PALERMO – Le acque dolci siciliane sono in pessime condizioni, tanto che nella grande maggioranza dei casi non sono idonee alla vita dei pesci. I dati arrivano dal rapporto di monitoraggio di Arpa Sicilia, per l’anno 2022, relativo allo stato della qualità delle acque dolci. Sulle 5 stazioni di controllo siciliane, l’unica in cui si è stata riscontrata la “conformità” alla destinazione d’uso, e cioè alla vita dei pesci, è stata sul fiume Anapo Sortino, nel siracusano. Le altre stazioni, Vecchio mulino sul fiume Alcantara a cavallo tra i territori di Catania e Messina, Simeto 101 Pietrarossa tra il catanese e l’ennese, il fiume Ciane nel siracusano e sul fiume Sosio in provincia di Agrigento, risultano essere “non conformi”.
Il monitoraggio è stato effettuato tramite campionamento mensile delle acque e la successiva analisi chimica dei campioni prelevati. Non si tratta, purtroppo, di una novità: per la maggior parte delle stazioni, i giudizi di “non conformità” perdurano da diverso tempo e sono dovute ad alcune pressioni rilevanti quali le immissioni non controllate di scarichi non depurati o scarsamente depurati e le immissioni diffuse legate alle pratiche agricole e zootecniche.
A queste ultime si aggiungono le importanti alterazioni del regime idrologico dei corpi idrici analizzati che, sebbene siano presenti naturalmente nei fiumi intermittenti, sono spesso accentuate dalla mancata gestione delle derivazioni a scopo irriguo e idroelettrico. Si tratta di uno sfruttamento delle risorse senza controllo e senza una logica, che potrebbero essere invece “tollerate” dall’ecosistema se l’ambiente fluviale fosse mantenuto integro nei suoi elementi fondamentali.
Il fiume, infatti, è dotato di una naturale capacità autodepurativa, se mantenuto in buone condizioni. Al contrario, le alterazioni idromorfologiche, i prelievi indiscriminati e la quasi totale soppressione delle fasce di vegetazione sulle rive rendono invece quello fluviale un ambiente fragile ed estremamente vulnerabile. Il risultato finale è purtroppo sempre lo stesso: sono necessari interventi di risanamento, si legge nel rapporto dell’Arpa, “orientati alla mitigazione dei cambiamenti di portata e al mantenimento del deflusso minimo vitale, al ripristino della continuità fluviale e delle naturali fasce di vegetazione riparia”.
Soltanto così i fiumi considerati “potrebbero ospitare comunità biologiche stabili e ben strutturate e risulterebbero effettivamente idonei alla vita dei pesci”. L’Arpa ha riscontrato il ripetersi della condizione di non idoneità alla vita ormai in maniera sostanzialmente stabile già a partire dal 2011, tanto che è stata evidenziata la necessità di revisionare la rete di monitoraggio per la valutazione della qualità dell’ambiente fluviale, non soltanto in riferimento alla possibilità di ospitare pesci destinati alla pesca.
Il monitoraggio, infatti, era basato, fino all’emanazione della direttiva quadro 2000/60/Ce, unicamente sulla determinazione di alcuni parametri fisico-chimici delle acque, allo scopo di verificarne il possibile sfruttamento a vantaggio delle attività produttive legate alla pesca e al consumo umano.
Alcune modifiche alla rete sono già state apportate in questi ultimi anni: le due stazioni sul fiume Platani sono state abbandonate per l’elevata mineralizzazione delle acque, ed è stata inserita una stazione sul fiume Sosio per la quale si è ravvisata una naturale vocazione ad ospitare una comunità ittica stabile. All’inizio del 2023 si è, inoltre, deciso di interrompere il monitoraggio della stazione Simeto 101 Pietrarossa “non conforme” dal 2011 e con caratteristiche idromorfologiche non idonee ad ospitare la fauna ittica.