Il vaiolo delle scimmie fa paura anche in Sicilia. Scattato l’allarme nell’Isola, anche se fino ad ora non sono stati segnalati casi. Nei porti e negli aeroporti però, dagli hotpost dei migranti che arrivano in zone dove il virus è endemico in Africa, l’allerta è già alta.
Il ministero della Salute ha inviato una circolare a tutte le Asp e agli ospedali dell’Isola illustrando quali sono gli indizi sospetti da tenere d’occhio e come intervenire nell’eventualità che si dovesse isolare un contagiato.
Sarà la task force dell’Istituto superiore di sanità – che è stata creata appositamente
per monitorare l’emergenza – a tenersi in contatto con le reti sentinella per le infezioni, tra le quali
figura anche il neonato centro regionale siciliano epidemie, inaugurato qualche giorno fa da Razza.
Sono 92 i casi confermati e 28 quelli sospetti di vaiolo delle scimmie segnalati all’OMS da 12 Stati membri dove la malattia non è endemica. I Paesi in cui l’Oms ha registrato sono Australia, Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Regno Unito e Stati
Uniti d’America. Per i casi segnalati finora non sono stati stabiliti collegamenti di viaggio con le aree dove la malattia è endemica. «Sulla base delle informazioni attualmente
disponibili, i casi sono stati identificati principalmente, ma non esclusivamente, tra uomini che hanno rapporti sessuali con uomini» scrive l’OMS.
I paesi endemici del vaiolo delle scimmie, riferisce sempre l’Oms, sono: Benin, Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Gabon, Ghana (identificato solo negli animali), Costa d’Avorio, Liberia, Nigeria, Repubblica del Congo e Sierra Leone. Benin e
Sud Sudan hanno documentato le importazioni in passato. I paesi dell’Africa centrale che attualmente segnalano casi sono il Camerun e la Nigeria.
La situazione «si sta evolvendo», spiega l’Oms che prevede «che ci saranno più casi di vaiolo delle scimmie identificati man mano che la sorveglianza si espande nei paesi non endemici». Le azioni immediate, spiega l’Organizzazione mondiale della Sanità in una nota, «si concentrano sull’informazione di coloro che potrebbero essere più a rischio di infezione con informazioni accurate, al fine di fermare un’ulteriore diffusione. Le attuali prove disponibili suggeriscono che coloro che sono più a rischio sono coloro che hanno avuto uno stretto contatto fisico con qualcuno con il vaiolo delle scimmie, mentre sono sintomatici».
“La probabilità di una trasmissione del virus attraverso un contatto stretto, per esempio tramite l’attività sessuale, è considerata elevata – ricorda il portavoce – ma la probabilità di trasmissione tra individui senza un contatto stretto è considerata bassa. L’Ecdc è molto più qualificato di noi per dare una visione scientifica. All’inizio della prossima settimana pubblicherà un Risk Assessment con ulteriori informazioni per gli Stati membri”.
Il sintomo più evidente del vaiolo delle scimmie è la comparsa di vescicole tondeggianti sul viso e sul corpo. Comincia come un’influenza con mal di testa, spossatezza e gonfiore dei linfonodi, poi è l’eruzione cutanea a non lasciare troppi dubbi. Il periodo di incubazione varia da 5 a 21 giorni, in media la malattia compare tra i 6 e i 13 giorni dal contagio. Nella maggior parte dei casi si guarisce dal vaiolo delle scimmie entro 14-21 giorni.
Come mai si sta registrando un aumento dei casi? “Perché i giovani non sono vaccinati contro il vaiolo e quindi l’immunità a livello di comunità è calata”, spiega Antonella Viola. “Inoltre, i viaggi frequenti favoriscono la circolazione del virus. Non possiamo escludere però che il virus sia mutato e che sia diventato più trasmissibile per gli uomini”, prosegue l’immunologa.
Il vaiolo delle scimmie è una malattia virale causata dal Poxvirus che colpisce prevalentemente questi e altri animali selvatici, solo talvolta passa all’uomo. Generalmente non è pericolosa, ma in alcuni casi il tasso di mortalità è significativo: per la famiglia dell’Africa occidentale è di circa l’1%, mentre per quella del bacino del Congo può arrivare fino al 10%.
Le infezioni avvengono prevalentemente per contatto incidentale con animali infetti o con persone che hanno soggiornato in zone a rischio; quindi, l’aumento di viaggi può essere una possibile causa dell’incremento. Il contagio avviene per contatto diretto con le lesioni, con i fluidi corporei, tramite goccioline e con gli indumenti contaminati.
Il periodo di incubazione è generalmente compreso tra 5 e i 21 giorni. I fattori di rischio conosciuti sono il contatto con animali attraverso la caccia e il consumo di selvaggina. Si tratta di un virus del tutto simile a quello del vaiolo umano e infatti, la vaccinazione contro il vaiolo umano protegge anche contro questo virus.
Peccato che il vaccino contro il vaiolo non sia più obbligatorio da molto tempo. Dopo l’Unita’ d’Italia, la vaccinazione antivaiolo fu resa obbligatoria per tutti i nuovi nati a partire dal 1888. L’obbligo è stato abolito in Italia nel 1981, dopo che nel maggio 1979 l’Organizzazione Mondiale della Sanita’ – OMS, ha decretato eradicato il vaiolo dalla Terra. È possibile un ritorno dell’obbligo del vaccino contro il vaiolo? “È troppo presto per trarre conclusioni. – dichiara Viola – Finora il vaiolo delle scimmie non si è diffuso ampiamente negli esseri umani. Speriamo che anche questa volta i contagi si fermino a pochi casi”, conclude l’esperta.