Sicilia

Cpr Pozzallo, giudice Apostolico non convalida i trattenimenti di altri 4 migranti

Iolanda Apostolico, giudice del Tribunale di Catania, ha deciso nuovamente di non convalidare i trattenimenti di altri quattro migranti tunisini presso il Cpr di Pozzallo che erano stati disposti dal questore di Ragusa.

Si tratta, quindi, del secondo provvedimento, dopo che domenica non erano stati convalidati ben sei ordini di permanenza.

La giudice etnea era finita nella bufera dopo la pubblicazione di un video in cui era stata filmata mentre, ad agosto 2018, protestava contro la decisione dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, di non far sbarcare in porto 150 profughi.

Le motivazioni della mancata convalida

In uno dei quattro provvedimenti che negano la convalida del trattenimento, la giudice Apostolico scrive: “Il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda e, come già affermato da precedenti decisioni di questo Tribunale, il trattenimento di un richiedente protezione internazionale per le direttive europee, costituendo una misura di privazione della libertà personale, è legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge”.

La giudice ribadisce quindi inoltre, come già scritto in altre ordinanze, che lo status di richiedente asilo si assume con la manifestazione della volontà del singolo di invocare la protezione e nei quattro casi trattati tale volontà è stata espressa già a Lampedusa. A Pozzallo, infatti, i profughi tunisini si erano limitati a ribadire quanto chiesto sull’isola al loro arrivo, quindi per legge la cosiddetta procedura di frontiera non può essere loro applicata e quindi il trattenimento decade.

La giudice Apostolico ribadisce incompatibilità con direttiva Ue 2013

“Norma della ‘garanzia’ incompatibile con direttiva Ue 2013” E ancora, la Apostolico ha rilevato che la norma del decreto Cutro che prevede il pagamento di una somma a garanzia come mezzo per evitare il trattenimento è “incompatibile con la direttiva Ue del 2013“, come interpretata dalla giurisprudenza, secondo cui “il trattenimento può avere luogo soltanto ove necessario, sulla base di una valutazione caso per caso, salvo che non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive”. Infine, la giudice cita una sentenza della Corte di giustizia del 2020 secondo cui le norme Ue “devono essere interpretate nel senso che ostano, in primo luogo, al fatto che un richiedente protezione internazionale sia trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle sue necessità”.