Sanità

Covid, l’esperto, “Non somministrare vaccini diversi”

Prosegue il percorso di approfondimento del QdS.it sui vaccini anti Covid; in questo articolo parliamo dei fatti più recenti che hanno riguardato la Pfizer, la casa farmaceutica che ha messo per prima in commercio il vaccino contro il Covid-19, ma non solo. Il professore Vincenzo Restivo, ricercatore in Igiene e Medicina Preventiva dell’Università di Palermo e dirigente medico dell’ambulatorio vaccinale anti Sars Cov-2 del Policlinico di Palermo, ci aiuta a sciogliere qualche dubbio.

Vincenzo Restivo

Cominciamo col cercare di capire cosa succede a chi ha fatto la prima dose e non riesce a coprire il percorso vaccinale con Pfizer.

“Siamo ancora in tempo per potere evitare questa evenienza. L’obiettivo principale è quello di ridurre al minimo questa possibilità. Ma se dovesse accadere che qualcuno rimanga scoperto secondo le indicazioni attuali, non si possono somministrare vaccini diversi e quindi chi ha iniziato con un ciclo deve terminare con lo stesso tipo di vaccino. Per tale ragione o si attende la seconda fase di produzione o in alternativa si inizia con un’altra tipologia, opzione possibilmente da evitare”.

Quali le prossime categorie che verranno vaccinate?

“Secondo il Piano della campagna vaccinale promossa dal Ministero della Salute, ultimate le vaccinazioni dei sanitari e delle RSA, le prossime categorie saranno i pazienti “fragili”, ovvero coloro che svolgono i servizi di pubblica utilità, le forze dell’ordine, gli operatori scolastici nonché gli ultraottantenni e i soggetti con comorbidità”.

I cittadini che di volta in volta verranno coinvolti nei diversi passaggi della campagna vaccinale come verranno informati e cosa dovranno fare?

“È necessaria un’azione di coordinamento centrale; mi riferisco alle Regioni che hanno gli strumenti per entrare in possesso di informazioni che consentono di raggiungere il target interessato. Ad esempio si potrebbe arrivare ad una lista dei fragili attraverso i dati sanitari dei soggetti con esenzioni per patologia; quest’azione eviterebbe confusione, incomprensioni o accesso improprio alla vaccinazione”.

Può succedere che si verifichino casi di persone allergiche che si scoprono tali, inaspettatamente, solo dopo avere fatto il vaccino.

“I soggetti che presentano allergie o altre problematiche verranno indirizzati verso quei centri in grado di gestire eventuali problematiche di questo tipo. Bisogna precisare che i soggetti poliallergici vengono prontamente riconosciuti grazie all’anamnesi preventiva ante vaccino. Se somministrare la prima o la seconda dose di vaccino a questi soggetti è una decisione da valutare caso per caso; è necessario infatti analizzare la reazione avversa anche successivamente cercando di approfondire la/le causa/e se dovuta a sostanze presenti nel vaccino o ad altre circostanze anche di natura non biologica. Sì perché anche i fattori psicologici possono contribuire ad avere degli effetti inaspettati, soprattutto per chi non è abituato a vaccinarsi.

In ogni caso bisogna sempre tenere presente la valutazione rischi/benefici. Il rischio di non fare una seconda dose di vaccino cambia in base al soggetto, ad esempio, se si tratta di un operatore sanitario che lavora in un reparto Covid non fare una seconda dose di vaccino può essere una soluzione solo nel caso in cui si ha una reazione gravissima ad uno dei componenti del vaccino stesso. Solo in questo caso si può pensare di somministrare un differente vaccino e avviare quindi un nuovo ciclo vaccinale”.

Entreranno in gioco i medici di famiglia?

“Il medico di famiglia per ovvie ragioni conosce meglio di chiunque altro il paziente o soggetto da vaccinare. Alcuni di essi inoltre, già collaborano alla campagna vaccinale antinfluenzale e pertanto la loro esperienza, a rigor di logica, consentirebbe una iniziale attività di screening individuando i soggetti che per qualsiasi motivo hanno un rischio maggiore di reazione avversa, così da indirizzarli nei centri qualificati in grado di trattare con maggiore sicurezza questi soggetti”.

Per i giovani al di sotto dei 16 anni che vanno a scuola e dunque potenzialmente esposti all’infezione è previsto prossimamente un vaccino?

“La popolazione più giovane attualmente viene esclusa dalla vaccinazione in quanto a minor rischio di contrarre una forma grave della patologia; tuttavia se l’obiettivo però è quello di eradicare la patologia, scopo di tutte le campagne vaccinali, in futuro presumibilmente si penserà di vaccinare anche questa fascia di popolazione.  Studi recenti confermano questa tendenza”.

Perplessità e resistenze da parte delle donne che allattano o in gravidanza.

“I vari report dell’ISS si focalizzano sulle donne in allattamento e ne incoraggiano la vaccinazione parimenti ad altre vaccinazioni che vengono eseguite in questa fascia di popolazione. Anche se c’è una carenza di dati scientifici, la valutazione va fatta caso per caso utilizzando sempre il criterio rischio/ beneficio; qual è il rischio a cui espongo il soggetto se non la vaccino? Contrapposto il beneficio che potrebbe avere se fosse vaccinata. Un operatore sanitario esposto al virus e che allatta va vaccinato, perché il beneficio è maggiore rispetto al rischio. Più delicata la situazione per le donne in gravidanza; si tratta di raccogliere in maggior misura dati scientifici; questo consentirebbe di estendere anche a loro il vaccino, con gli stessi standard di sicurezza ed efficacia, così come avviene con altre vaccinazioni, vedi quella antinfluenzale”.

Infodemia e fakenews: secondo lei hanno condizionato quella parte di cittadini che oggi hanno paura e forti perplessità verso il vaccino anti Covid?

“Informarsi e discriminare le notizie corrette da quelle no, ormai è diventato un compito arduo data la grande quantità di informazioni disponibili e la facilità dei mezzi per poterle raggiungere. Compito precipuo di chi informa la popolazione è quello di istruirla in modo corretto; il metodo potrebbe essere quello di selezionare le fonti mantenendo un approccio neutrale e privo di pregiudizi. La mancata corretta informazione porterebbe a chi è lontano dal mondo vaccinale, dubbioso e che ha paura a non vaccinarsi e questo bisogna evitarlo; ultimo ma non ultimo, finalmente abbiamo un’arma a disposizione che potrebbe ridurre drasticamente la diffusione del virus e sarebbe un crimine non utilizzarla per paura o peggio per la diffusione di informazioni fuorvianti”.

Veronica Gioè