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Intervista a Nicola Fiasconaro, il “Re del panettone di Sicilia”

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Intervista a Nicola Fiasconaro, il “Re del panettone di Sicilia”

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martedì 16 Novembre 2021

Fiasconaro, una famiglia, un’azienda che oggi esporta i propri prodotti dolciari in sessantasei Paesi nel mondo. Abbiamo intervistato Nicola, responsabile del settore produttivo

Nicola
Fiasconaro
è fra i venticinque Cavalieri del Lavoro nominati nel 2020
dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

“Siamo orgogliosi di questo riconoscimento ricevuto dal Presidente Mattarella, figlio della Sicilia più nobile. Il sorriso che mi ha fatto quando mi ha visto, chiamandomi affettuosamente madonita, è stato per me un regalo meraviglioso”, racconta entusiasta Nicola Fiasconaro.

Fiasconaro, infatti, prima ancora di essere un’azienda siciliana con sede a Castelbuono, rappresenta la storia di una famiglia che ha saputo trasformare l’eredità del padre Mario in un’azienda che oggi esporta i propri prodotti dolciari in sessantasei Paesi nel mondo.

Tutto inizia nel 1953, quando Mario Fiasconaro
da una piccola gelateria nella piazza principale del paese, costruisce una
florida attività nel campo della pasticceria e della ristorazione. All’epoca i
figli Fausto, Martino e Nicola sono piccoli, ma negli anni Novanta compiono il
salto di qualità con l’idea di Nicola, il pasticciere tra i tre, che sceglie di
interpretare in chiave mediterranea il dolce più tradizionale del Nord Italia,
il Panettone, con i sapori e gli odori delle materie prime rigorosamente
siciliane.

Oggi i Fratelli Fiasconaro sono a capo
dell’azienda che porta il loro nome: Fausto è responsabile showroom, Martino è
a capo dell’amministrazione e Nicola è pluripremiato primo pasticciere. Una
realtà imprenditoriale in continua espansione, che solo nell’ultimo periodo ha
effettuato 40 nuove assunzioni.

Maestro, ha ricevuto il titolo di Cavaliere
del lavoro dal Presidente Sergio Mattarella. È il secondo pasticcere ad averlo
ricevuto settant’anni dopo Gioacchino Alemagna. Cosa prova e quali sono le sue
riflessioni?

Per un pasticciere è il giorno più importante
della sua vita. C’è anche un forte senso di responsabilità legato all’ambizione
di portare il Made in Sicily su scenari internazionali, soprattutto nell’ambito
delle categorie artigianali.

Fiasconaro ha una storia longeva e importante.
Tutto è iniziato da suo padre, ma lei ricorda quando ha deciso che da grande
avrebbe fatto il pasticciere?

Io sono nato pasticciere. Cinquantasette anni
fa si partoriva in casa e proprio mentre venivo al mondo, al piano terra mio
padre, Don Mario, sfornava paste di mandorla e bignè. Il mio estro creativo
nasce proprio in quella casa, vedendo papà armeggiare in laboratorio con la
farina, la marmellata o il cioccolato.

Quando ha iniziato, era nei piani di diventare
un nome conosciuto a livello internazionale e fare la differenza?

Quando sono nato ho fatto questa scelta di
vita, mosso dall’ambizione di fare le cose meglio degli altri, di essere competitivi.
Nel DNA Fiasconaro ci sono le sfide difficili. Abbiamo avuto la fortuna di
ereditare da papà, Don Mario, l’amore verso questo mestiere. Papà era un cuoco,
un pasticciere, ma soprattutto era un gran cerimoniere. Noi siamo nati con la
cultura del cibo, della buona nutrizione e del valore delle materie prime
siciliane. Raccogliere i frutti è stato semplice.

Avevo l’ambizione da ragazzo di fare le
competizioni internazionali e lui mi spronava a gareggiare e a frequentare
corsi in Accademia. Fu lì che ci fu la folgorazione con il panettone, in un
corso in Accademia a Chioggia Sottomarina. Ero ancora un ragazzo.

Papà mi ha sempre incoraggiato nella scelta di
reinterpretare il classico panettone milanese con i migliori ingredienti della
tradizione siciliana, come la manna e le nocciole di Polizzi. Proprio per
valorizzare al meglio le materie prime del territorio, abbiamo fatto rete con  gli agricoltori della zona, contribuendo alla
creazione di un importante indotto.

Come si rapporta con chi negli anni ha imitato
le creazioni e i prodotti Fiasconaro?

So che molti lo fanno con noi. Essere noi di
riferimento per molti pasticcieri mi fa onore, ma l’imitazione deve essere
relativa. Dall’osservazione deve esserci pure l’associazione della creatività.

Come si riesce ad innovare nel rispetto della
tradizione?

Con la ricerca scientifica, investendo nelle
misure per la sicurezza alimentare e scommettendo su una nutrizione biologica,
il più possibile naturale.

Al centro dell’azienda Fiasconaro vi è la
famiglia. Ai fini del successo, è stato un valore aggiunto essere una famiglia?

La famiglia è il cuore della Fiasconaro. Papà
non ci ha lasciato beni o grandi patrimoni, ma cose ben più importanti, come
l’etica, la morale, la reputazione e il rispetto delle regole. Papà ha sempre
sognato ciò che abbiamo realizzato: la strada è la sua, noi abbiamo saputo
percorrerla.

Altro punto fermo dell’azienda Fiasconaro è
avere deciso di lasciare la sede centrale dell’azienda a Castelbuono. Quali
sono i pro e i contro di fare azienda in Sicilia?

Tra i pro c’è che possiamo dare come
imprenditori il nostro contributo alla rinascita della Sicilia, restituendo
dignità ad un popolo ricco di risorse.

I contro sono tantissimi: dalle difficoltà
logistiche ai trasporti. Possiamo superarli solo facendo sistema e abbattendo i
costi.

Se fai delle produzioni diverse e originali,
la gente si innamora del brand, della cultura e della Sicilia di nuovo. Dopo la
pandemia, c’è un nuovo illuminismo, lo sento.

Ad oggi l’azienda Fiasconaro vanta 180
dipendenti, tutti siciliani, cosa pensa di chi dice che in Sicilia non c’è
lavoro e decide di andare via?

Per certi settori è vero. Un ragazzo ambizioso
che vuole fare il ricercatore scientifico, ad esempio, non può farlo in
Sicilia. Anche per questo la nostra azienda ama  dialogare con i giovani che studiano in
università prestigiose o che lavorano in realtà importanti, anche
internazionali.

Senta, in estate molti imprenditori
lamentavano di non trovare lavoratori dando la colpa al reddito di
cittadinanza. La contro risposta è stata che le condizioni di lavoro
prospettate non erano ottimali e non tendevano alla crescita professionale.
Qual è la sua visione in merito?

Un sussidio alle famiglie in difficoltà è
sacrosanto, ma un’altra cosa sono le politiche del lavoro, che a mio avviso
necessitano ancora di importanti correttivi. Ad oggi, nonostante i tanti soldi
spesi per la formazione, trovare lavoratori specializzati, soprattutto in
determinati settori, è ancora difficile.

Non va neanche sottovalutato il compenso per i
giovani, che deve essere adeguato ed equo. Un vero imprenditore su questo deve
essere sensibile.

Cosa consiglia a chi vuole fare impresa oggi
in Sicilia?

Se si è ambiziosi, ogni desiderio può
trasformarsi in un sogno imprenditoriale. Bisogna crederci. Avere accanto
persone importanti. Io ho accanto una famiglia importantissima e una macchina
amministrativa organizzativa che si occupa del resto.

In base alla sua esperienza, quali misure
adotterebbe pensando al lavoro al Sud?

Di certo non misure assistenziali o
clientelari, andrei oltre la vecchia politica. In Sicilia ci sono moltissimi
immobili dismessi che potrebbero essere usati nell’ottica di creare
occupazione. Inoltre, ci vorrebbero misure che favoriscano i collegamenti tra i
piccoli centri e la città. È necessario che avvenga l’incontro tra gli
amministratori degli enti locali e gli imprenditori e che vi sia il dialogo.
Solo così in futuro i ragazzi potrebbero non andare più via e pensare di
realizzarsi qui. L’importante è fare sistema.

Cosa sogna per lei e per l’azienda?

Sogno che i figli dei nostri dipendenti
possano avere un futuro ancora più gratificante. Anche per questo, stiamo
cercando di definire un comparto in cui siano previsti una mensa aziendale, un
asilo nido e un ambiente ricreativo sportivo.

Sandy Sciuto

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