MESSINA – Un settore che torna a decrescere e il rischio è quello di una nuova pesante crisi. È l’edilizia che a Messina e in provincia sta subendo un costante riflusso come denunciano in un report il segretario generale Ivan Tripodi e Pasquale De Vardo, responsabile della Feneal Uil Tirrenica. Tornano i fantasmi della crisi del settore che nel 2018 aveva fatto perdere solo in un anno 1500 occupati e fatto chiudere quasi 200 imprese.
“Fino al 2020 l’inadeguatezza politico-amministrativa e l’incapacità progettuale delle classi dirigenti e politiche – hanno detto i rappresentanti della Uil – hanno fatto sì che l’edilizia, da settore strategico e trainante, è stato ridotto a comparto assolutamente marginale. Il post pandemia con l’introduzione del 110% e dei bonus edilizi finalizzati, anche, alla rigenerazione urbana, ha creato una enorme “bolla economica”: sicuramente tanti sciacalli hanno speculato in maniera selvaggia, ma il settore edile aveva ripreso fiato seppur nella piena consapevolezza che si trattava di una fase, senza alcuna prospettiva strutturale finalizzata a dare lungo respiro all’economia e al lavoro”.
“Esplosa la bolla – hanno aggiunto i sindacalisti – auspicavamo, anche grazie ai fondi del Pnrr, una continuità della ripresa dell’edilizia e del rilancio occupazionale e socio-economico di Messina”. I dati fino all’avvento della pandemia indicavano la crisi profonda del settore. Nel 2021, con l’avvio dei bonus, i dati negativi dell’edilizia hanno invertito una tendenza che oggi è in pieno riflusso. Nel giro di 10 anni – documentano Uil e Feneal Tirrenica – i lavoratori edili occupati sono passati dal dato più basso di 6.283 unità del 2018 a quello più alto di 9.903 del 2022, per poi tornare adesso a scendere nuovamente a 8.286 del primo semestre 2024. Le imprese edili attive che rappresentano il tessuto socio-economico del nostro territorio si sono pesantemente ridotte, passando dalle 2.165 del 2015 alle 1.829 del primo semestre 2024.
Paradossalmente l’unico dato che non inverte il trend negativo è quello del lavoro nero che è aumentato di oltre il 40%: i lavoratori in nero oggi presenti in un cantiere sono mediamente intorno al 70% della forza lavoro.
“Considerata la mancata regolazione contributiva o le forme elusive come il dumping contrattuale, il fenomeno rappresenta un dramma sociale che non può restare impunito poiché è strettamente connesso con il tema della sicurezza sul lavoro caratterizzato dal lungo elenco di lavoratori che, anche a Messina, sono usciti da casa per lavorare e sono rientrati dentro una bara, – hanno sottolineato Tripodi e De Vardo – ecco perché, in questo scenario è indispensabile un sensibile rafforzamento dell’Ispettorato del lavoro di Messina”.
Si era scommesso sul Piano nazionale di ripresa e resilienza e invece, secondo Tripodi e De Vardo, “questa occasione unica e irripetibile non sta producendo la tanto strombazzata trasformazione, anche economica e occupazionale, riguardo le opere pubbliche. Sono stati finanziati pochi progetti che si caratterizzano, tra l’altro, per la mancanza di visione e di prospettiva poiché, nel migliore dei casi, si tratta di idee progettuali vecchie. In tal senso, si deve sempre mantenere altissima la guardia e l’attenzione, attraverso il coinvolgimento di tutte le autorità preposte, rispetto ai rischi, sempre presenti, di infiltrazione da parte delle organizzazioni mafiose.
Le risorse ci sono, ma mancano i progetti esecutivi e quindi gli appalti. Allo stato a Messina l’unica importante opera pubblica appaltata e cantierizzata da oltre sei anni, il cui attuale importo complessivo stanziato è di circa 113 milioni di euro, è il porto di Tremestieri che, dopo il commissariamento deciso dal Parlamento nazionale, rappresenta la certificazione di un enorme fallimento politico-amministrativo”.
Ci sono ritardi incomprensibili, denuncia la Uil, si perderanno ingenti risorse senza avere programmato nulla riguardo il rischio sismico e il dissesto idrogeologico, l’edilizia scolastica e la riqualificazione delle periferie, per non parlare dell’assoluta mancanza di progetti di edilizia sanitaria vista la carenza dei presidi ospedalieri decadenti e ai limiti dell’agibilità. Un quadro desolante che per il comparto dell’edilizia si traduce in una nuova crisi che già provoca l’emigrazione non solo di giovani, in cerca di occupazione e di futuro altrove.
“I numeri del nostro report – hanno concluso Tripodi e De Vardo – sono inequivocabili e sono un pesantissimo atto d’accusa nei confronti di una classe dirigente e di governo che non è all’altezza della sfida odierna e il cui bilancio è decisamente fallimentare”.