Cronaca

Enna, allevatore ucciso e bruciato, quattro arresti, i nomi

Svolta nelle indagini sull’omicidio di Andrea Paternò, il cui cadavere carbonizzato fu ritrovato in un’auto, anch’essa bruciata, il 13 luglio del 2020 ad Enna. I carabinieri del Nucleo Investigativo di Enna insieme a personale del Ros hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Caltanissetta, nei confronti di quattro persone.

Gli indagati finiti in manette sono D.M.F., 63 anni, pregiudicato; D.M.C.S.G., 24 anni; D.M.G. 36 anni; e S.G., 25 anni. Sono tutti allevatori di Pietraperzia, in provincia di Enna. Le attività di indagine, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta – si aggiunge – hanno fatto emergere un grave quadro indiziario, a carico dei soggetti.

Paternò è stato ammazzato perché vantava un credito di 20mila euro nei confronti degli altri quattro allevatori

In questo quadro, si inserisce l`ennesimo litigio tra il Paternò ed i D.M. finito prima con l`uccisione e poi con la distruzione del cadavere in un altro posto. Per bruciarlo il corpo è stato cosparso di liquido infiammabile, acquistato il pomeriggio stesso dell`omicidio. Il fuoco fu acceso sfruttando anche alcune balle di fieno nel cassone del pick-up della vittima.

La ricostruzione

Sulla base degli accertamenti sviluppati dai militari dell`Arma attraverso attività informativa, analisi di sistemi di videosorveglianza pubblici e privati, intercettazioni ambientali e telefoniche è stato accertato che Paternò , il pomeriggio di quel tragico 11 luglio 2020, è andato inizialmente nell`azienda agricola dei D.M., e precisamente da D.M.F., per reclamare la restituzione del credito, venendo però convinto ad andare a prendere dei caffè in vista del successivo incontro con tutti i soggetti interessati.

Approfittando del momentaneo allontanamento, attraverso un vorticoso giro di conversazioni, con una fase di frenetici contatti telefonici, gli altri coindagati raggiungevano D.M. e al ritorno del Paternò, questo è stato colpito con armi da fuoco e da taglio. A quel punto sempre D.M.F. è andato in un distributore di carburante per prelevare un fusto di gasolio, poi utilizzato per distruggere il corpo di Paternò.

Così si è sviluppato l’incendio del fuoristrada con dentro il cadavere di Paternò in contrada Arceri, vicino ad un vecchio casolare di campagna abbandonato.

Gli assassini di Paternò, legami con esponenti famiglie mafiose

Gli uomini che hanno ucciso l’allevatore Paternò avevano contatti con esponenti delle famiglia mafiose di Pietraperzia e Barrafranca e, più, in generale con contesti mafiosi, anche di primo piano, della provincia di Enna. Per questo agli indagati per l’omicidio dell’allevatore è stata contestata altresì la circostanza aggravante dell’associazione a delinquere di stampo mafioso. Ma il gip non l’ha riconosciuta nell’ordinanza – si aggiunge.

In ogni caso si spiega che costante è stato il clima di intimidazione e di omertà che è emerso sulla scorta delle dichiarazioni della maggioranza dei testimoni, compresi gli appartenenti alla forestale che si sono sono occupati di domare l`incendio. Quelli hanno omesso qualsiasi segnalazione in ordine alla presenza dell`automezzo incendiato e del cadavere. Le posizioni processuali di questi militari sono al vaglio dell`autorità giudiziaria.

Le attività di indagine hanno fatto emergere un grave quadro indiziario, a carico degli indagati D.M.C.S. e D.M.G., in ordine ad alcuni incendi avvenuti nello scorso mese di luglio in aree agricole tra i comuni di Enna e di Pietraperzia. Tali reati sono stati commessi per imporre la propria pretesa di utilizzare senza averne alcun diritto quelle aree per i loro capi di bestiame, in sprezzo di qualsiasi rispetto del diritto di proprietà. “Questi ultimi reati appaiono, ancora una volta, sintomatici della pretesa degli indagati di imporre il controllo sul territorio con modalità senza dubbio assimilabili a quelle delle consorterie mafiose”, si sottolinea.

Oggi all’esecuzione delle misure cautelari ed alle connesse attività di perquisizioni hanno preso parte militari del comando provinciale di Enna, del Ros e dello Squadrone eliportato cacciatori di Sicilia. Una delle ordinanze cautelari è stata eseguita in Belgio attraverso i canali di cooperazione internazionale.