Musica

Concato, il cantautore si racconta alla vigilia dei suoi concerti in Sicilia

Il Musico Ambulante Tour di Fabio Concato farà tappa in Sicilia con le date del 31 agosto presso l’Anfiteatro Falcone Borsellino di Zafferana Etnea e dell’1 settembre all’Anfiteatro Lucio Dalla di Partanna.

Il cantautore milanese è ritornato alla musica live appena si è potuto e da tutta l’estate sta girando l’Italia con la sua musica che è la prova di oltre 40 anni di carriera tra romanticismo e impegno sociale.

Quando lo intervisto lui è a Milano e io a Catania. Senza mezzi termini, mi chiede subito di darci del tu, ma non ce l’ho fatta. “Ritornare mi dà il senso della normalità che ricomincia. Sono felice perchè anche prima del Covid non l’ho frequentata molto” racconta quando parliamo della Sicilia e con ironia e sincerità, tratti che emergono in tutta la conversazione, ammette: “Il problema è che devo stare attento quando vengo giù perchè in due giorni sono capace di mettere su tre chili. Quando vengono a snocciolarti cannoli fatti mezzora prima, è difficile resistere”.

Il suo ultimo singolo è “L’Umarell”, brano che ha scritto di getto sulla pandemia e che ha cantato in milanese perché fosse testimonianza di una terra tra le più ferite al mondo dal nemico invisibile quale è il coronavirus.

Canterà all’anfiteatro di Zafferana Etnea che ha ospitato molti protagonisti della musica italiana tra cui Lucio Dalla e Franco Battiato che hanno scelto di prendere casa ai piedi dell’Etna…

E beh, li capisco (nda. sorride). È una delle zone più belle d’Europa e che conosco molto bene. Non credo sia un grande sacrificio. Mi è dispiaciuto che ad un certo punto non siano arrivate più proposte, ma succede così. Non è colpa di nessuno.

Qual è il Suo ricordo di Lucio Dalla e di Franco Battiato?

Con Lucio Dalla abbiamo collaborato una sola volta, anche  se io avrei voluto fare duecentomila cose insieme a lui e conoscerlo di più. Lucio Dalla è sempre stato il mio riferimento vero, la mia ispirazione.

Mi è successo una volta sola, invece, di incrociare Franco (nda. Battiato). Eravamo al Festival di Sanremo. Lui era seduto molto comodamente su una sedia. Stava scrivendo e stava leggendo. Lo ricordo molto bene. Non ci conoscevamo e ci siamo salutati. Gli ho detto: “Franco, io sono Fabio” e lui mi ha risposto: “So perfettamente chi sei. Mi fa molto piacere conoscerti”.

Confesso, però, che di solito frequento poco quelli che con cui sono in confidenza. Sono molto pantofolaio. Sto molto a casa. Frequento poco i locali e i miei colleghi. Non è una cosa bella, ma semplicemente io sono fatto così. Qualcuno pensa che io sia uno snobbone pazzesco, invece non è vero. È un fatto caratteriale con cui devo fare i conti.

Per prepararmi all’intervista con lei, ho provato a leggere altre interviste recenti. Ho visto che non si presta spesso ad essere intervistato…

No. È una cosa che non faccio mai volentieri. Però, ai nostri livelli, come adesso che io e te stiamo parlando, va benissimo, fa piacere. Anzi, è un modo per farmi conoscere di più e meglio. Ecco però, sono un po’ schivo. Lo stesso atteggiamento, se non peggio, lo ho anche con la televisione. Con i media, in generale.

La gente mi dice di farmi vedere un po’ di più in televisione che ne hanno bisogno. Questa è una cosa molto bella, però se propongono le solite cose che ho fatto per quarantatrè anni, lascio perdere.

Sono andata nel suo profilo Instagram, mi ha colpito che per descriverSi ha scelto “Musico ambulante”.

È vero, anzi un altro po’ che aspettavo e diventavo musico deambulante tra il Covid e l’età che passa. Musico ambulante come tutti i musicisti nel senso che dove mi chiamano, io porto la musica.

A proposito di Lucio Dalla, mi è venuta in mente una cosa che mi ha detto molti anni fa. Gli raccontavo che mi succedevano delle cose strane ossia che mi chiamavano anche nelle case per suonare e mi sembrava un po’ imbarazzante. Lui mi disse: “Cosa ti imbarazza? Fabio, tu devi cantare dove la gente ti chiama, senza avere troppa puzza sotto al naso. Ti danno pure i soldi per cantare”.

È inevitabile parlare di pandemia: come ha vissuto i primi momenti in quarantena?

L’ho vissuta a momenti alterni. A volte ero molto in crisi e sentivo molto la drammaticità del periodo. Altre volte ho scoperto aspetti meravigliosi. Mi sono chiesto se la pandemia avrebbe potuto cambiare il nostro modo di fare, di pensare e di trattarci tra noi persone. Mi sono ritrovato a riscoprire ciò che avevo dimenticato come, ad esempio, vedere al posto del tram che passa un uccellino che becca sul binario. Ho anche dei ricordi molto belli, particolari e speranzosi.

Non avrebbero dovuto sospendere gli eventi e gli spettacoli e non perchè io faccia il musicista, ma perchè ci avrebbero confortato spiritualmente in modo incredibile. Invece, pensiamo sempre a nutrire la nostra pancia e il nostro aspetto, invece di curare cosa abbiamo dentro e ce ne dimentichiamo. Oramai qui siamo a livello di visualizzazioni, cosa vuoi fare?

Non le piace com’è diventato il mondo?

No. Mi rendo conto che la tecnologia è così, va avanti e questo è il prodotto. Ne prendo atto, ma da qui ad esserne contenti ce ne passa di differenza.

Non mi piace che si sia sempre in giro con i telefoni. C’è sempre qualcuno con il telefonino pronto a filmarti o qualcuno che posta cose improbabili. Frequento poco il telefonino, ma ancora meno i social. Ho un paio di persone che se ne occupano. Quando devo fare degli interventi, li faccio io di persona, ma non lo frequento sia perchè mi deprime anche un po’ sia perchè vedo anche delle cose feroci.

Mi rendo conto che per molti altri, anche per miei colleghi, dal punto di vista professionale sia fondamentale. Io non li amo e li utilizzo molto poco.

Al centro dei concerti vi saranno le sue canzoni che sono ad oggi classici della musica italiana: cosa deve avere una canzone per essere evergreen?  

È una domanda da un miliardo di dollari dato che non ce ne sono più. Mi dispiace dirlo perchè è una roba dolorosa ammetterlo. Lo dico sempre e spesso anche ai miei concerti che sarebbe bello che le canzoni di chi è primo in classifica adesso (ammesso che uno ce l’abbia una classifica affidabile), venissero cantate fra 40 anni, come è successo a noi e a molti altri prima di me.

Adesso c’è qualcuno che racconta anche storie belle. Ci sono rapper che cantano di storie fulminanti e intelligenti, per carità, ma la musica sta da un’altra parte. Non c’è la musica, quindi non c’è la canzone.

Se n’è accorto che ci sono sempre i soliti due accordi…

Ci sono i due accordi, ma ci sono queste benedette visualizzazioni. Ormai è quello che funziona. Se hai le visualizzazioni, bene. Se non le hai, sei un po’ sfigato. Se hai pochi followers, sei uno sfigato…

Secondo lei perchè il mondo si misura così adesso?

Bella domanda, sei troppo forte! (nda. Sorride) Sai quante volte me lo sono chiesto? Non lo so. È curiosa questa cosa e inquieta anche. C’è solo la parte esterna di noi, non c’è più niente dentro. Anzi cerchiamo di far parlare meno possibile quello che abbiamo dentro perchè ci fa paura e ci scandalizza. È una brutta situazione. Poi non so, probabilmente questa è una fase che porterà musica ancora più bella. Io me lo auguro, ma a me sembra che da circa venti/trent’anni ci stiamo imbarbarendo.  Non so cosa ci sia successo. Di certo i media non hanno aiutato.

Sandy Sciuto