CATANIA – Una situazione esplosiva. Rabbia e incertezza scaldano la piazza anche a Catania dove, domenica sera, una protesta pacifica poteva realmente trasformarsi in tragedia. Da Napoli alla città etnea, rimbalzano le proteste contro il nuovo Dpcm del presidente della consiglio Giuseppe Conte.
Un provvedimento resosi urgente, com’è noto, per l’aggravarsi della situazione pandemica in Italia, ma che ricade soprattutto su alcune categorie di lavoratori: tra questi i ristoratori in particolare, stanziali o ambulanti. Gli esercenti del settore alimentare sono tra quelli particolarmente colpiti dalle misure introdotte dal governo domenica scorsa. La chiusura alle 18, per moltissimi, significherà ingenti perdite oltre quelle già patite durante il lockdown che potrebbero costringere molti a chiudere definitivamente.
Per questo, domenica scorsa, i ristoratori si sono trovati in via Etnea, di fronte la Prefettura. La manifestazione, inizialmente pacifica, è degenerata quando al corteo si sono uniti alcuni individui con i volti incappucciati che hanno inveito contro le forze dell’ordine e lanciato una bomba carta. “Noi non eravamo presenti, non sappiamo chi abbia causato disordini – specifica Arturo Coglitore, rappresentante della Fiva – Confcommercio, l’associazione che rappresenta gli ambulanti che operano alle fiere, sagre e feste di paese, e dei camion dei panini -. Noi siamo andati a Roma per parlare con i rappresentanti del Governo – continua – e illustrare qual è la nostra situazione”.
Coglitore spiega quanto pesante sia la situazione per chi, appunto perché provvisto della licenza di ambulante, non può ottenere il suolo pubblico e quindi montare tavolini e sedie. “L’obbligo di chiusura al pubblico alle 18 significa che non potremmo lavorare, dal momento che apriamo a quell’ora – prosegue Coglitore – e normalmente non siamo aperti all’ora di pranzo”.
Nessuna possibilità dunque per loro di lavorare se non con il delivery. “È una tragedia – continua il rappresentante sindacale – per 1800 esercenti circa, e per le loro famiglie. Migliaia di cittadini che dal Governo hanno ottenuto soltanto 600 euro a marzo e 600 euro ad aprile e che, adesso, non sanno come vivere. Da mesi e oltretutto – sottolinea – non si organizzano sagre ed eventi fieristici, non si farà la fiera dei morti e questo per noi è un danno incalcolabile. Una vera e propria tragedia e abbiamo bisogno che qualcuno ci ascolti”.
E di interventi concreti a sostegno delle imprese oneste che stanno subendo gravissimi danni dalla pandemia e dalle chiusure stabilite dal governo parla anche il segretario della Cgil Giacomo Rota, che condanna la violenza di domenica scorsa, pur sottolineando legittimità della protesta. “Se ci sono attività che avranno danni da questa chiusura – afferma – dovranno essere sostenute con fondi che arrivino subito, e non ho dopo mesi”.
“Ovviamente – specifica – gli importi andranno parametrati agli incassi dell’anno scorso, secondo un criterio oggettivo. Ma ribadisco che serve sostegno reale – tuona: la cassa integrazione Covid e soprattutto il divieto di licenziamento. Su questo, anche con gli altri sindacati, siamo inflessibili. Capiamo la sofferenza di moltissime imprese oneste, ma condanniamo fortemente la violenza e segnaliamo con preoccupazione la possibilità di infiltrazioni malavitose, non soltanto alle manifestazioni – conclude – ma anche nella vita delle imprese attraverso l’usura”.