CATANIA – Nel mondo delle professioni giuridiche, come in molte altri ambiti professionali, persistono disuguaglianze di genere che influenzano il reddito e l’avanzamento professionale delle donne.
Secondo il rapporto Censis 2022, il reddito medio delle avvocate iscritte all’Albo è inferiore di trenta mila euro rispetto a quello dei colleghi maschi. Questa disparità è il risultato di molteplici fattori che richiedono un’analisi approfondita.
Superare il gender gap nell’avvocatura è un obiettivo che trasversalmente si stanno ponendo sia l’Ordine che il Consiglio Nazionale Forense.
Patrizia Corona, attualmente vice presidente del Cnf, ha spiegato quali fattori stanno ancora alimentando il gender gap nella professione forense, ma ha anche evidenziato l’attività del Comitato Pari Opportunità costituito nel 2003.
“Va premesso – ha spiegato Corna al QdS – che il gender pay gap è purtroppo un dato caratterizzante tutte le professioni e non tipico della sola avvocatura e questa evidenza consente una prima risposta di carattere generale sulle cause che vanno indicate principalmente nella perdurante difficoltà a conciliare i tempi del lavoro con gli impegni di cura che ancora oggi pesano soprattutto sulle donne. Di questo ci ha dato evidenza anche la pandemia da Covid-19 che ha causato nell’avvocatura una contrazione economica generalizzata, ma più pesante per le avvocate che sono state totalmente assorbite nell’ambito familiare e che in numero maggiore dei colleghi maschi hanno conseguentemente abbandonato la professione e si sono cancellate dall’albo. Per le avvocate concorrono poi cause legate allo svolgimento di attività in ambiti meno remunerativi con una tipologia di clientela prevalentemente privata e meno abbiente. Credo che questo in parte dipenda da un fattore culturale che associa lo svolgimento dell’attività forense delle donne all’ambito del diritto di famiglia e in questo senso si tratta di un pregiudizio discriminante da parte della clientela. Vi è poi certamente una tendenza delle donne a farsi pagare meno degli uomini”.
Le donne guadagnano meno, ma all’interno dell’albo hanno una media d’età piu giovane e il loro numero – secondo stavolta il rapporto Censis 2023 – è vicino a pareggiare quello dei colleghi uomini. “La media più giovane – ha proseguito Corona – è conseguenza diretta della progressiva crescita della componente femminile negli albi. Oltre i 54 anni le avvocate sono una percentuale assolutamente minoritaria. Oggi in realtà la professione forense sta perdendo attrattiva per entrambi i generi e lo dimostrano i numeri in calo non solo nelle università di giurisprudenza, ma soprattutto la drastica diminuzione dei praticanti. Io credo che la scelta della professione di avvocato sia ancora motivata da passione. Per questo l’impegno all’effettiva parità di genere nell’avvocatura sarà costante per contribuire, anche così, alla necessaria svolta culturale della società”.
Il Consiglio Nazionale Forense dal 2003 è dotato di strumenti in grado di intervenire sulla riduzione del gender gap. “Le istituzioni forensi e fra queste il Cnf – spiega ancora la vicepresidente – da tempo e su vari fronti attuano percorsi rivolti alla attuazione delle pari opportunità nell’ambito forense. Ricordo che ogni consiglio dell’Ordine per previsione della nostra legge professionale ha costituito un Comitato pari opportunità che non solo monitora e denuncia ogni forma discriminatoria, ma offre percorsi formativi e promuove iniziative concrete per rendere conciliabile ad esempio l’esercizio della professione con la maternità. In alcuni Palazzi di Giustizia – ha evidenziato Patria Corona – l’Ordine ha realizzato spazi dove gli avvocati possono temporaneamente lasciare i figli piccoli (baby sitting) e ha stipulato convenzioni a costi vantaggiosi con scuole nido e materne. Il Consiglio Nazionale Forense si è battuto e tuttora persegue con interlocuzioni ministeriali per l’approvazione di una legge a tutela del legittimo impedimento delle avvocate durante la gravidanza”.