ROMA – Abbiamo già fatto conoscere, dalle pagine di questo Quotidiano, lo stato dell’arte della Riforma tributaria, la Legge delega numero 111 del 9 agosto 2023 ricordando, oltre ai sette Decreti legislativi (Decreti delegati) già pubblicati e quelli di prossima approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, anche i 44 provvedimenti legati alla riforma (24 Decreti del ministro dell’Economia e delle Finanze e 20 provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle Entrate). Documenti dei quali solo quattro già pubblicati, due non ancora pubblicati nonostante il termine sia già scaduto e tutti gli altri ancora da emanare. Tra questi ultimi (da emanare), ce ne sono anche alcuni riguardanti le nuove disposizioni, come quella sul contraddittorio preventivo obbligatorio.
Ed è proprio la mancanza di tale decreto, nonché il complicato intreccio tra le nuove disposizioni dello Statuto del Contribuente e le nuove norme sull’accertamento, che, nonostante l’entrata in vigore della Legge lo scorso 18 gennaio, fa emergere dubbi e criticità.
Il contraddittorio preventivo obbligatorio è previsto dal nuovo articolo 6 bis della legge 212 del 27 luglio 2000 (Statuto dei Diritti del Contribuente), introdotto con l’articolo 1 del Dlgs 219 del 30/12/2023, in vigore dal 18 gennaio 2024. Tale forma di dialogo è considerato necessario prima della notifica dell’atto amministrativo da parte dell’Ufficio fiscale e riguarda, per espressa previsione legislativa, tutti gli atti autonomamente impugnabili, tranne quelli, anche questi espressamente citati nella medesima norma legislativa, “automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni”, atti, questi ultimi, che, comunque, dovranno essere individuati esattamente con apposito Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, a tutt’oggi non ancora emanato.
C’è da dire pure che è stato già pubblicato il Dlgs n. 13 del 30 dicembre 2923 il quale, all’articolo 1, modificando l’articolo 1 del Dlgs n. 218 del 19/6/1997, ha previsto, con decorrenza dal 30 aprile 2024, ai fini del suddetto contraddittorio, l’invio, da parte dell’Ufficio, al contribuente, dello schema dell’avviso che lo stesso Ufficio ha intenzione di notificare, e ciò proprio al fine di realizzare il contraddittorio, ovvero per consentire al contribuente stesso di presentare istanza di definizione con accertamento con adesione.
Le deduzioni del contribuente devono essere fornite all’Ufficio entro sessanta giorni. Tuttavia, se la data ultima per presentare le controdeduzioni scade in data successiva a quella in cui è fissata la decadenza dell’amministrazione dal potere di notificazione dell’atto impositivo, nonché quando tra la data ultima per la produzione delle controdeduzioni e il (successivo) termine di decadenza del potere di notificazione dell’atto, intercorrano meno di 120 giorni, il termine di decadenza per la notifica dell’atto di accertamento definitivo è prorogato di 120 giorni.
Come già detto, però, tale procedura sarà applicabile solo dal 30 aprile di quest’anno ed ancora non è stato emanato il Decreto ministeriale che deve chiarire quali sono gli atti per i quali il contraddittorio non è obbligatorio.
Ecco, quindi, che, nonostante esista già una norma entrata in vigore (l’articolo 1 del Dlgs 219/23 che introduce l’articolo 6 bis della Legge 212/2000), che prevede il contraddittorio preventivo obbligatorio, con esclusione degli atti indicati nella legge stessa, nonostante la mancanza del decreto, il ministero delle Finanze, con direttiva del 29 febbraio scorso, ha manifestato la propria interpretazione secondo cui l’entrata in vigore del contraddittorio preventivo obbligatorio è subordinata all’emanazione del decreto precedentemente citato, decreto il quale, comunque, sembra ovvio che non possa essere pubblicato dopo il 30 aprile, dovendo evidentemente precedere l’entrata in vigore dell’altra norma che impone all’ufficio l’invio dello schema di atto al contribuente, invio finalizzato, come precedentemente detto, o all’accertamento con adesione o al contraddittorio preventivo.
Una interpretazione che, per la verità, suscita qualche perplessità visto che, in materia di contraddittorio, una espansione di tale forma di collaborazione tra fisco e contribuente, al di là delle norme in materia fino a ora vigenti (che la prevedono solo in poche e specifiche circostanze), è sempre apparso, ed ancora di più appare oggi con le nuove disposizioni della riforma, assolutamente urgente.
Speriamo, quantomeno, che l’emanando decreto ministeriale, definendo il perimetro degli atti esclusi dal suddetto contraddittorio obbligatorio, non ecceda nell’individuare tra le diverse forme di atti amministrativi fiscali quelli per i quali lo stesso contraddittorio non è previsto, principalmente per non vanificare gli effetti del nuovo istituto visto che, attualmente, la maggior parte degli atti amministrativi fiscali sono o, comunque, potrebbero essere considerati, atti di riscossione, di liquidazione o comunque “automatizzati”, con la conseguenza di escludere troppo spesso dal dialogo fisco-contribuente esiti di controlli sbagliati e che, non dipendenti da accertamenti veri e propri, potrebbero essere annullati dopo un semplicissimo chiarimento col contribuente interessato.
Comunque, pensavamo che con i decreti delegati della Riforma tributaria ogni confusione dovesse cessare. Ma purtroppo ancora la legislazione lascia troppi spazi all’interpretazione e, conseguentemente, al contenzioso.