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Gaetano Vecchio: “Lavorare insieme alle istituzioni per favorire l’interesse generale”

Un confronto su questioni strutturali e non contingenti: ospite di questo Forum con il QdS, alla presenza del vice direttore Raffaella Tregua, il presidente di Confindustria Sicilia, Gaetano Vecchio.

Prima di essere eletto presidente di Confindustria Sicilia ha lanciato l’allarme contro le ingerenze della politica nell’associazione. In che modo cercherà di rompere con il passato?
“Una Confindustria che chiede aiuto alla politica è una Confindustria debole. Gli imprenditori devono avere sempre la schiena dritta, perché soltanto così si può essere interlocutori forti. Se un imprenditore chiede una mano al politico, quando sarà eletto non sarà indipendente dal giudizio rispetto a chi lo ha aiutato. Noi abbiamo una funzione sociale importante e dobbiamo al momento giusto poter dire in libertà ciò che pensiamo. Paradossalmente, quello che la gente non capisce, ma chi studia economia lo ricorda, è che l’imprenditore nel fare il suo interesse, in automatico, fa gli interessi della società. Quando sosteniamo che ci vogliono le infrastrutture per legare l’economia, pensiamo all’interesse generale. E affinché si possa fare l’interesse generale occorre essere liberi. Ma nel momento in cui per essere eletto necessito dell’aiuto della politica, allora porto indietro tutto il sistema. Un sistema che ha un valore dato dal marchio. Noi valiamo molto di più di quello che la percezione esterna ci dà. Noi non parliamo soltanto a nome dei nostri associati, ma a nome di tutti gli imprenditori. Rappresentiamo non soltanto il Pil, l’occupazione e il fatturato di oggi, ma del futuro”.

Le dimissioni del presidente Di Martino hanno rappresentato per Confindustria un punto di svolta. Al di là delle questioni giudiziarie, che faranno il loro corso, cosa si può fare per restituire un’immagine che è poi quella reale del mondo imprenditoriale?
“Sulla questione in sé non entro. Sia il presidente Di Martino sia Confindustria hanno avuto una grandissima capacità di capire il sistema. Hanno ritenuto che, al di là degli aspetti giudiziari, il danno d’immagine sarebbe stato grave. E il passo indietro fatto rappresenta sicuramente una cosa positiva. Poi possiamo disquisire sul tema del contrasto al sistema mafioso. La mia storia e quella di mio padre parlano da sole e quindi ho poco da dire. Il tema fondamentale è che oggi pagare il pizzo, al di la delle questioni etiche, è una stupidaggine economica e ti fa passare dalla ragione della vittima al torto di colui che comunque finanzia l’economia mafiosa. A differenza del passato lo Stato difende e lo Stato è presente. Si tratta di un reato che si basa esclusivamente sulla paura. Se non hai paura e denunci, lo Stato c’è. Anche le normative sul rimborso dei danni esistono. Oggi l’imprenditore che non denuncia non ha più scuse”.

Come giudica le misure della Regione per le imprese, a partire dall’ultimo bando dell’Irfis? È la strada giusta per stimolare l’imprenditorialità nell’Isola?
“Tutto ciò che permette di riconoscere e ripagare il deficit e l’arretratezza in cui viviamo è benvenuto. Noi dobbiamo parlare di coesione e per farlo dobbiamo avvicinare il nostro Pil a quello di altre regioni. Ci sono posti in cui l’economia è talmente florida che non c’è bisogno dell’incentivo. Da noi l’incentivo non è necessario per coprire un gap ma per dare la possibilità di sopravvivenza. Ovviamente va studiato per bene e bisognerà assicurarsi che venga indirizzato su chi davvero lo utilizzerà. Ma su questo le strutture di Irfis sono dotate e sviluppate e sono sicuro faranno bene”.

La Zona industriale di Catania continua a far parlare di sé con le visite della premier Meloni e del ministro Urso alla Gigafactory. Eppure il sito produttivo etneo continua ad avere numerosi problemi. Da dove occorre partire per il rilancio dell’area?
“Tutti parlano di sviluppo della Sicilia legato a turismo e agricoltura, settori certamente strategici e da potenziare. Ma oggi il Pil di questa regione è legato all’industria. Dobbiamo puntare sugli investimenti nelle aree industriali. Nella visita recente alla 3Sun l’assessore regionale alle Attività produttive, Edy Tamajo, ha confermato che avrebbe ripreso a breve il dossier con il sindaco di Catania, Enrico Trantino. L’obiettivo è riuscire a rilanciare gli investimenti che mirano alla riqualificazione dell’area industriale e che sarebbero dovuti partiti già da tempo. Nelle prossime settimane ci sarà il trasferimento di quelle risorse di cui si era parlato mesi fa. Anche questo, certamente, è un argomento fondamentale su cui noi avremo massima attenzione”.

Bene il Ponte, ma da solo non è sufficiente. Sul tema della Zes unica c’è da lavorare

Questione Ponte sullo Stretto. Rappresenta davvero un’occasione unica per la realizzazione di altre opere strategiche?
“La scelta di fare il Ponte è una scelta certamente politica. Il Ponte deve dare a tutti una consapevolezza: è la sliding door di questo Paese. Se si costruisce il Ponte possiamo tornare a essere l’Italia del boom economico. Se noi dovessimo fermarci, invece, condanneremmo gli italiani a essere considerati cittadini di serie B: tante parole ma zero fatti. La politica e l’economia devono avere la contezza della grandissima responsabilità che hanno in questo momento. Occorre però anche considerare che il Ponte ha una valenza politica che non può essere messa in cantiere se non si rimargina la ferita di questa terra, ovvero quella legata agli assi autostradali e delle principali vie di comunicazione tra Palermo e Catania. Il danno all’economia è talmente grande che non so se il fattore positivo del Ponte lo possa bilanciare. Quindi facciamo il Ponte sì, ma adesso, insieme alle altre opere. Il presidente Schifani ha una grande responsabilità e deve essere aiutato da tutti noi affinché possa portare a casa la ristrutturazione della Circonvallazione di Palermo e della Tangenziale di Catania. Due investimenti importanti, ma se non ha la coesione di tutti noi non riuscirà a portarli a termine. Bisogna remare tutti nella stessa direzione. Io sono fiducioso. Schifani può passare alla storia non soltanto per il Ponte, ma per essere il presidente che ha ricucito le due grandissime ferite delle due città principali di questa Regione. E noi come Confindustria siamo al suo fianco, come spinta, sprono o collaboratori pratici e tecnici”.

Qual è la sua opinione sulla costituzione della Zes unica?
“Non siamo contrari a priori alla Zes unica, però il risultato finale in questo momento è che mancano i regolamenti attuativi, si è fermato il credito d’imposta e non sappiamo cosa fare. Le due Zes che c’erano potevano funzionare meglio? Certamente, ma almeno stavano funzionando. I commissari Di Graziano e Amenta stavano facendo un ottimo lavoro. Io guardo soltanto l’effetto pratico. La Zes unica in questo momento ha fermato tutto e siamo molto preoccupati per come usciranno i regolamenti attuativi. Non vorremmo che ci siano poche risorse da una parte e che vengano prese da pochi gruppi. Siamo un’economia formata da piccole e medio imprese e desideriamo che ci sia un sistema che le premi. Ma bisogna fare in fretta: il nostro interesse è che la Zes unica sia una delle due priorità del nuovo presidente di Confindustria nazionale che verrà eletto. Vi è poi il tema della decontribuzione. Non un regalo, come pensano alcuni al Nord, ma lo strumento necessario per rendere coeso un Paese che di fatto non lo è. Avere la Sicilia o non averla politicamente conta. Noi contiamo di più di quello che valiamo”.

Superbonus, comparto edile e utilizzo di fondi Ue e Pnrr

Come vede la situazione dell’edilizia con il problema del Superbonus?
“Purtroppo noi l’avevamo detto: dovevamo mettere subito i controlli e inserire la Soa (Società organismi di attestazione). Quando si sono resi conto che i buoi erano usciti hanno chiuso la stalla. Passare dall’eccesso di regalo all’eliminazione di uno strumento che invece stava permettendo di ripristinare il patrimonio abitativo è sbagliato. Noi diciamo che il bonus serve come strumento per permettere al privato di fare un lavoro che altrimenti con le sue risorse non può fare. Ma occorre disciplinarlo. Chiediamo che siano fatti controlli perché molti ne hanno approfittato, anche se i dati ci dicono che rappresentano solo una minoranza. L’idea che lo Stato partecipi al ripristino dal punto di vista sismico e energetico del patrimonio privato è un’idea corretta”.

Avvierete un monitoraggio sulla spesa dei fondi del Pnrr?
“Sui fondi europei certamente si poteva fare meglio. Probabilmente occorrerà fare un ragionamento serio a livello europeo per una riprogrammazione che è stata già fatta dal Governo. Anche qui ci sono i fondi, ma la macchina economica pubblica è inceppata. Gradirei che il superamento dei problemi burocratici fosse un prerequisito allo sviluppo. Non voglio più parlare di burocrazia perché voglio essere uguale alle altre Regioni. Del Pnrr la più grande preoccupazione che ho è l’aspetto burocratico: dobbiamo spenderli bene questi fondi, perché non sono un regalo. E su questo dobbiamo fare tutti il massimo possibile. Confindustria monitorerà anche perché, per l’economia siciliana in particolare, i fondi del Pnrr rappresentano un’occasione che non possiamo sprecare”.

Il precedente presidente Albanese denunciò lo stallo dei progetti per gli impianti rinnovabili. Qual è il quadro odierno? Intendete avviare un’interlocuzione con il presidente della Commissione tecnica specialistica (Cts), Gaetano Armao?
“Abbiamo grande speranza che l’avvento di Armao sblocchi la situazione. La sua nomina ci ha molto soddisfatti perché ne conosciamo la storia e il valore della persona e siamo fiduciosi risolverà gran parte dei problemi. Poi ovviamente sono collegati alla massa di domande, ma siamo sicuri che riuscirà a smaltire l’arretrato”.