ROMA – La mozione di sfiducia depositata l’altro ieri dalla Lega nei confronti del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha gettato il governo Lega-M5s e il Paese intero nel caos. Il voto sulla Tav ha sancito la crisi dell’attuale governo nazionale, con le inevitabili differenze di vedute tra Lega e Movimento Cinquestelle “sui temi prioritari dell’Agenda di governo”, così come si legge nel testo della mozione a prima firma del capogruppo Massimiliano Romeo, depositata in Senato.
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini difende la scelta di porre la sfiducia al governo e parlando con i giornalisti ha detto che si augura che “nessuno voglia prendere in giro gli italiani e inventarsi un governo che sarebbe inaccettabile per la democrazia: dopo questo governo ci sono solo le elezioni. La Lega è pronta, prima si fa e meglio è. Per quasi un anno abbiamo lavorato bene – ha proseguito Salvini – non avrò mai parole negative contro Di Maio e Conte e non risponderò mai agli insulti che mi arrivano da giorni e settimane, mi sembrerebbe ingeneroso per le tante cose buone che abbiamo fatto”.
Un governo tecnico non piace a nessuno, nemmeno all’opposizione con il leader del Partito democratico, Nicola Zingaretti, che ha auspicato una unione tra le varie anime del partito che permetterebbe loro di diventare imbattibili. Sull’unità del Pd, Zingaretti lancia un appello a Renzi: “Il Pd è ricco di tante personalità, dice, divise sono un disastro, se si uniscono sono imbattibili. Renzi sia parte di una bella squadra per cambiare il Paese. Lo scontro alle lezioni sarà tra Lega e Pd e possiamo vincere. Il populismo al governo ha fallito – conclude Zingaretti – dopo aver promesso la rivoluzione hanno prodotto un disastro”.
Non ha dubbi su quali dovranno essere le priorità del nuovo esecutivo, il Presidente della Regione, Nello Musumeci: “Non so, anche se lo immagino, quale piega prenderà questa crisi di governo, ma una cosa deve essere chiara a tutti i protagonisti della politica nazionale: il lavoro e il Sud dovranno essere, per chiunque si voglia cimentare nella guida del Paese, due priorità per l’esecutivo”.
Igor Gelarda, responsabile Enti locali della Lega in Sicilia e capogruppo del Carroccio al Consiglio comunale di Palermo, ha puntato ieri il dito contro il leader pentastellato siciliano, Giancarlo Cancelleri, protagonista di due accuse nei confronti del leader del Carroccio, Matteo Salvini: “Parole piene di livore – ha detto Gelarda -, di acredine dalle quali un politico della sua levatura dovrebbe astenersi. Tuttavia capisco che Cancelleri si è reso conto che ci avviciniamo ormai al giorno del giudizio politico”. Su un punto Gelarda, però, concorda con il pentastellato: il gap infrastrutturale dell’Isola. “La Sicilia è indietro di 50 anni in tema di infrastrutture, su questo non c’è dubbio” dice, aggiungendo: “Dovrebbe saperne qualche cosa anche Cancelleri che da ben sette anni siede al Parlamento regionale. Ne dovrebbe sapere pure qualche cosa il suo compagno di partito il ministro Toninelli, che non sembra aver brillato per progettualità sulle infrastrutture siciliane”.
Di storia già scritta ha parlato Saverio Romano, leader di Cantiere popolare. “Non è mai elegante dire ‘lo avevamo detto’, ma le premesse del governo Salvini-Di Maio erano sin dall’inizio tragiche e tali si sono rivelate per il Paese: produttività al palo, crescita zero, divisioni e disuguaglianze, odio sociale e razzismi. Senza un Centro politico forte, si va allo sbando. Occorre una federazione di moderati che riporti la governabilità, il buon senso e l’equilibrio delle scelte nell’agenda politica”.
Romano parla a proposito della Sicilia: “In Sicilia la situazione è ancora più critica, nonostante il buon governo di Musumeci e della sua giunta – afferma – Qui il centrodestra, da tempo, è solo e non sempre una coalizione elettorale. Non so se siamo ancora in tempo – conclude – poiché le imminenti elezioni politiche potrebbero aggravare ulteriormente la scarsa o inesistente intesa tra i partiti e movimenti che hanno vinto le elezioni nell’autunno del 2017. Non so se Musumeci e Miccichè vorranno riprendere il filo e riannodare le buone ragioni dell’unità. Per quello che mi riguarda il tentativo va fatto: va aperta comunque una nuova fase, restituendo centralità alla politica, ai partiti del centrodestra e relegando ai margini la demagogia dei populismi”.