Edilizia

Emergenza abitativa, in Sicilia mancano 30mila alloggi e le case vuote rimangono risorse sprecate

Difficoltà di accesso a un alloggio stabile, immobili sfitti e carenza di abitazioni per un Piano casa che possa consentire alla popolazione meno abbiente di poter avere un tetto sopra la testa. Questi i temi al centro di un’indagine condotta dal sindacato Sunia Sicilia riguardante l’emergenza abitativa.

Secondo il sindacato, che ha condotto uno studio affiancato dalla CGIL e sostenuto una petizione con 50 mila firme per un nuovo Piano Casa capace di rispondere alla domanda crescente di alloggi accessibili e adeguati, nell’Isola mancano oltre 30mila case. Gli sfratti nel 2023 in Sicilia sfiorano quota 2.000.

Emergenza abitativa in Sicilia, Sunia: “Quadro allarmante”

“Un quadro preoccupante quello che emerge dai dati resi disponibili dal Ministero dell’Interno, ma comunque migliorativo rispetto all’anno precedente. Nel 2023, in Sicilia sono state presentate 4.905 richieste di esecuzione di sfratto (-30,76 sul 2022, ndr), di cui 925 si sono concluse con l’intervento dell’ufficiale giudiziario. In totale, sono 1.896 provvedimenti di sfratto (-7,38 rispetto al 2022)”. A spiegarlo ai microfoni del Quotidiano di Sicilia è Antonio Currò, della segreteria nazionale del sindacato Unione Inquilini.

In questo contesto, la domanda di edilizia popolare resta comunque insoddisfatta. Secondo i sindacati di categoria sono circa 30mila le abitazioni necessarie per superare l’emergenza abitativa. Un tema con il quale si sta scontrando Arismè, partecipata del Comune di Messina, per via del processo di sbaraccamento in atto condotto dal Subcommissario regionale al Risanamento, Marcello Scurria. Pochi immobili disponibili sul mercato e tempi di edilizia popolare lunghi.

Il problema dell’accesso agli immobili

Nel frattempo, l’accesso a quegli immobili resta complesso, come raccontato proprio nelle scorse settimane dal QdS. Per agevolare la domanda, è salito di quasi mille euro il tetto stabilito rispetto all’anno precedente per l’accesso a case di edilizia popolare. Sarà adesso possibile concorrere per tutte quelle famiglie che posseggono un reddito di poco inferiore ai 18mila euro. Questo perché la Regione ha applicato una serie di parametri come la variazione media dell’indice dei prezzi al consumo (Foi) elaborata da Istat.

A questo fabbisogno si aggiunge il ritardo nella pubblicazione delle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi pubblici e i lunghi tempi d’attesa che penalizzano soprattutto le famiglie più fragili, ovvero quelle con minori o con disabili gravi al seguito. In questo caso, proprio a Messina, si è operato per favorirle attraverso un’apposita lista di priorità, come raccontato a più ripreso ai microfoni del QdS proprio da Scurria.

Le assegnazioni proseguiranno nel corso dei prossimi mesi grazie allo stanziamento (del 2021, ndr) da oltre 100 milioni di euro provenienti dal Fondo Sviluppo e Coesione e a disposizione in un triennio per la bonifica delle aree, la riqualificazione urbana e il ricollocamento abitativo dei residenti.

A Palermo – sulla questione dell’emergenza abitativa – pesa invece il problema del turismo. Secondo i dati diffusi dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, dal 2019 a oggi, oltre 120 mila alloggi sono stati sottratti in tutta Italia alla locazione residenziale tradizionale. Tradotto: più case vacanze e B&B e meno disponibilità di affitto per famiglie. La penuria di appartamenti ha fatto salire il costo medio che, sommato a mutui con tassi ancora troppo elevati rispetto al periodo pre-pandemico, rendono utopico anche l’acquisto.

Le locazioni brevi, spesso con un regime fiscale agevolato, risultano più vantaggiose per i proprietari rispetto ai contratti di lungo termine. In quest’ottica, molti proprietari preferiscono affittare i loro immobili a turisti, lasciando così fuori dal mercato abitativo chi è alla ricerca di una casa stabile. Palermo, in particolare, ha visto una diminuzione significativa dei contratti di affitto di lunga durata (-26% negli ultimi quattro anni) e la stessa riduzione percentuale si palesa anche sul numero di sfratti eseguiti (-27,6%).

Il salva casa contro l’emergenza abitativa in Sicilia: le novità

Potenziamento degli alloggi pubblici, manutenzione del patrimonio esistente, implementazione di misure di sostegno per le famiglie in difficoltà con il pagamento dell’affitto. Ma anche azioni mirate per la riqualificazione delle periferie, dove il disagio abitativo si somma a condizioni di degrado sociale e urbanistico. Tutti temi riguardanti un Piano salva casa per il quale la Giunta Regionale ha proprio questo mese approvato il disegno di legge di recepimento nazionale in merito alle nuove disposizioni.

Tra i molteplici aspetti, il salva casa consente di recepire la norma che prevede gli interventi di realizzazione e installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti (Vepa), logge rientranti all’interno dell’edificio o porticati, opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici come tende da sole o a pergola, purché non determinino la creazione di spazi stabilmente chiusi.

Introduce l’aumento delle sanzioni previste laddove non possano essere eseguite le demolizioni di abusi, perché danneggerebbero anche la parte delle opere eseguite in conformità. In Sicilia troveranno applicazione anche le disposizioni che superano la cosiddetta “doppia conformità” in caso di parziale difformità dal permesso di costruire: saranno cioè consentiti quegli interventi che risultino conformi alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, ma che fossero conformi anche alla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento.

Il recepimento della norma nazionale consentirà anche di destinare le entrate derivanti dalle sanzioni, nella misura di un terzo, alle demolizioni delle opere abusive presenti sul territorio comunale, al completamento o alla demolizione delle opere pubbliche comunali incompiute, alla realizzazione di opere e interventi di rigenerazione urbana, anche finalizzati all’incremento dell’offerta abitativa, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero di immobili e spazi urbani dismessi, per iniziative economiche, sociali, culturali, di valorizzazione ambientale o per il consolidamento di immobili così da prevenire il rischio idrogeologico.

Risorse sprecate

Il recupero degli immobili dismessi e inutilizzati, e che potrebbero essere trasformati in nuovi alloggi popolari migliorando così l’offerta di case per chi ne ha bisogno, è un altro dei temi sui quali i sindacati spingono da anni. Come raccontato lo scorso giugno proprio dal QdS, i dati siciliani dell’ultimo censimento Istat sono drammatici in tema di risorse sprecate.

Sull’Isola sono presenti oltre un milione e 157mila abitazioni inutilizzate: il 36% del totale. Un dato che raggiunge picchi del 70% in centri dell’entroterra e in comuni vittime del fenomeno dello spopolamento. A Catania le case non occupate sono più di 39 mila (il 23% del numero totale di immobili); a Palermo circa 67 mila (il 21%) e a Messina addirittura più di 35 mila (il 26,3%): un immobile su quattro. Proprio nella città della perenne emergenza abitativa.

Recuperare il patrimonio edilizio inutilizzato non solo aumenterebbe la disponibilità di alloggi, ma ridurrebbe anche l’impatto ambientale, limitando il consumo di suolo che in Sicilia è un’altra delle criticità emerse dall’ultima analisi di ISPRA. Tale approccio avrebbe il duplice beneficio di rispondere al disagio abitativo e di promuovere uno sviluppo urbano più sostenibile e inclusivo.

Il ripristino e il potenziamento di politiche di sostegno per le famiglie a basso reddito è un altro degli aspetti. A causa dell’aumento del costo della vita e del mercato immobiliare, molte famiglie si trovano oggi a dover affrontare canoni di affitto insostenibili, con un problema che si acuisce sempre più in direzione delle grandi città.