In queste ore emergono nuovi dettagli sul caso Sperone, in cui a perdere la vita è stato Giancarlo Romano. Ucciso a colpi di pistola lo scorso 26 febbraio, gli investigatori sono riusciti a ricostruire alcune intercettazioni che evidenziano il pensiero dell’uomo verso lo Stato: “Noi abbiamo degli ideali dentro, che non facciamo morire mai e noi preghiamo il Signore che certe cose non finiranno mai. Noi siamo contro lo Stato – spiegava Romano – siamo contro la polizia”.
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Come emerso dal blitz avvenuto nelle scorse ore a Brancaccio, l’omicidio di Giancarlo Romano sarebbe scaturito da un debito di 2.500 euro derivato da un giro di scommesse clandestine. Nell’inchiesta della Squadra mobile, inoltre, emergono anche i ruoli di Giuseppe Arduino e Vincenzo Vella. Queste, sarebbero state delle figure centrali nella gestione del gioco e delle scommesse insieme a Romano.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, gli indagati hanno cercato di imporre sul territorio dei circuiti del gioco d’azzardo a loro riferibili. Proprio per questo motivo, a Vella, Arduino e Romano viene evidenziata anche la convocazione di chi raccoglieva le scommesse e l’invito a non utilizzare i canali di Camillo Mirra.
Proprio con la famiglia Mira, lo scorso lunedì è nato lo scontro che ha provocato l’incidente. Prima l’aggressione nel magazzino di via XVII Maggio da parte di Alessio Salvo Caruso. Dopo è arrivata la reazione di Camillo Mira e del figlio Antonio con il conflitto a fuoco nel quale Giancarlo Romano è stato ucciso. In questo contesto, anche Alessio Salvo Caruso è rimasto gravemente ferito proprio da Camillo Mira.