Con Omicron più giovani finiscono in ospedale, ma i ricoveri restano nettamente inferiori a quelli registrati con le ondate precedenti e il quadro clinico della malattia è più leggero, tanto che il tasso di mortalità tra i ricoverati è passato dal 29,1% della terza ondata al 2,7% della quarta. È quanto emerge dall’analisi comparata dei ricoveri in ospedale nelle prime tre settimane di ciascuna delle quattro ondate di SARS-CoV-2 in Sudafrica, realizzato dal network di ospedali privati Netcare e pubblicato su Jama.
Dall’analisi è emerso che, tra quanti si presentavano in ospedale, il tasso di ricovero è sceso dal 68-69% nelle prime tre ondate al 41,3% con la quarta ondata, una riduzione di circa il 40%. Diminuisce anche l’età media dei ricoverati: da 59-53 anni a 36 anni. Diverse sono anche le caratteristiche cliniche dei pazienti che si rivolgono in ospedali, in particolare nell’ultima ondata solo il 31,6% è arrivato in ospedale con insufficienza respiratori acuta, contro il 91,2% dei casi con la variante Delta e il 72% della forma originale del virus.
Durante le prime tre settimane della quarta ondata i tassi di ricoveri in terapia intensiva sono stati del 18,5%, nettamente inferiori al 29,9% della terza ondata, al 36,6% della seconda e al 42% della prima. Crollata anche la proporzione di pazienti che ha avuto bisogno di ossigenoterapia, che è passata dal 74% nelle prime tre settimane della terza ondata al 17,6% dell’era Omicron.
Anche il bisogno di ventilazione meccanica è sceso dal 16,4% e 12,4% della prima ondata e terza ondata all’1,6% della quarta. I ricercatori invitano comunque alla prudenza nell’interpretazione dei dati, in quanto alcuni dei pazienti, specie nella quarta ondata, potrebbero essere andati in ospedale per altri motivi e avere scoperto lì di essere positivi. Nell’ultima ondata, secondo lo studio, solo il 24,2% delle persone ricoverate era vaccinata contro Covid-19.