Editoriale

Chi rema contro le rinnovabili

Bisogna sempre cogliere la parte positiva che c’è in ogni vicenda negativa. Il Covid prima e la guerra russo-ucraina, dopo, hanno messo in evidenza le insufficienze che i nostri governi negli ultimi decenni hanno mostrato, relativamente alla politica energetica e, in generale, alla politica di sviluppo, dimenticando, in primis, la differente situazione infrastrutturale ed economica fra Nord e Sud.

C’è chi rema contro una vera unificazione economica e infrastrutturale del Paese perché ha interesse a mantenere rendite di posizione e vantaggi che sono evidenti solo che si vogliano vedere.
è infatti chiara la convenienza di un certo ceto politico becero a mantenere in stato di povertà tutto il Meridione, in modo da scambiare il bisogno con il voto, cioè con il consenso politico.

D’altra parte, l‘ignoranza diffusa nel Sud non fa capire questo trabocchetto, per cui mantiene tale rapporto di sudditanza con chi distribuisce favori, anziché distribuire equità e giustizia anche ai cittadini meridionali.

Che c’entra tutto questo con l’energia? C’entra, eccome, perché la mentalità suddita non ha fatto capire che nel tempo avrebbe provocato guai e oggi costoro se ne accorgono con il gas russo.
La domanda che ne consegue è: perché in questi decenni la politica energetica di sviluppo delle rinnovabili non è stata sostenuta né cercata, né sviluppata con il necessario vigore? La risposta è nei fatti: perché i gruppi dominanti, quasi di mentalità feudale, che vendevano energia da fonti fossili – sia nazionali che internazionali – hanno sempre spinto per evitare di essere sostituiti.

È un caso che la Burocrazia nazionale e molte di quelle regionali abbiano tenuto in congelamento migliaia e migliaia di richieste di autorizzazioni e concessioni di fonti rinnovabili? Si può addebitare tutto ciò esclusivamente a dabbenaggine, incapacità e incongruenza della Burocrazia? Non crediamo, anzi crediamo che dietro a tutto quanto stiamo descrivendo vi sia la regia dei gruppi dominanti ben identificabili che esercitano pressioni adeguate, volte al loro vantaggio e quindi a svantaggio dei cittadini.

Non parliamo di opinioni, ma di fatti: le richieste bloccate, le concessioni non date, l’impedimento di trivellare il gas italiano, di finanziare gli impianti solari ed eolici e via enumerando, scrive con chiarezza una pagina nera del nostro ceto politico, non importa di che parte, ma che è servo di chi lo finanzia.
Certo, la pochezza e l’ignoranza di molti parlamentari e di tanti ministri sono la dimostrazione che comunque il nostro Paese è regredito sul piano della civiltà come conseguenza di tale diffusa ignoranza.

In ogni caso, non tutti i mali vengono per nuocere, per cui i nostri governanti sono stati costretti ad aprire gli occhi e a cominciare a dare un contenuto al ministero innovativamente denominato della “Transizione ecologica”, il quale dovrebbe condurre il Paese da una propria insufficienza energetica a uno stato di autosufficienza, che potrebbe raggiungersi entro il 2050 (forse).

Non solo è indispensabile una politica attiva per aumentare cospicuamente la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma collateralmente, non meno importante, è la trasformazione degli impianti di raffinazione dei carburanti da fonti fossili, altrettanto necessari per produrre energia e, quanto meno, togliere o diminuire il cappio delle forniture estere.

Il nostro Paese presenta livelli culturali elevati, ma di quantità limitata. Si rende necessario che la cultura si estenda ai livelli piu bassi della piramide sociale, perché solo un Popolo colto è in condizione di capire i fenomeni e i problemi per dare i propri suffragi a ragion veduta e non dietro gli stimoli della propria pancia.
La questione è semplice: pensare con la propria testa e non con la propria pancia e neppure con la testa degli altri.
Dunque, corsa alle rinnovabili, lotta contro i feudatari dell’energia, abbattere il bisogno evidente che non può essere più trascurato come è stato fino ad oggi.