Inchiesta

Ecoreati, la mafia uccide anche l’ambiente. E in Sicilia numeri da paura

Sono 34.714 i reati accertati in Italia dal 2021 al 2023 con una media di 31,7 al giorno, ossia uno ogni 45 minuti. Il 42,7% è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa ossia Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Le persone denunciate dal 2021 al 2023, per illegalità commesse nel ciclo del cemento, sono state 36.753, con una crescita nei tre anni del 47,6%, e sono stati 5.075 i sequestri penali effettuati, sostanzialmente su valori annuali stabili. La pressione del cemento illegale non riguarda soltanto le regioni del Sud e lo dimostrano sia i dati dell’Istat sia quelli relativi al lavoro svolto ogni giorno da forze dell’ordine e capitanerie di porto che segnalano criticità crescenti nel Lazio e in Toscana. Tutto il mercato illegale nella Penisola è valso agli ecomafiosi nel 2023 ben 8,8 miliardi di guadagni illeciti.
A tracciare un quadro di sintesi è il nuovo report di Legambiente “Ecomafia 2024. Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia”, nel 30esimo anno dalla sua prima pubblicazione, e i cui dati sono stati presentati lo scorso 11 luglio a Roma.

Ecoreati, i dati in Italia

I dati, nel complesso, sono preoccupanti: nel 2023 in Italia aumenta anche il numero delle persone denunciate (34.481, +30,6%), così come quello degli arresti (319, +43% rispetto al 2022) e quello dei sequestri (7.152, +19%). Tra gli illeciti, nella Penisola continua a salire la pressione del ciclo illegale del cemento (13.008 reati, +6,5%), che si conferma sempre al primo posto tra i reati ambientali; ma a preoccupare è soprattutto l’impennata degli illeciti penali nel ciclo dei rifiuti, 9.309, + 66,1% che salgono al secondo posto. Al terzo posto con 6.581 reati la filiera degli illeciti contro gli animali (dal bracconaggio alla pesca illegale, dai traffici di specie protette a quelli di animali da affezione fino agli allevamenti); seguita dagli incendi dolosi, colposi e generici con 3.691 illeciti. Crescono anche i numeri dell’aggressione al patrimonio culturale (642 i furti alle opere d’arte, +58,9% rispetto al 2022) e degli illeciti nelle filiere agroalimentari (45.067 illeciti amministrativi, +9,1% rispetto al 2022), a cominciare dal caporalato. Sono inoltre 378 i clan mafiosi censiti.

A livello regionale la Campania si conferma al primo posto della classifica con più illeciti ambientali, 4.952 reati, pari al 14% del totale nazionale, seguita da Sicilia (che sale di una posizione rispetto al 2022, con 3.922 reati, +35% rispetto al 2022), Puglia (scesa al terzo posto, con 3.643 illeciti penali, +19,2%) e Calabria (2.912 reati, +31,4%). La Toscana sale dal settimo al quinto posto, seguita dal Lazio. Balza dal quindicesimo al settimo posto la Sardegna. Tra le regioni del Nord, la Lombardia è sempre prima. A livello provinciale, Napoli torna al primo posto, a quota con 1.494 reati, seguita da Avellino (in forte crescita con 1.203 reati, pari al +72,9%) e Bari. Roma scende al quarto posto, con 867 illeciti penali, seguita da Salerno, Palermo, Foggia e Cosenza. La prima provincia del Nord è quella di Venezia, con 662 reati, che si colloca al nono posto ed entra nella classifica delle prime venti province per illegalità ambientale.

Inquinamento ambientale e abusi edilizi

Continua l’applicazione della legge 68/2015, che ha introdotto nuovi delitti a salvaguardia dell’ambiente nel codice penale, sugli ecoreati che nel 2023 ha superato la quota 600, anche se registra un lieve calo rispetto all’anno precedente quando era stata contestata 637 volte. Un calo, in realtà, dovuto al calo dei controlli, passati da 1.559 a 1.405. Il delitto d’inquinamento ambientale resta nel 2023 quello più contestato, 111 volte, portando a ben 210 denunce e 21 arresti. Preoccupa anche la situazione dei comuni sciolti per mafia: 19 quelli sciolti al momento della stesura del report. La pressione dell’illegalità resta alta anche sul tema abusivismo edilizio.

La conferma arriva anche dai dati ribaditi nella Relazione del 2024 sugli indicatori del Bes (Benessere equo e sostenibile). Soprattutto al Sud, dove si concentra il 48,8% delle nuove costruzioni abusive. Troppo poche, invece, le demolizioni eseguite, anche se non mancano le buone notizie, come quella dell’abbattimento, avvenuto nel dicembre del 2023, del Palazzo Mangeruca, l’ecomostro di Torre Melissa, in provincia di Crotone. In provincia di Catanzaro, a Staletti, invece, le ruspe demolitrici sono entrate in azione contro una delle villette costruite illegalmente su demanio marittimo. Nel 2023 in Sicilia sono stati 1.181 i reati commessi relativi al ciclo illegale del cemento che hanno portato alla denuncia di 1.193 persone e 206 sequestri, pari al 9,1% del dato nazionale. In solitaria, prosegue l’incessante lavoro di ripristino della legalità da parte del sindaco di Carini, Giovi Monteleone, con l’abbattimento di immobili, villette, miniappartamenti realizzati abusivamente lungo il litorale.

La Commissione Ecomafie visita le discariche siciliane. Il presidente Morrone: “A Mazzarrà vera emergenza”

È tornata sull’isola la “Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e ad altri illeciti ambientali e agroalimentari”, quelle che oggi sono chiamate Ecomafie, per i controlli relativi al “Filone Sicilia”, come lo definì il presidente della bilaterale Jacopo Morrone dopo la prima visita che avvenne lo scorso mese marzo con la delegazione composta da quattro commissari, i deputati Francesco Emilio Borrelli (Avs), Eliana Longi (Fdi) e Francesco Maria Rubano (Fi-Ppe) e il senatore Pietro Lorefice (M5s).

Nella due giorni siciliana del mese di marzo la delegazione ha effettuato sopralluoghi alle discariche di Contrada Timpazzo, a Gela, e di contrada Coda Volpe al confine tra Catania e Lentini con l’annesso sito di compostaggio, ha visitato il Sin di Gela e, nell’ambito del filone sulle ‘zoomafie’, si è recata in un maneggio di Piazza Armerina, che accoglie cavalli sequestrati alla criminalità, e alle stalle clandestine sequestrate a Catania dove vengono tenuti cavalli destinati alle corse clandestine.

Sempre in quella prima occasione furono, inoltre, eseguite quattro audizioni in Prefettura, ascoltando il prefetto Maria Carmela Librizzi, il procuratore di Gela Lucia Musti, il procuratore facente funzione di Catania Agata Santonocito e il responsabile dell’Osservatorio Zoomafie della Lav Ciro Troiano. “Con questa prima missione – dichiarò al tempo Morrone – abbiamo aperto il ‘filone Sicilia’ che la Commissione ha individuato fra quelli prioritari per le criticità che le sono state segnalate in ogni fase del ciclo dei rifiuti, a cominciare dalla raccolta differenziata per passare alle carenze dell’impiantistica, come è chiaramente emerso anche dalle audizioni. Criticità pesanti che si traducono in insufficienza e non adeguatezza degli impianti Tmb, in insufficienza degli impianti di compostaggio per il trattamento dell’organico e in poche discariche quasi tutte di proprietà privata e ormai in esaurimento. A questo ha inoltre aggiunto si collegano fenomeni illeciti determinati dalle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’intero sistema di gestione dei rifiuti traendo enormi profitti e, contestualmente, determinando danni ambientali difficilmente sanabili”.

Il 22 e 23 luglio scorso, invece, la delegazione, sempre guidata dal presidente Morrone, era formata dal senatore Pietro Lorefice (M5s) e dagli onorevoli Francesco Emilio Borrelli (Avs), Eliana Longi (FdI) e Maria Stefania Marino (Pd). In questa due giorni siciliana, lunedì 22 luglio la Commissione ha visitato il Polo impiantistico di Bellolampo a Palermo, interessato negli ultimi anni da diversi incendi, di cui l’ultimo lo 17 scorso giugno che ha interessato la scarpata della settima vasca, e di un grave tentativo di sabotaggio avvenuto il 21 luglio scorso, quando furono manomessi e presi a colpi di martello alcuni macchinari per la triturazione e la separazione dei rifiuti.

In quell’occasione la Commissione ha potuto visionare la quarta e la quinta vasca dell’impianto e ha inoltre effettuato uno specifico sopralluogo nei pressi della settima vasca, attualmente in uso, dove erano in corso operazioni di abbancamento potendo così osservare le vasche di deposito e i tritovagliatori mobili attualmente in uso. Visionato dalla commissione anche il tritovagliatore entrato in funzione a maggio dopo un’opera di “rewamping” ma attualmente fermo per problemi tecnici collegati alla sostituzione di schede bruciate. È stata inoltre ascoltata la relazione relativa alla prossima entrata in funzione di telecamere per il rilevamento d’incendi.

Nella prefettura palermitana si sono tenute le audizioni del prefetto di Palermo Massimo Mariani, del procuratore capo della Repubblica di Palermo Maurizio De Lucia, del procuratore della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto Giuseppe Verzera, del presidente e del segretario generale Anci Sicilia Paolo Amenta e Mario Emanuele Alvano, e del presidente di Legambiente Sicilia Tommaso Castronovo.
Al termine delle audizioni il presidente Morrone ha dichiarato che “ci sono tante cose da mettere a posto anche perché da diversi anni ci sono incendi periodici, senza contare il non funzionamento del Tmb. Palermo non merita questo tipo di gestione della raccolta differenziata e urge un miglioramento: la differenziata è al 15,2 per cento, tra le peggiori delle grandi città. Sul sistema rifiuti in Sicilia c’è un filone d’inchiesta aperto, dobbiamo verificare se e come si passerà dalle parole ai fatti. Collaboreremo con la Procura di Palermo, se ci sono elementi li sottoporremo in maniera collaborativa alla Procura”.

“Purtroppo non si può fare a meno di Bellolampo – ha proseguito Morrone – altrimenti si rischia di bloccare lo smistamento dei rifiuti. In questo momento non ci sono alternative. E noi terremo d’occhio i costi sulla gestione dei rifiuti”. “Le audizioni – ha concluso Morrone – sono state in parte secretate. Noi, di quanto visto a Bellolampo, faremo una relazione insieme ad Arpa e ai carabinieri del Noe”.
Il giorno seguente, martedì 23 luglio, è stata la volta di Messina, provincia in cui è stata visitata la discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, dove lo scorso 25 giugno è divampato un incendio che, secondo i dati diffusi dall’Arpa Sicilia, nella sua fase acuta ha fatto registrare “concentrazioni di diossine” fino a “36 volte superiori rispetto al valore di riferimento”.

Valori anomali che, nelle ore successive allo spegnimento del rogo, sono rientrati. “Sono rimasto impressionato dalla situazione osservata nella discarica di Mazzarrà Sant’Andrea, – ha commentato il presidente Morrone – che appare come una vera e propria emergenza che si trascina da troppo tempo su cui accendere i riflettori. Come Commissione ci attiveremo al più presto con audizioni per capire l’eventuale pericolosità per la salute dei residenti derivante anche dai roghi che divampano con troppa frequenza. Mi attiverò anche nei confronti del presidente della Regione Sicilia Renato Schifani, nominato quest’anno commissario straordinario per il completamento della rete impiantistica integrata del sistema di gestione dei rifiuti, che ha ereditato dal passato un quadro purtroppo critico. Mi sono infine messo in contatto immediatamente con il ministero dell’Ambiente”.

Il tema sono le ricadute ambientali provocate dalla discarica. “Le nostre ‘missioni’ in Sicilia – ha dichiarato alla stampa il presidente Morrone al termine della due giorni – proseguiranno nei prossimi mesi in modo da avere una visione quanto mai precisa e veritiera della situazione”. Qualche giorno dopo la visita della Commissione un nuovo incendio è divampato alla discarica di Mazzarrà Sant’Andrea. Appreso del nuovo incendio, Morrone ha indirizzato un’ulteriore missiva a Schifani dove ha messo nuovamente in luce il “quadro di forti e pericolose criticità” emerse dalla visita nella discarica messinese. “Alla luce del verificarsi di tale ulteriore e grave evento, – si legge nella lettera – che conferma il pericolo tangibile di serio nocumento per l’ambiente e per la salute dei cittadini dei comuni limitrofi, già segnalato dalla Commissione da me presieduta, si ribadisce l’impellente necessità dell’adozione di ogni opportuna iniziativa al fine dell’immediata messa in sicurezza della discarica e dell’efficace gestione dell’emergenza attualmente in corso, la quale registra picchi di gravità straordinaria che non possono restare senza risposta”.