CATANIA – Alta tensione in tutta Italia dopo l’ultimo Dpcm, anche a Catania. Il personale sanitario denuncia una situazione insostenibile, ma l’emergenza Covid è oggi pure economica e sociale. Regnano incertezza e paura. E la paura – si sa – può offuscare la ragione.
Il tempo degli slogan politici che dipingevano una sanità potenziata, pronta ad affrontare una possibile recrudescenza del virus – che ora si concretizza in piena regola – è terminato. Adesso si fanno i conti con realtà: “È già da fine luglio che accogliamo una quantità crescente di pazienti che risultano poi postivi al Covid-19. Adesso la sintomatologia legata al virus sembra essersi ampliata, alcuni riferiscono sintomi come mal di pancia e colecistite, che farebbero pensare a tutto tranne che al Coronavirus – racconta una dottoressa del pronto soccorso dell’ospedale Garibaldi di Catania -. Negli ospedali si chiudono i reparti per dedicarli ai pazienti contagiati, si assicurano solo le urgenze e si ritardano ancora gli interventi ritenuti non strettamente necessari. Cominciano a tardare le forniture di mascherine Ffp3. Per i malati non c’è ancora un protocollo di trattamento terapeutico unico, si procede a tentoni. Il numero del personale sanitario rimane troppo basso, nonostante i bandi per le nuove assunzioni temporanee. Le new entry sono per lo più neolaureati in Medicina con nessuna esperienza pregressa che oggi affrontano situazioni più gradi di loro”.
Intanto in città come Roma, Torino, Milano e Catania si scende in piazza per manifestare contro le restrizioni imposte dall’ultimo Dpcm che, ancora una volta, mette i bastoni tra le ruote a chi deve guadagnarsi il pane nel tentativo di contenere la diffusione del virus.
Di questa complessità che cosa è rimasto nel contesto sanitario e politico che va sotto il nome di Covid19, sotto il nome di epidemia da coronavirus? Stanno rimanendo il terrore, la depressione, la diffidenza reciproca, la perdita del lavoro e sempre più la fame. Come è ovvio, si muore di virus ma si muore anche di disagio economico, di disperazione sociale, di miseria. Il coronavirus è biologia, certamente, ma è anche economia ed è politica. Io credo che non si possa capire il dramma nel quale siamo precipitati senza avere uno sguardo complessivo, che deve essere sanitario e amministrativo ma anche ambientale e, appunto, politico. La carenza di posti letto negli ospedali, i tagli feroci alla sanità, non li ha decisi un virus ma li hanno voluti i governi, li hanno voluti il fanatismo liberista del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Centrale, dell’Unione Europea. Li hanno voluti i mercati, anonime strutture finanziarie che uccidono le vite, le società, le libertà. Ora si vede e si comprende che lo fanno alla lettera”.
Contraddizione anche sulla salvaguardia dei posti di lavoro: mentre la Cassa Integrazione pervade e vige il divieto di licenziare, si pensa di incentivare nuove assunzioni, pura follia. Settori come la ristorazione segnano perdite per oltre il 70% di fatturato e la panacea per il governo è chiudere i locali alle 18. I bonus vacanza hanno dato una boccata d’ossigeno al Turismo ma adesso è il vuoto assoluto – aggiunge Lo Cascio -. Il virus certamente va contrastato ma da personalità che non siano coinvolti in lobby e associazioni di poteri occulti che tirano le fila della politica. Il virus scomparirà presto o tardi, ma i malanni atavici della classe politica no. Spetta a noi trovare l’antidoto contro ruberie, distrazioni di capitali e malaffare. Noi intendo popolo, a testa alta”.
L’ultima ordinanza del governatore della Regione Sicilia arriva alla vigilia dell’ultimo Dpcm. Se il presidente Musumeci – che adesso vuole proporre al Governo una deroga per cinema e teatri – non farà un passo indietro, all’Isola continueranno ad applicarsi le misure residue di contenimento maggiormente restrittive per la ristorazione (asporto e consegna a domicilio entro le 23), l’istruzione (100% di attività scolastiche a distanza per tutte le scuole di secondo grado), gli spostamenti (coprifuoco) e le attività commerciali (chiusura domenicale alle ore 14).
Di conseguenza, si assiste alla perdurante pubblicazione di ordinanze regionali la cui efficacia nel tempo è circoscritta al momento di entrata in vigore del successivo Dpcm, la cui adozione è però un fatto incerto. Alcune sembrano anche spingersi oltre la casistica e i presupposti stringenti previsti dall’art. 3, d.l 25 marzo 2020, n. 19, perché non fondate su situazioni di aggravamento sopravvenute – spiega l’avvocato -. Allora l’ordinanza del 24 ottobre andrebbe considerata del tutto inefficace alla luce dell’ultimo Dpcm. Di certo, per ragioni di mera opportunità, sarebbe stato più corretto evitare questa inutile confusione per i cittadini il giorno precedente l’entrata in vigore del tanto annunciato nuovo decreto nazionale”.