Il prossimo 11 maggio si terrà la 66° edizione del David di Donatello, l’ambito e prestigioso riconoscimento cinematografico italiano, assegnato dall’ente David di Donatello dell’Accademia del Cinema Italiano.
Tantissime le novità tra le candidature di quest’anno che sono state rese note nelle scorse settimane. Spicca la componente femminile nelle categorie più importanti, ossia “Miglior Film” e “Miglior Regia”. E spicca in particolar modo, la regista siciliana Emma Dante con “Le sorelle Macaluso”
Nella cinquina nominata per le due categorie, ci sono pure Gianni Amelio (Hammamet), Giorgio Diritti (Volevo nascondermi), Fabio e Damiano D’Innocenzo (Favolacce) e Susanna Nicchiarelli (Miss Marx).
Il film vanta ben sei nomination. Non solo nelle summenzionate categorie, ma anche per: “Miglior autore della fotografia” (Gherardo Grossi), “Miglior costumista” (Vanessa Sannino), “Miglior truccatore” (Valentina Iannuccilli) e “Miglior acconciature” (Aldina Governatori).
Le candidature al David di Donatello sono solo l’ultimo dei tanti riconoscimenti che Emma Dante ha ricevuto nella sua carriera.
Prima di essere un film, “Le sorella Macaluso” è stato uno spettacolo teatrale che ha ricevuto il Premio Ubu per il miglior spettacolo e la miglior regia. Lo spettacolo teatrale ha girato il mondo. La famiglia a teatro era più allargata, sette sorelle, i genitori e un figlio. Nel film, invece, scritto con Elena Stancanelli e Giorgio Vasta e prodotto da Rosamont (Marica Stocchi e Giuseppe Battiston) e Minimum Fax Media con Rai Cinema, le sorelle sono cinque: Maria, Pinuccia, Lia, Katia e Antonella e si racconta la loro infanzia, l’età adulta e la vecchiaia.
Nel cast: Donatella Finocchiaro, Alissa Maria Orlando, Susanna Piraino, Anita Pomario, Eleonora De Luca, Viola Pusatieri, Serena Barone, Simona Malato, Laura Giordani, Maria Rosaria Alati, Rosalba Bologna e Ileana Rigano.
“Le sorella Macaluso” è stato presentato in concorso alla 77ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia dove ha conquistato il Premio Pasinetti per la miglior interpretazione femminile all’intero cast. Visto l’enorme successo riscosso dalla rappresentazione, abbiamo deciso di intervistare proprio Emma Dante.
Cosa significano per lei queste nomination ai David di Donatello?
“Significano molto, anche considerando che ci sono due donne nella cinquina quando, di solito, è molto difficile che ci siano delle presenze femminili. Ovviamente è un grande onore sapere che il mio film è stato selezionato tra tutti quelli usciti quest’anno e candidato a ben sei nomination”.
Come ha accolto le sei nomination proprio per queste categorie? Qualche delusione?
“Secondo me le categorie che sono state nominate sono tutte meritevoli. Tra l’altro, sono categorie e maestranze che hanno contribuito tantissimo all’idea narrativa del film perché il film è giocato su tre generazioni e tre età di queste sorelle. Erano attrici diverse e dovevano assomigliarsi grazie all’intervento del trucco, dei capelli e dei costumi. Le categoria nominate sono assolutamente legittime. Mi sarebbe piaciuto ci fossero anche le attrici perché secondo me loro fanno il 90% del film: la loro straordinaria bravura ha contribuito, forse più di me, alla riuscita di questo film. Penso, però, che con la categoria “Miglior film”, siano state nominate anche loro”.
Non le fa strano che si vada a sottolineare la presenza femminile nella cinquina e non il film in sé?
“Non mi fa strano perché viviamo ancora in un degrado rispetto alla presenza delle donne. Non credo di essere in questa cinquina soltanto perché sono donna; voglio pensare (e sono sicura sia così) che il mio film vale e ha suscitato delle reazioni positive in chi l’ha votato. Allo stessto tempo è giusto segnalare la presenza femminile perché è una cosa inconsueta. È giusto in questo momento della storia dare spazio alle donne che finora non ce l’hanno avuto e segnalarlo. Un domani in cinquina potremmo avere cinque film e cinque donne. In quel caso lì, significherà aver superato il problema della discriminazione perchè diventa normale”.
Ha visto i film degli altri colleghi? Cosa ne pensa?
“Non ho visto tutto, ovviamente! Anche perchè hanno chiuso i cinema (ndr. sorride). Io non amo vedere i film al computer perchè secondo me i film vanno visti al cinema. Aspetto che riaprano le sale per potermi recare in sala e vedere il film lì dove è giusto che vengano visti e dove è giusto che si veda e si riconosca il lavoro che c’è dietro da parte di tutte le maestranze”.
“Le sorella Macaluso” è un’opera teatrale del 2014. Qual è stato il lavoro che da regista ha fatto per adattare un testo teatrale all’ambito cinematografico?
“Il lavoro è stato abbastanza naturale nel senso che l’ho riscritto e mi sono allontanata dallo spettacolo teatrale che è un’altra cosa. Per questo motivo, ho coinvolto Giorgio Vasta ed Elena Stancanelli nella scrittura perchè loro potevano aiutarmi a farlo davvero e ad essere infedele quanto bastava per poter scrivere con un altro mezzo e un’altra lingua una cosa nuova. Il film ‘Le sorelle Macaluso’ è nuovo rispetto allo spettacolo, ma insieme si completano”.
Il film affronta molte tematiche. Al centro vi è il rapporto tra le sorelle che viene raccontato con lo scorrere degli anni: tre generazioni e tre fasi di vita. In questo caso, la scelta del cast di attrici è stata fondamentale. Da regista, cosa ha chiesto alle attrici per interpretare i rispettivi personaggi?
“Abbiamo lavorato molto sulla gestualità, sui piccoli gesti quotidiani dentro la casa, sulle ritualità di una famiglia. Per un mese, abbiamo fatto delle prove nella casa prima di girare con tutte le attrici così da studiarsi tra loro. Ognuna di loro ha appreso qualcosa dall’altra: è stato questo il grande lavoro. Le prove sono importanti, non si può improvvisare”.
Le sorelle vivono un evento drammatico che le rende tutte coinvolte e complici nelle tensioni e nel rancore implicito. Perchè ha preferito non mostrare l’evento drammatico che è il fulcro scatenante di tutto il film?
“Mi interessava più cosa ha provocato l’evento che l’evento in sè. Lo vediamo alla fine perchè abbiamo bisogno di vederle insieme queste sorelle. Quel giorno e quella tragedia le unisce per sempre e crea un legame indissolubile tra di loro. Infatti, mi piaceva nel finale del film avere loro bambine che che guardano il mare. Quell’evento lì scatena delle reazioni e incide sulle loro vite perchè ognuna ha una vita diversa da come se la immaginava. Questa frustrazione e questo senso di colpa porta a fare i conti, ma come nella vita. Succede sempre”.
Tra le candidature, anche quella come “Miglior autore della fotografia” a Gherardo Grossi. Mi racconta l’incontro e qualche aneddoto legato al lavoro che avete deciso di fare?
“Con Gherardo è la seconda volta che facciamo insieme cinema. Lui è un bravissimo paesaggista nel senso che riesce sempre a trovare la luce e l’emozione giusta. Noi abbiamo lavorato con la mia operatrice di macchina, Clarissa Castellani, che in qualche maniera ha contribuito. La candidatura per il “Miglior film” va anche a lei. Il film è girato con la macchina a palla: non abbiamo usato cavalletti o carrelli. Il suo intervento è stato importantissimo perchè lei è una “specie di attrice” con la sua macchina da presa che inquadra ciò che io vorrei nei momenti in cui l’inquadratura non è stata decisa a tavolino. Il suo apporto è stato fondamentale. Insieme con lei e con Gherardo abbiamo costruito una specie di abecedario di questa storia con tre generazioni, approfondendo e scavando. Siamo riusciti insieme ad ottenere qualcosa che coincidesse bene con cosa doveva essere questa storia. Gherardo è un maestro in questo. Sono molto contenta della sua candidatura”.
Cinema e pandemia: come sta vivendo l’ultimo anno a livello lavorativo e a livello di ispirazione?
“Male! Sarei falsa se dicessi bene. Lo sto vivendo male come tutti gli altri perchè i luoghi dell’arte, dove si deve poter entrare per fare i conti con la tragedia che ci circonda, con il disagio e la crisi, sono chiusi. Quindi queste porte chiuse in faccia sono state terribili”.
Si parla tanto del cinema di una volta e di quanto fosse migliore. Quale era sta attraversando il cinema italiano oggi secondo lei?
“Non penso che esista una cosa migliore di un’altra in un’epoca migliore di un’altra. Non esiste un possibile paragone perché il mondo e la vita sono una cosa a sè sempre. In ogni momento si è stati contemporanei. Io dico che si è vivi: è questa l’unica cosa che conta. Quando un popolo o una comunità è viva, si è avanti e non si può fare il paragone con il passato. Dopo la guerra, soprattutto in Italia, abbiamo avuto un grande cinema. Abbiamo i più grandi film e i più grandi padri che ci hanno insegnato la vita attraverso questo mezzo. Questo basta per poter dire che siamo stati fortunati per essere venuti dopo di loro perchè siamo figli di chi ci ha insegnato la vita col cinema”.
A proposito di cinema, sta lavorando su qualcosa di nuovo?
“Stiamo scrivendo la sceneggiatura del prossimo film che vorrei girare fra un anno, se sarà possibile”.
Della cerimonia dei David di Donatello non si sa ancora molto. Ci pensa alla possibilità che possa vincere?
“Ci penso e certo, mi farebbe piacere. Se si potrà presenziare, andrò con grande piacere e applaudirò, se non ho vinto, con grande gioia”.
Sandy Sciuto