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Intervista a Nicola Fiasconaro, il “Re del panettone di Sicilia”

Nicola Fiasconaro è fra i venticinque Cavalieri del Lavoro nominati nel 2020 dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

“Siamo orgogliosi di questo riconoscimento ricevuto dal Presidente Mattarella, figlio della Sicilia più nobile. Il sorriso che mi ha fatto quando mi ha visto, chiamandomi affettuosamente madonita, è stato per me un regalo meraviglioso”, racconta entusiasta Nicola Fiasconaro.

Fiasconaro, infatti, prima ancora di essere un’azienda siciliana con sede a Castelbuono, rappresenta la storia di una famiglia che ha saputo trasformare l’eredità del padre Mario in un’azienda che oggi esporta i propri prodotti dolciari in sessantasei Paesi nel mondo.

Tutto inizia nel 1953, quando Mario Fiasconaro da una piccola gelateria nella piazza principale del paese, costruisce una florida attività nel campo della pasticceria e della ristorazione. All’epoca i figli Fausto, Martino e Nicola sono piccoli, ma negli anni Novanta compiono il salto di qualità con l’idea di Nicola, il pasticciere tra i tre, che sceglie di interpretare in chiave mediterranea il dolce più tradizionale del Nord Italia, il Panettone, con i sapori e gli odori delle materie prime rigorosamente siciliane.

Oggi i Fratelli Fiasconaro sono a capo dell’azienda che porta il loro nome: Fausto è responsabile showroom, Martino è a capo dell’amministrazione e Nicola è pluripremiato primo pasticciere. Una realtà imprenditoriale in continua espansione, che solo nell’ultimo periodo ha effettuato 40 nuove assunzioni.

Maestro, ha ricevuto il titolo di Cavaliere del lavoro dal Presidente Sergio Mattarella. È il secondo pasticcere ad averlo ricevuto settant’anni dopo Gioacchino Alemagna. Cosa prova e quali sono le sue riflessioni?

Per un pasticciere è il giorno più importante della sua vita. C’è anche un forte senso di responsabilità legato all’ambizione di portare il Made in Sicily su scenari internazionali, soprattutto nell’ambito delle categorie artigianali.

Fiasconaro ha una storia longeva e importante. Tutto è iniziato da suo padre, ma lei ricorda quando ha deciso che da grande avrebbe fatto il pasticciere?

Io sono nato pasticciere. Cinquantasette anni fa si partoriva in casa e proprio mentre venivo al mondo, al piano terra mio padre, Don Mario, sfornava paste di mandorla e bignè. Il mio estro creativo nasce proprio in quella casa, vedendo papà armeggiare in laboratorio con la farina, la marmellata o il cioccolato.

Quando ha iniziato, era nei piani di diventare un nome conosciuto a livello internazionale e fare la differenza?

Quando sono nato ho fatto questa scelta di vita, mosso dall’ambizione di fare le cose meglio degli altri, di essere competitivi. Nel DNA Fiasconaro ci sono le sfide difficili. Abbiamo avuto la fortuna di ereditare da papà, Don Mario, l’amore verso questo mestiere. Papà era un cuoco, un pasticciere, ma soprattutto era un gran cerimoniere. Noi siamo nati con la cultura del cibo, della buona nutrizione e del valore delle materie prime siciliane. Raccogliere i frutti è stato semplice.

Avevo l’ambizione da ragazzo di fare le competizioni internazionali e lui mi spronava a gareggiare e a frequentare corsi in Accademia. Fu lì che ci fu la folgorazione con il panettone, in un corso in Accademia a Chioggia Sottomarina. Ero ancora un ragazzo.

Papà mi ha sempre incoraggiato nella scelta di reinterpretare il classico panettone milanese con i migliori ingredienti della tradizione siciliana, come la manna e le nocciole di Polizzi. Proprio per valorizzare al meglio le materie prime del territorio, abbiamo fatto rete con  gli agricoltori della zona, contribuendo alla creazione di un importante indotto.

Come si rapporta con chi negli anni ha imitato le creazioni e i prodotti Fiasconaro?

So che molti lo fanno con noi. Essere noi di riferimento per molti pasticcieri mi fa onore, ma l’imitazione deve essere relativa. Dall’osservazione deve esserci pure l’associazione della creatività.

Come si riesce ad innovare nel rispetto della tradizione?

Con la ricerca scientifica, investendo nelle misure per la sicurezza alimentare e scommettendo su una nutrizione biologica, il più possibile naturale.

Al centro dell’azienda Fiasconaro vi è la famiglia. Ai fini del successo, è stato un valore aggiunto essere una famiglia?

La famiglia è il cuore della Fiasconaro. Papà non ci ha lasciato beni o grandi patrimoni, ma cose ben più importanti, come l’etica, la morale, la reputazione e il rispetto delle regole. Papà ha sempre sognato ciò che abbiamo realizzato: la strada è la sua, noi abbiamo saputo percorrerla.

Altro punto fermo dell’azienda Fiasconaro è avere deciso di lasciare la sede centrale dell’azienda a Castelbuono. Quali sono i pro e i contro di fare azienda in Sicilia?

Tra i pro c’è che possiamo dare come imprenditori il nostro contributo alla rinascita della Sicilia, restituendo dignità ad un popolo ricco di risorse.

I contro sono tantissimi: dalle difficoltà logistiche ai trasporti. Possiamo superarli solo facendo sistema e abbattendo i costi.

Se fai delle produzioni diverse e originali, la gente si innamora del brand, della cultura e della Sicilia di nuovo. Dopo la pandemia, c’è un nuovo illuminismo, lo sento.

Ad oggi l’azienda Fiasconaro vanta 180 dipendenti, tutti siciliani, cosa pensa di chi dice che in Sicilia non c’è lavoro e decide di andare via?

Per certi settori è vero. Un ragazzo ambizioso che vuole fare il ricercatore scientifico, ad esempio, non può farlo in Sicilia. Anche per questo la nostra azienda ama  dialogare con i giovani che studiano in università prestigiose o che lavorano in realtà importanti, anche internazionali.

Senta, in estate molti imprenditori lamentavano di non trovare lavoratori dando la colpa al reddito di cittadinanza. La contro risposta è stata che le condizioni di lavoro prospettate non erano ottimali e non tendevano alla crescita professionale. Qual è la sua visione in merito?

Un sussidio alle famiglie in difficoltà è sacrosanto, ma un’altra cosa sono le politiche del lavoro, che a mio avviso necessitano ancora di importanti correttivi. Ad oggi, nonostante i tanti soldi spesi per la formazione, trovare lavoratori specializzati, soprattutto in determinati settori, è ancora difficile.

Non va neanche sottovalutato il compenso per i giovani, che deve essere adeguato ed equo. Un vero imprenditore su questo deve essere sensibile.

Cosa consiglia a chi vuole fare impresa oggi in Sicilia?

Se si è ambiziosi, ogni desiderio può trasformarsi in un sogno imprenditoriale. Bisogna crederci. Avere accanto persone importanti. Io ho accanto una famiglia importantissima e una macchina amministrativa organizzativa che si occupa del resto.

In base alla sua esperienza, quali misure adotterebbe pensando al lavoro al Sud?

Di certo non misure assistenziali o clientelari, andrei oltre la vecchia politica. In Sicilia ci sono moltissimi immobili dismessi che potrebbero essere usati nell’ottica di creare occupazione. Inoltre, ci vorrebbero misure che favoriscano i collegamenti tra i piccoli centri e la città. È necessario che avvenga l’incontro tra gli amministratori degli enti locali e gli imprenditori e che vi sia il dialogo. Solo così in futuro i ragazzi potrebbero non andare più via e pensare di realizzarsi qui. L’importante è fare sistema.

Cosa sogna per lei e per l’azienda?

Sogno che i figli dei nostri dipendenti possano avere un futuro ancora più gratificante. Anche per questo, stiamo cercando di definire un comparto in cui siano previsti una mensa aziendale, un asilo nido e un ambiente ricreativo sportivo.

Sandy Sciuto