Palermitano, rientrato in Sicilia dopo la laurea in Economia aziendale all’Università Bocconi di Milano e soprattutto dopo una lunga esperienza come responsabile della comunicazione per la Divisione Pubblicità del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera, Emilio Pursumal si divide tra la comunicazione e il coaching. È stato partner e general manager dell’agenzia web palermitana “Im*media”, oggi è co-fondatore di Coaching Mediterraneo e vice presidente del giornale online “La Voce di New York”.
In questa intervista ci parla del Coaching mediterraneo e di come può cambiare la visione delle imprese siciliane.
Emilio, cos’è il coaching mediterraneo e quali le differenze rispetto al modello di matrice americana?
“Coaching Mediterraneo è un ossimoro creativo nell’ambito della formazione, due opposti che si rispettano e completano. Il coaching porta con sé la cultura americana dell’obiettivo e della performance, la fiducia in se stessi e nel talento, concetti lontani dal Sud segnato dal destino, e che invece stanno a fondamento del sogno e di qualunque visione. Con il mio socio Beppe Castellucci abbiamo pensato ad un “accento” mediterraneo. Abbiamo ritenuto, anche per le nostre rispettive esperienze di formazione e lavoro al Nord, che fosse giunto il momento di lanciare una provocazione a questo mondo ben strutturato in termini di modelli, marketing, finanza e gestione del tempo, ma che sta accusando un disagio crescente sul fronte delle risorse umane e che necessita di cambi di paradigma. Del mediterraneo recuperiamo innanzitutto la metafora principale del viaggio, inteso come sfida che fonda il senso e il valore di ogni giorno nell’accoglienza, l’avventura, l’incontro e la condivisione. Così, rispetto al coaching fortemente orientato su obiettivi e piani di azione, noi ripartiamo dall’accento ‘mediterraneo’ del greco Epitteto e dal suo pensare-desiderare-agire, offrendo strumenti divertenti per ‘agitare’ nuovamente questa triade, ricordando che è fondamentale un approccio olistico. Affrontiamo i temi del benessere organizzativo con domande su una diversa e possibile concezione delle priorità e dei bisogni fondamentali, per allenare l’innovazione nel fare e gestire le organizzazioni oggi, rispetto ai nuovi e difficili temi del cambiamento. Come ri-elaboriamo la leadership a partire dalla diversità e dalla discontinuità? Come facciamo innovazione sviluppando l’intelligenza emotiva e collettiva? Come allineiamo le aspettative profonde dei singoli con la mission dell’impresa? Come riconosciamo e separiamo gli strumenti dai fini?”
Il centro di tutto è il Mediterraneo, la Sicilia. Come l’Isola e la cultura mediterranea diventano strumento di strategie nel coaching?
“Il Coaching è efficace se la domanda è sincera. Quindi ciò che conta è la legittimazione e la volontà dei capi di voler cambiare e credere nell’auto apprendimento della squadra. Quindi si parte sempre dai valori dell’organizzazione. Come i valori diventano e orientano i nuovi comportamenti necessari? Noi proponiamo l’apprendimento creativo a partire dall’esperienza, in campi diversi da quelli tecnici e manageriali. Utilizziamo il ‘viaggio’ per le aziende e le organizzazioni per offrire metafore che alimentino il confronto. Si alterna aula e outdoor, e impastando il pane o cucinando insieme, mettendosi in gioco, si può sperimentare la potenza del talento d’impresa; osservando la natura e fotografando con uno smartphone si può ragionare sulla comunicazione e valori di brand; un’immersione subacquea ti apre a nuove visioni sull’importanza del compagno di squadra e sul valore del feedback. L’esperienza e il gioco basato sulla collaborazione aprono la mente e suggeriscono nuovi paradigmi e modelli d’innovazione. Ovviamente in tempo di covid abbiamo proposto soluzioni più semplici online, e abbiamo constatato un grande interesse in generale sui temi del digital e sulla formazione online”.
Si può pensare ad un modello imprenditoriale nuovo che meglio si sposa con l’identità siciliana e la sua cultura mediterranea. Se si, qual è?
“Dobbiamo prepararci al dopo Covid, e siamo in una fase di possibile svolta: lo smart working, le tecnologie, ma anche gli effetti di questa stessa pandemia, sostengono nuovi trend e valori che possono davvero farci fare la rivoluzione. Possiamo preparare un futuro migliore, che dipende da noi, che sia nostro, non imposto o peggio ancora imitato. Dobbiamo integrare strumenti e valori, adeguare la cultura manageriale agli standard delle global company, parlare le lingue e conoscere i mercati internazionali, ma recuperare con fiducia e determinazione la nostra identità. Non si vendono prodotti, ma valori. Qual è la visione alternativa della vita che proponiamo? Come metterla dentro ai nostri prodotti e raccontarla? Quale felicità vendiamo? Ancora una volta la risposta sta nelle domande aperte e potenti: il coaching fa domande e allena le risposte”.