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Fisco, possibile riduzione dell’Iva, ecco perché non tutti sono d’accordo

ROMA – Si aprono i cantieri della riforma fiscale, dopo la chiusura degli Stati generali indetti dal Presidente del Consiglio dei ministri.
La novità più importante che è trapelata è quella che riguarda la possibile riduzione delle aliquote Iva, una riduzione dell’imposta, però, che sarebbe limitata solo ad alcune tipologie di prodotti e, comunque, limitata nel tempo.

L’idea, forse, è venuta dalla Germania la quale ha già ridotto tutte le aliquote Iva, ma solo per un periodo di tempo limitato, e ciò al fine di dare una spinta ai consumi e, conseguentemente, alla ripresa dell’economia.

La proposta di Conte, tuttavia, non ha raccolto unanimi consensi. Addirittura nella stessa maggioranza c’è chi ritiene che tale operazione, che costerebbe circa dieci miliardi di euro, non sortirebbe l’effetto sperato, quello, cioè, di aumentare i consumi.

A prescindere, infatti, dal fatto che una preannunciata diminuzione delle aliquote Iva potrebbe avere l’effetto di ridurre nell’immediato i consumi, stante l’aspettativa dei consumatori di pagare di meno in un periodo successivo, alcuni sostengono che, con un Pil sotto di 10 punti, il costo complessivo sia eccessivo mentre sarebbe meglio destinare questa spesa verso una più generale riduzione della pressione fiscale, magari supportata da una vera semplificazione, non solo tributaria, ma anche della burocrazia.

È vero che la Germania lo ha già fatto, ma il sistema economico di quel Paese è molto diverso dal nostro ed inoltre la temporanea riduzione dell’Iva è avvenuta senza nessun annuncio preventivo e, quindi, senza quell’impatto negativo che alcuni paventano.

Comunque, non ci resta che aspettare, sperando che venga adottata una soluzione condivisa e ben ragionata, perché, altrimenti, alla grandissima confusione esistente non faremmo altro che aggiungerne dell’altra.

Intanto si potrebbe cominciare a dare ossigeno alle imprese, abolendo adempimenti come lo “split payment”, un obbligo che, specialmente dopo l’introduzione quasi generalizzato dell’obbligo della fatturazione elettronica, dopo l’obbligo della registrazione telematica dei corrispettivi e la stretta sul contante, dovrebbe avere diminuito il rischio dell’evasione che, qualche anno fa, si è cercato di “coprire” con lo split payment e con il reverse charge.

Non dimentichiamo, infine, la necessità di chiarezza delle nuove disposizioni. Se con l’intento di semplificare si creano norme da interpretare, la famosa “zona grigia” nella quale prolifica l’evasione e tutto il malaffare è destinata ad aumentare e non a diminuire.