Ambiente

Direttiva UE Case Green, entro metà marzo l’approvazione: ecco cosa prevederà

A seguito dell’accordo informale di dicembre, è attesa entro metà marzo 2024 l’approvazione della Direttiva Case Green (Energy Performance of Buildings Directive – EPBD) presso il Consiglio e il Parlamento UE. Il testo è stato modificato e reso più “morbido” rispetto alla versione iniziale, concedendo più tempo e rendendo più flessibili le regole per la riqualificazione energetica degli edifici residenziali esistenti, ma restano alti i costi stimati, soprattutto in in Italia, dove sono almeno 5 milioni quelli in classe F e G. Toccherà al Governo trovare la giusta via per incentivarla. La norma, infatti, si pone stringenti obiettivi intermedi già al 2030 per la riduzione delle emissioni, con la neutralità climatica da raggiungere entro il 2050.

Direttiva UE Case Green: cosa prevede

La direttiva europea ribattezzata “Case Green” si riferisce alle prestazioni energetiche degli edifici, che dovranno raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Si tratta dell’ultima revisione del provvedimento Energy Performance of Buildings Directive EU/2010/31 nell’ambito del pacchetto Fit-for-55, ormai giunto alle battute finali dopo una lungo braccio di ferro tra UE e Stati Membri.

Gli obiettivi intermedi

Nella versione finale della nuova direttiva europea ci sono disposizioni specifiche per le diverse tipologie di edifici (nuovi, residenziali, privati o di proprietà dello stato) e per dispositivi come climatizzatori e caldaie.

Tra le novità previste in questo senso, slitta di 5 anni (arrivando al 2040) il divieto di installare caldaie a gas e salta l’obbligo di fotovoltaico su tutti i tetti (salvando quelli non di nuova costruzione). Gli edifici saranno però obbligati a ridurre i consumi del 16% entro il 2030 e del 22% entro il 2035. Infine, dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti a emissioni zero.

Il crono-programma in Italia

Il nuovo accordo permette ai Governi la possibilità di definire un proprio crono-programma intermedio (in base ai Meps – Minimum Energy Performance Standards) nei limiti dei macro-paletti UE. Di particolare interesse per l’Italia, questa novità rende possibile per gli Stati Membri di fissare le tappe tramite cui arrivare al net zero nel 2050. Si basa su un cambio di paradigma, applicato anche per il raggiungimento degli obiettivi intermedi: a rilevare non sono più le emissioni dei singoli edifici ma la media dei consumi dell’intero patrimonio edilizio nazionale. L’Italia è toccata in modo importante dai nuovi vincoli, proprio per la peculiare composizione del suo patrimonio immobiliare: secondo l’ultimo rapporto Enea oltre la metà delle abitazioni residenziale è in classe energetica G o F, i due livelli più bassi di prestazione energetica. Il nuovo approccio sulle tappe di adeguamento previste dalla direttiva, che impone la riqualificazione per tutti gli edifici residenziali nelle classi E, F, G si è evoluto in favore di una sorta di liberalizzazione nazionale, seppur nel rispetto di parametri di massima stabiliti dalla UE. La soluzione individuata è dunque quella di lasciare ai singoli governi l’autonomia di definire il calendario meglio aderente al proprio scenario di partenza, pur rispettando una serie di vincoli e target comuni a tutti gli Stati membri.

Efficienza edifici: le nuove tappe in calendario

La versione iniziale della Direttiva Ue sulle Case Green prevedeva obiettivi precisi di miglioramento delle prestazioni energetiche, per esempio il raggiungimento della classe energetica E per tutti gli edifici residenziali entro il 2030 e della classe D dal 2033. Il nuovo testo su cui si è raggiunto un accordo informale a dicembre – in seguito ai negoziati del Trilogo e che ora si prepara a ricevere il via libero definitivo – è invece meno stringente.

L’impegno da parte degli Stati membri è quello di ridurre del 16% il consumo energetico degli edifici residenziali entro il 2030, nello stesso anno dovranno essere ad emissioni zero tutti i nuovi edifici residenziali (quelli pubblici  dal 2028), con obbligo di eliminare le caldaie a gas entro il 2040. Entro il 2050, tutto il patrimonio edilizio esistente dovrà raggiungere lo standard zero-emissioni. La direttiva include anche esenzioni per edifici storici, agricoli, militari e per quelli utilizzati solo temporaneamente.

La direttiva prevede poi step intermedi, con una distinzione tra edifici residenziali e non residenziali.

  • Riduzione consumi per edifici non residenziali con le peggiori prestazioni: del 16% entro il 2030 e del 26% entro il 2033;
  • Riduzione del 20-22% per l’intero comparto residenziale entro il 2035, con il 55% del calo derivante da ristrutturazione di edifici con prestazioni peggiori.

Edifici esistenti

Saranno gli Stati membri a stabilire con quali regole e progressioni centrare i target, che a loro volta sono più flessibili. Ovvero: gli edifici dovranno aumentare l’efficienza del 16% entro il 2030.

Al 2035 ci sono invece obiettivi differenziati:

  • il settore residenziale dovrà portare il risparmio al 22%
  • il non residenziale è chiamato a ridurre i consumi di energia al 26%.

Dal 2032 gli immobili ristrutturati avranno l’obbligo di installare impianti fotovoltaici.

Dal 2040 scatta lo stop alle caldaie a gas ma già dal 2025 devono terminare gli incentivi (restano possibili quelli per i sistemi ibridi).

Nuove costruzioni

  • Dal 2028, gli edifici pubblici di nuova costruzioni dovranno essere tutte a emissioni zero. Entro la stessa data, tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno avere impianti fotovoltaici.
  • Dal 2030 anche le nuove costruzioni residenziali private dovranno essere ad emissioni zero.

Efficienza edilizia residenziale: la situazione in Italia

In base ai dati ENEA, 11 milioni di abitazioni in Italia (il 74%) sono in classe energetica inferiore alla D:

  • il 34% è in classe G,
  • il 23,8% in classe F,
  • il 15,9% in classe E.

I primi ad essere interessati sono circa il 60% degli immobili residenziali, che dovranno necessariamente procedere con i lavori di adeguamento agli standard di prestazione energetica entro il 2030).

I costi per riqualificare casa

Secondo le associazioni di settore, per la riqualificazione energetica di un abitazione residenziale in classe G o F possono volerci fino a 120.000 euro per singola unità abitativa, considerando anche la quota dei lavori condominiali.

Si tratta sostanzialmente di costi analoghi a quelli stimati per i lavori del Superbonus, con la differenza che accedervi è oggi sempre più difficile e meno conveniente.

Il passaggio di almeno due classi energetiche richiede esternamente la coibentazione dell’edificio e la sostituzione della caldaia con la possibile installazione di pannelli fotovoltaici.

All’interno delle abitazioni è necessaria, per le case in classe energetica inferiore, la sostituzione di infissi e finestre e la possibile sostituzione degli impianti a gas con altri meno inquinanti, peraltro a breve gli unici con accesso ad incentivi.

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