La guerra in Ucraina sta portando inevitabilmente dannose conseguenze anche in Europa e la Sicilia sarà una delle regioni più colpite. L’embargo sul petrolio russo potrebbe costare alla Sicilia un punto di Pil e la perdita di 3000 posti di lavoro. È l’allarme che lancia la deputata di Forza Italia Stefania Prestigiacomo.
“La decisione dell’UE di porre a fine anno l’embargo al petrolio russo trasportato via mare – ha detto la deputata forzista – rischia di avere conseguenze drammatiche sull’economia siciliana e gravi ripercussioni su tutto il sistema degli approvvigionamenti energetici nazionali”. I leader dell’Unione Europea hanno deciso di imporre l’embargo sui due terzi delle importazioni di petrolio russe in Ue entro la fine dell’anno. Una deroga è prevista per il greggio via oleodotto che rifornisce alcuni paesi dell’Europa centro-orientale. L’accordo è arrivato a margine di un nuovo vertice sugli aiuti all’Ucraina, in cui si è parlato di ulteriori sostegni finanziari. Il provvedimento era stato annunciato il 4 maggio scorso ma era in stand by a causa delle preoccupazioni per le forniture di petrolio, di cui tutta l’Europa tutta ha bisogno. La Russia attualmente fornisce il 27% del petrolio importato dall’Ue e il 40% del suo gas. Bruxelles paga a Mosca circa 400 miliardi di euro all’anno. All’accordo politico raggiunto mancano molti aspetti tecnici di cui dovranno occuparsi i rappresentanti diplomatici che dovrebbero dare il loro benestare finale nel corso di questa settimana.
L’embargo riguarderà solo il petrolio russo trasportato nell’UE via mare e questo costerà caro alla Sicilia. La raffineria Isab di Priolo (di cui è proprietaria la Lukoil), lavora praticamente solo idrocarburi russi che giungono via mare, e a causa dell’embargo sarà condannata a chiudere, facendo perdere al paese una quota significativa di derivati dal petrolio e innescando una crisi occupazionale, sociale ed economica.
“Si stima che la chiusura dell’Isab farebbe perdere alla Sicilia 1 punto di Pil per un valore di oltre un miliardo di euro – ha aggiunto Prestigiacomo ma, soprattutto, avrebbe un devastante effetto sul lavoro del siracusano con circa 3000 posti di lavoro fra diretti ed indiretti che sarebbero compromessi nella sola Isab-Lukoil che però, per l’effetto domino in un comparto industriale che dall’Isab in gran parte dipende, ci sarebbero conseguenze su Erg, Air Liquide, Priolo Servizi e in parte Versalis. Una caporetto sociale dalle proporzioni che non si possono ignorare e che è ampiamente annunciata”. La deputata azzurra chiede se il governo nazionale abbia un piano “B” per salvare migliaia di posti di lavoro e un quarto della capacità di raffinazione italiana. “Il governo prima di assumere questa decisione avrà certamente valutato le conseguenze sul nostro paese, ma nulla leggiamo relativamente alla messa in sicurezza produttiva dell’impianto siciliano – ha dichiarato – la macelleria sociale ed economica annunciata in Sicilia è un prezzo che l’Italia può pagare sull’altare della guerra?”.
Anche i sindacati sono convinti che rischia di avere effetti disastrosi sulla Sicilia l’embargo al petrolio russo via mare. Gravi ripercussioni ci saranno soprattutto sull’Isab di Priolo, l’impianto di raffinazione dell’area industriale di Siracusa controllato dalla Lukoil. In allarme la Cgil. “Oggi – dice il segretario
generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino – si aggiunge questo nuovo elemento a una situazione già critica, che vede la Sicilia pagare il prezzo più alto in Italia della guerra in Ucraina”.
Sull’argomento c’è uno studio realizzato per conto della Cgil Sicilia da Giuseppe Nobile che evidenzia sia i segnali di ripresa post pandemia ma anche gli effetti della nuova crisi, a partire dalla riduzione della crescita in Italia nel 2022 dal 3,6% al 2,3% ( stima Prometeia). Per la Sicilia lo studio evidenzia la diminuzione dell’export, il calo dei flussi turistici provenienti da quell’area (che erano corposi nel 2019 con 273 mila presenze dalla Russia, il 3,6% del totale degli stranieri, per una spesa generata di circa 25 milioni di euro), una crescita generale dei prezzi al consumo più sostenuta che nel resto del Paese, forti rincari soprattutto nel settore energetico con conseguente crescita della povertà e delle disuguaglianze.
In generale a livello di sistema Paese, rileva il documento, “il peso dei Paesi in conflitto come mercato di sbocco dei principali partner commerciali è inferiore al 2,5%”. Va peggio per le importazioni soprattutto per quanto riguarda metallurgia, produzione di energia elettrica e agroalimentare, i settori dove si importa di più.
Nel 2022 la stima di aggravio della bolletta energetica nel Paese per le famiglie è di +30miliardi e per le imprese non energetiche di + 25 miliardi. Sul differenziale della crescita dei prezzi al consumo della Sicilia, rileva lo studio, influisce “la perifericità dell’isola”. Aumenti corposi nell’isola ci sono stati per i generi di largo consumo: i prodotti alimentari in Sicilia sono cresciuti del 10,3% ( Italia 7%), le spese per abbigliamento del 4,4% ( Italia 2,7%), per abitazioni , acqua, elettricità e gas del si sono registrati aumenti del 19,2% (Italia 16,2), per i trasporti del 17,7% ( dato nazionale 15,8%).
“I rincari in corso – è scritto nello studio – accentuano una forma insidiosa di povertà già rilevata, la ‘povertà energetica’, quella condizione cioè di una famiglia il cui accesso ai servizi energetici implica una distrazione dal paniere di consumi che costituisce il minimo essenziale”. Nella condizione di dovere ridimensionare consumi essenziali per il caro bolletta si trovava nel 2018 (dato della Cgia di Mestre) una quota di famiglie siciliane tra 491 mila e 722 mila. “Oggi la situazione non può che essere peggiorata” rileva Mannino. La Sicilia, secondo lo studio della Cgil, si trova oggi sospesa “fra lo scenario di crescita promosso dai piani di ripresa elaborati come risposata alla crisi dovuta alla pandemia e l’impatto delle tensioni geo politiche”.
“È chiaro che servono adeguate misure di contrasto – afferma Mannino – e l’utilizzo appropriato delle risorse a disposizione a partire dagli investimenti in infrastrutture previsti dal Pnrr”. La Sicilia, dice lo studio realizzato da Nobile “risulta al momento la prima beneficiaria delle risorse finora assegnate, 5,9 miliardi, come probabile conseguenza delle dimensioni delle opere pubbliche finanziate”. “Le amministrazioni locali dovranno essere all’altezza – dice Mannino – così come la politica a tutti i livelli, a partire da quella regionale”.
Su Facebook interviene anche il presidente della Regione, Nello Musumeci: “C’è un silenzio assordante scrive sui social – sulla catastrofe occupazionale che potrebbe travolgere parte del petrolchimico di Priolo, con l’embargo e la conseguente paralisi della Isab. Il mio governo ha compiuto atti, chiesto la deliberazione dell’area di crisi complessa, proposto investimenti, invocato chiarezza. Lo ha riconosciuto anche Lucrezia Reichlin in un intervento sul Corriere, evidenziando come proprio in Sicilia potrebbe essere scritta una pagina importante sul tema della transizione e della sovranità energetica. Ma dal governo Draghi nessuna risposta. È tempo che Roma ci metta la faccia e affronti il problema: chiederò ancora una volta un vertice urgente e mi aspetto una immediata convocazione. Faccio appello al ministro Giorgetti che conosco come persona seria e fattiva”.
Raffaella Pessina