Migranti, giudice Cupri non convalida fermo di 6 migranti - QdS

Catania, altro caso “Apostolico”. Secondo giudice del Tribunale non convalida fermo di 6 migranti

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Catania, altro caso “Apostolico”. Secondo giudice del Tribunale non convalida fermo di 6 migranti

Redazione  |
lunedì 09 Ottobre 2023

Secondo caso "Apostolico" a Catania, stavolta è il giudice Cupri a dire "no" al fermo di 6 migranti tunisini a Pozzallo.

Il Tribunale di Catania non ha convalidato il trattenimento di altri sei migranti disposto dal Questore di Ragusa al centro di permanenza di Pozzallo, disponendone il rilascio immediato. A pronunciarsi, dopo le 20 di domenica 8 ottobre è stato il giudice Rosario Maria Annibale Cupri, della sezione Migrazione del Tribunale etneo.

Si tratta del secondo caso di mancata convalida di trattenimento di migranti dopo quello che ha visto come protagonista la giudice Iolanda Apostolico, per la quale la Lega di Matteo Salvini chiede da giorni la sua rimozione.

“Trattenimento è misura coercitiva”

Secondo quanto si apprende, i casi dei sei migranti sarebbero sovrapponibili tra loro per similitudine. Un particolare, uno dei procedimenti riguarda un migrante tunisino di 37 anni che era arrivato il 3 ottobre sull’isola di Lampedusa.

Respingendo il trattenimento al centro di permanenza di Pozzallo, il giudice Cupri, ricordando una decisione del Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sottolinea come “il trattenimento di un richiedente protezione internazionale” costituisca “una misura coercitiva che priva tale richiedente della sua libertà di circolazione e lo isola dal resto della popolazione, imponendogli di soggiornare in modo permanente in un perimetro circoscritto e ristretto”. 

“Normativa incompatibile con quella UE”

“Ne discende che il trattenimento costituendo una misura di privazione della libertà personale è legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge“.

Sempre il giudice del Tribunale di Catania ricorda che anche la Corte di Cassazione ha stabilito che “la normativa interna incompatibile con quella dell’Unione va disapplicata dal giudice nazionale“. Inoltre, “la richiesta di protezione internazionale non è soggetta ad alcuna formula sacramentale” e che nel caso del 37enne tunisino la sua domanda “doveva essere esaminata al suo ingresso alla frontiera di Lampedusa” e la sua richiesta “sottoscritta a Ragusa non può essere trattata come procedura di frontiera”. 

“Come già affermato da precedenti decisioni di questo Tribunale in procedimenti di convalida di trattenimenti riguardanti cittadini tunisini e le cui motivazioni sono condivise da questo giudicante – osserva ancora il giudice – la norma prevede una garanzia finanziaria che non si configura, in realtà, come misura alternativa al trattenimento bensì come requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/Ur, per il solo fatto che chiede protezione internazionale”.

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