Cultura

Cinema, i fratelli D’Innocenzo ci narrano “Favolacce”

FAVOLACCE
Regia di Fabio e Damiano D’Innocenzo. Con Elio Germano, Tommaso Di Cola, Giulietta Rebeggiani.
Italia 2019, 98’.
Distribuzione: Vision Distribution (attualmente su diverse piattaforme video on demand)

Un racconto ispirato a una vicenda reale, a sua volta ispirata a una storia falsa e giudicata di per sé poco ispirata. Così, nell’invisibile cornice che precede, accompagna e chiude il racconto morale dei fratelli D’Innocenzo – alla seconda regia dopo “La terra dell’abbondanza” – si esprime un anonimo narratore onnisciente, presentando la circostanza fortuita del ritrovamento del diario di una bambina.

Formiche, serbatoi pieni di acqua stagnante, fette biscottate abbrustolite e fatte a pezzi, una serie di villette indipendenti tutte uguali tra di loro. L’atmosfera ricreata con le prime inquadrature ambientali prepara sin da subito ai temi di corruzione, decomposizione e spersonalizzazione che verranno elaborati più avanti, e sembra solo mancare il dettaglio di un orecchio mozzato per sentire l’eco o meglio il rimbombo di ossessioni lynchiane.

Il punto di vista prescelto è quello di un gruppo di ragazzini della periferia romana la cui sensibilità infantile sembra essere stata uccisa da tempo. L’habitat ideale per l’emersione di impulsi autodistruttivi e di un sentimento pervasivo di abiezione è la famiglia, con responsabilità equamente suddivise tra madri assenti e anaffettive e padri infantili e autoritari.

L’uso di uno stile eclettico, con false e vere soggettive, fuori fuoco e ralenti, evidenzia l’ansia di una scrittura visiva contemporanea, autorialmente esibita, potente, ma la predominante estetica sembra essere tracciata dall’uso insistito di totali e primissimi piani, come a denunciare l’impossibilità di una giusta distanza, di un equilibrio tra i vari elementi della messa in scena.

Globalmente, la sensazione è di una visione disturbante e disturbata da un estremo formalismo, sia visivo che narrativo. La presenza – sul finale – di un secondo demiurgo che muove le fila del racconto all’interno del perimetro dell’intreccio, però, regala al film una lettura ancora più stratificata, ricca di riferimenti metacinematografici e di riflessioni colte sui meccanismi della narrazione, che rendono oggettivamente la sceneggiatura – Orso d’Argento all’ultimo Festival di Berlino – un oggetto di massima e intrigante sofisticazione.

Voto: ☺☺☺1/2☻