PALERMO – La violenza nei confronti del sesso femminile trova in Sicilia una classe dirigente intenzionata a frenarla. Ma mentre si cerca di divulgare le modalità in cui donne e bambini possono tutelarsi, nonché di riflettere sul tema tra i banchi di scuola, occorre trovare il modo di sostenere gli orfani di femminicidio.
Si tratta di vittime collaterali degli omicidi delle donne. Queste si trovano in una condizione di disagio psicologico e affettivo di considerevole importanza, devono elaborare l’enorme torto subìto e il lutto, nonché sopravvivere senza la presenza di entrambi i genitori. Solitamente questi minori vengono affidati ai parenti più vicini alla vittima, il più delle volte ai nonni materni, i quali devono da soli provvedere a tutto ciò che occorre: assistenza, aiuto psicologico, attività ludiche e sportive, scuola, etc. Questo è, per esempio, ciò che fa Vera Squatrito, la mamma di Giordana Distefano, che si occupa in maniera esclusiva della piccola Asia.
Lo Stato è di fatto assente nel difficile compito dei nuovi affidatari. Nonostante la legge n.4 del gennaio 2018, entrata in vigore il successivo febbraio, preveda un Fondo destinato ai figli delle vittime di femminicidio, a oggi nessun orfano ha potuto avere accesso ad alcuna agevolazione. Infatti, mancano i decreti attuativi che ne stabiliscano le modalità di fruibilità.
IL GAP TRA LAZIO E REGIONE SICILIANA
La Regione Lazio, il 22 novembre del 2018, è stata l’unica a varare una determina che potesse sopperire, almeno in parte, alle gravi mancanze del governo centrale. Questa ha deciso di destinare un acconto di 10mila euro, nel primo anno, agli orfani di femminicidio, i quali possono poi usufruire di 5mila euro annui fino al compimento del 29esimo anno di età.
Così l’assessore regionale delegato alla Famiglia, Antonio Scavone, si è impegnato a far accadere in Sicilia quanto già avvenuto in Lazio: “Spero di ottenere dall’assemblea, in bilancio regionale, una posta finanziaria adeguata per questo fine. Porteremo avanti con convinzione questa battaglia”, conclude.
La violenza sulle donne in Italia
Il nostro Paese vede aumentare in maniera esponenziale il dato percentuale delle vittime femminili di omicidi volontari rispetto a quello degli uomini. E nelle ultime settimane si parla di una vera e propria emergenza nazionale, visto che in una sola settimana si sono registrate ben sei donne assassinate. Inoltre, le indagini Istat dimostrano come quasi la metà dei soggetti appartenenti al gentil sesso, nella fascia d’età compresa tra i 16 e i 70 anni, dichiarano di aver subito almeno una volta nella vita una forma di violenza. Se poi si vuole considerare che molti non dichiarano il loro status di vittima, le cifre potrebbero essere ben più alte.
Violenza fisica, sessuale, verbale, psicologica e chi più ne ha, più ne metta. Il principale sfondo in cui essa si consuma rimane ancora la famiglia. Così le donne finiscono per scoprire di essere accompagnate da uomini privi di dignità e di autostima, che traggono dagli atti violenti commessi la falsa convinzione di essere forti. E dei “ti lascio” e dei “no” non riescono a farsene una ragione: nel 2019 soltanto le donne che hanno trovato il coraggio (e la possibilità) di denunciare il proprio stalker sono state 239.
La necessità di pari opportunità e la rivoluzione culturale
Se consideriamo il tasso occupazionale delle donne in Italia, non si può non notare come queste percepiscano in media un salario inferiore rispetto agli uomini, a parità di mansioni. E come le madri che, dopo aver partorito, possano permettersi di lavorare anche fuori casa ed essere economicamente indipendenti siano ancora troppo poche: sono soprattutto coloro che, assieme al marito, ricevono uno stipendio abbastanza alto da poter pagare anche il nido e la babysitter, oppure quelle che possono contare sull’aiuto dei nonni. Invece le attività domestiche e la cura dei minori, anche quando la donna lavora fuori casa, rimangono in Italia quasi un esclusivo compito di quest’ultima.
La violenza più angosciante, allora, è subita dalle vittime madri di figli ancora minorenni. Perché quando una donna subisce violenza dal proprio marito/compagno, prima ancora di denunciarlo e andar via dal nido dell’orrore, pensa ai propri piccoli, al loro benessere fisico e psicologico, ma anche al loro necessario mantenimento e accudimento. Nel far questo, si accorge di non poter da sola pagare tutto ciò che serve: affitto, spesa alimentare, babysitter, medici e farmaci, vestiti, spese scolastiche, bollette delle utenze, tasse, auto, assicurazione.
Dopo aver fatto queste considerazioni, teme anche la possibilità di non essere creduta dalle autorità competenti e di non aver materiale sufficiente per dimostrare quanto subìto, dato il numero di vittime non prontamente aiutate, costrette a subire ulteriori ritorsioni dal proprio carnefice. Com’è successo a Giordana Distefano, morta in provincia di Catania nel 2015 con 48 coltellate inferte dal proprio ex compagno, padre della sua bambina. Queste valutazioni, inoltre, non contemplano i possibili condizionamenti psicologici dovuti al basso livello culturale e all’estrazione sociale. Gli stessi che, ancora oggi, sono talvolta in grado di far sentire in colpa le stesse vittime per i torti subìti. È in questo contesto che la Regione siciliana vuole prevenire e arginare il fenomeno a partire dai più piccoli: “È necessaria una rivoluzione culturale che inizi tra i banchi di scuola. Per questo sono diverse le iniziative scolastiche, già tenutesi l’anno scorso e che continueranno nel corso del 2020, atte alla produzione di elaborati grafici e filmati da parte degli studenti.”, ha chiosato l’assessore regionale delegato alla Famiglia, alle Politiche sociali e del Lavoro, Antonio Scavone. .
“La Regione oggi assicura la presenza di 89 strutture gratuite, tra centri antiviolenza (21), sportelli di ascolto (31) e case segregate per donne e bambini (21 già operative e 16 in fase di istituzione), le quali, seppur limitando la libertà dei soggetti protetti, costituisce per loro un porto sicuro. Questi numeri verranno implementati dal nuovo piano 2019-2020, con l’apertura di altre 15 strutture a indirizzo segreto. Le Asp, invece, offrono il supporto psicologico necessario ai minori vittime di violenza assistita. La stessa Regione, poi, sta continuando l’attività di divulgazione delle tutele disponibili, attraverso le manifestazioni pubbliche e le distribuzioni di un codice per l’indicazione degli sportelli. L’8 marzo persino i 600 autobus dell’Amt, a Catania, serviranno per la campagna”, ha continuato.
Ma nuove risorse sono in arrivo dal nuovo Piano, per potenziare quanto già in atto: 800mila euro contribuiranno alla gestione e al potenziamento dei centri antiviolenza; 1,1mln di euro creeranno un fondo di solidarietà per le spese di gestione e parte delle rette di ricovero nelle strutture ospitanti; un milione di euro andrà ai centri di ascolto e alle nuove strutture di accoglienza; un tetto massimo di 7mila euro per vittima assicurerà alla stessa il sostegno psicologico, educativo e legale.