Catania

Dal rispetto mafioso agli inchini d’onore, l’Etna Valley sotto l’egida di Cosa nostra

CATANIA – La zona etnea ha grandi potenzialità dal punto di vista economico-imprenditoriale. Ciò anche in considerazione della concentrazione di imprese a elevato valore tecnologico, tale da aver fatto emergere in passato l’appellativo di “Etna Valley”. Nell’area si registrano, infatti, imprese operanti nei settori dell’elettronica, delle biotecnologie, delle trasformazioni agroalimentari e della farmaceutica, come peraltro evidenziato anche dalle Istituzioni europee. Le medesime Istituzioni rilevano come, tuttavia, la presenza invasiva e capillare della criminalità organizzata limiti il pieno sviluppo delle reali potenzialità dell’intera Regione, e della provincia etnea in particolare, inquinando le procedure degli appalti pubblici e scoraggiando gli investimenti dei privati.

Il panorama criminale di Catania e provincia – descritto nell’ultima relazione diffusa dalla Direzione investigativa antimafia e relativa all’ultimo semestre del 2018 – sembra essersi assestato su una forma di convivenza, priva di evidenti frizioni, tra le famiglie di Cosa nostra, la cui influenza insiste su tutto il territorio etneo, ma con maggiore intensità in cittadine come Caltagirone, e altre diverse aggregazioni mafiose, in origine nate con intenti antagonisti rispetto a Cosa nostra, ma che oggi hanno raggiunto con la stessa, se non una forma di associazione, quantomeno uno stato di equilibrio funzionale. Appare anche consolidata la tendenza, per Cosa nostra, a trasferire le attività criminali di minore profilo, come gli scippi o il piccolo spaccio, a gruppi meno strutturati, riservando per sé le attività più remunerative, quali il traffico di stupefacenti su larga scala e, soprattutto, l’infiltrazione dell’imprenditoria e il reimpiego dei capitali illeciti.

I sodalizi etnei tendono, nei settori giudicati d’interesse, a estendere il proprio raggio di azione anche alle province vicine e a propagare la propria influenza in altri territori nazionali e internazionali, rimane sostanzialmente inalterato rispetto al semestre precedente.

Il livello di vertice, più strutturato e storicamente radicato, è rappresentato dalle famiglie di Cosa nostra Santapaola-Ercolano, egemoni nel capoluogo, nella provincia e fortemente inclini a estendere la loro area di influenza nelle province vicine, mediante referenti locali, cui sono state tributate anche plateali forme di “rispetto”. In alcuni casi è assurto agli onori delle cronache il cosiddetto “inchino”, nel corso di manifestazioni religiose, delle “macchine votive” davanti alle case degli “uomini d’onore”.

Nonostante i continui arresti e il fatto che i vertici della famiglia si trovino attualmente in stato di detenzione (alcuni dei quali sottoposti al regime speciale di cui all’art. 41 bis op) il sodalizio continua a esercitare la propria autorità. Ciò avviene, nonostante la reiterata azione repressiva, avvalendosi di reggenti. Costoro spesso sono incaricati anche di detenere la cosiddetta carta, una sorta di registro ove si annotano gli introiti e le retribuzioni elargite agli affiliati e ai congiunti dei detenuti.

Anche i Mazzei, insediati sia nel capoluogo che in significative porzioni del territorio provinciale, avrebbero stretto rapporti con sodalizi criminali anche al di là dei confini etnei. Altra famiglia mafiosa rientrante nell’area di Cosa nostra è rappresentata dai La Rocca, stanziati a Caltagirone e nei paesi del circondario. Per quanto, anche in questo caso, il capo storico risulti attualmente ristretto all’ergastolo, la consorteria sarebbe riuscita ad ampliare la propria sfera di influenza espandendosi anche nella vicina provincia di Enna, mediante una solida rete di alleanze.

Sono poi presenti sul territorio ulteriori sodalizi. Alcuni clan organizzati e radicati nel territorio catanese, sia cittadino che provinciale. Tra questi il clan Cappello-Bonaccorsi che estende la propria influenza fino a Messina. E il clan Laudani, che è riuscito a espandersi anche nel Nord Italia.