimenticati in questo momento” – afferma Ragusa.
“Il Governo non ha ancora sciolto il nodo delle concessioni e, in questo momento, siamo fermi. L’unica novità a oggi – prosegue – è l’aumento del 25% del canone demaniale, che ha determinato un aumento dei costi per i gestori che, inevitabilmente, dovranno rifarsi sull’utenza”.
Aumenti probabilmente dovuti all’inflazione, ma che si scontrano con le spese sostenute dagli imprenditori del settore, per cui l’Iva è del 22 per cento, a differenza delle strutture ricettive o dei ristoranti che sono tassati al 10% . “Con questi costi – sottolinea il sindacalista – in 70 anni di attività avrei potuto comprare il terreno dove ho la mia attività, ma non posso”. Eppure, ricorda Ragusa, il canone da imporre agli imprenditori balneari era stato pensato ‘basso’ per compensare gli stessi dei servizi offerti, tra cui la pulizia e la sorveglianza. Forse troppo basso considerato che, secondo l’ultima relazione della Corte dei Conti, “La gestione delle entrate derivanti dai beni demaniali marittimi”, i dati della media 2016-2020 parlano di entrate accertate per 103,9 milioni di euro annui, con 97,5 milioni riscossi. Insomma, circa 100 milioni l’anno a fronte di un giro d’affari stimato da Nomisma in 15 miliardi di euro l’anno (su 12.166 concessioni per stabilimenti balneari presenti in tutto il Paese, con differenze certamente molto ampie tra un lido e un altro).
“In ogni caso – continua Ragusa – aspettiamo di capire cosa succederà, dato che c’è stato l’impegno da parte del Governo di salvaguardare le piccole e medie aziende. Il rinnovo automatico della concessione non c’è più e si è deciso di liberalizzare, ma oggi siamo di fronte a confusione e aspettiamo di capire cosa succederà”.
Aprire il mercato, secondo il Sib etneo, oltre a colpire chi negli anni ha fatto ingenti investimenti per la propria attività, potrebbe danneggiare l’indotto. “Già l’anno scorso, alcuni colleghi hanno avuto il coraggio di fare investimenti senza avere alcuna garanzia che la concessione sarà rinnovata – dice Ragusa. Insomma, mancano certezze tranne che, per tutto il 2023, le concessioni sono state prorogate. Vediamo cosa succederà anche perché si tratta di cento imprese solo nel catanese, e di almeno di 2.500 lavoratori coinvolti”.
Passi avanti, però, ce ne sono stati. In particolare sul versante della Playa. “Abbiamo fatto numerosi incontri prima con la Giunta e poi con il commissario Portoghese – continua Ragusa. E ringraziamo le istituzioni per l’illuminazione del viale Kennedy, che a breve dovesse essere dovrebbe essere attivata, per l’istallazione delle telecamere per il controllo dell’accesso alla città che, quando funzioneranno, impediranno ciò che è accaduto durante queste festività: il furto dei cavi di rame e altro da alcuni stabilimenti. Ringrazio in particolare il Commissario straordinario della città di Catania Federico Portoghese per l’impulso che ha dato alla ripresa dei lavori, per la luce, la fibra e il nuovo asfalto”.
Ragusa, poi, torna sulla destagionalizzazione che, soprattutto con il clima mite che si registra in Sicilia anche in inverno. “Gli stabilimenti sono sempre disposti ad allungare la stagione – evidenzia – ma abbiamo tante difficoltà a mettere d’accordo le varie istituzioni oltre a quella di rimodulare alcune strutture per poterle trasformare in attività invernali. Infine, la zona dal lunedì al venerdì non è considerata turistica e manca praticamente tutto: alberghi, ristoranti. Nel fine settimana le cose però potrebbero funzionare – afferma ancora Ragusa secondo cui, una delle possibilità potrebbe essere quella di permettere il pernottamento in alcune strutture, creando così pacchetti ad hoc. “Siamo certi – conclude – che così Catania potrebbe avere uno sviluppo anche d’inverno”.