A livello internazionale cresce la tensione per la guerra in Ucraina e per le ripercussioni che su larga scala potrebbe comportare. Oltre alla Bielorussia, sin da subito schierata a fianco della Russia, la posizione della Cina appare poco chiara. E preoccupa l’Occidente.
L’incontro di ieri a Roma tra Jake Sullivan, consigliere di Biden per la sicurezza nazionale, e Yang Jiechi, direttore del Comitato Centrale per gli Affari Esteri del Partito Comunista Cinese, porta in rilievo sulla stampa internazionale il ruolo della Cina nella crisi ucraina. Tra conferme e smentite dei diretti interessati, i principali quotidiani sottolineano con vari accenti l’atteggiamento fin qui ambiguo di Pechino, che cerca di mantenersi su una difficile equidistanza ma che di fatto continua a offrire una sponda alla Russia. Ecco cosa dicono oggi.
Il lungo colloquio di Roma tra il consigliere per la sicurezza americano e il massimo responsabile della politica estera cinese è la notizia di apertura per il Washington Post. Il succo dell’incontro, secondo il giornale, è che “Gli usa avvertono la Cina di non aiutare Mosca”, come dice il titolo. Il faccia a faccia, scrive il giornale, “era stato pianificato diverse settimane fa, ma ha assunto maggiore urgenza mentre la guerra della Russia contro l’Ucraina si trascina nella sua terza settimana senza alcun segno di esaurimento”.
E’ stato un incontro che fonti statunitense descrivono come “intenso e franco” ed è stato seguito dalle dichiarazioni della portavoce di Biden, Jean Psaki: “Abbiamo comunicato a Pechino che non resteremo a guardare né permetteremo ad alcun Paese di fare da compensazione alla Russia per le perdite economiche causate dalle sanzioni”. Secondo il Post, “il presidente Biden sta considerando un viaggio in Europa nelle prossime settimane per unire e rassicurare gli alleati, una visita che seguirà il viaggio del vicepresidente Harris a Polonia e Romania la scorsa settimana”.
Sulla prima pagina del giornale, un reportage da Bamako, capitale del Mali, documenta come Mosca stia lavorando per espandere la propria area di influenza in Africa: “I mercenari russi sono sbarcati in Africa occidentale, per portare avanti gli obiettivi di Putin mentre il Cremlino è sempre più isolato”. A Bamako, si moltiplicano manifestazioni pro Russia, con i cittadini che innalzano fotografie di Putin, e slogan di sostegno ai miliziani della Wagner.
La Cina potrebbe essere il vero vincitore della guerra in Ucraina, secondo il New York Times, che apre con le notizie dal campo: “Nonostante i colloqui, gli attacchi si ampliano e la devastazione cresce”. Ma in un editoriale, prendendo spunto dal colloquio di Roma tra Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, e Yang Jiechi, responsabile Esteri del Partito comunista cinese, il quotidiano analizza così la posizione di Pechino: “La guerra in Ucraina è tutt’altro che finita, ma nei circoli politici cinesi si sta formando un consenso sul fatto che un Paese possa uscire vittorioso dalla crisi: la Cina.
Dopo una confusa risposta iniziale all’invasione russa, la Cina ha gettato le basi di una strategia per proteggersi dalle peggiori conseguenze economiche e diplomatiche che potrebbe affrontare e per beneficiare dei cambiamenti geopolitici una volta che il fumo si sarà diradato”.
E’ questo il fine dell’equilibrismo di Xi Jinping, che “ha evitato di criticare il presidente russo Vladimir V. Putin, ma ha anche cercato di prendere le distanze dalla carneficina” e “ha denunciato le sanzioni internazionali imposte alla Russia ma, almeno finora, ha lasciato intendere che le aziende cinesi potrebbero rispettarle, per proteggere gli interessi economici della Cina in Occidente”. Secondo il Nyt, “in definitiva, la leadership cinese ha calcolato che deve cercare di elevarsi al di sopra di quella che considera una lotta tra due potenze stanche ed essere vista come un pilastro di stabilità in un mondo sempre più turbolento”.
“Stallo nei colloqui mentre infuriano i combattimenti per Kiev”, titola il Wall Street Journal, constatando che “gli sforzi diplomatici per porre fine alla guerra della Russia in Ucraina non hanno mostrato segni di progresso lunedì mentre i combattimenti per la capitale si sono intensificati, con missili russi che hanno distrutto una fabbrica di aerei e un condominio a Kiev e una torre televisiva nella città occidentale di Rivne”, e “nel frattempo, il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan ha messo sotto pressione un alto funzionario cinese sull’allineamento di Pechino con Mosca durante quello che i funzionari statunitensi hanno definito un intenso incontro di sette ore a Roma”.
Riguardo al colloquio tra Sullivan e Yang, il Wsj cita la dichiarazione di un anonimo alto funzionario statunintese: “C’è molta gravità in questo momento e penso che la conversazione ne rifletta l’intensità. Abbiamo profonde preoccupazioni sull’allineamento della Cina con la Russia in questo momento e il consigliere per la sicurezza nazionale è stato diretto su tali preoccupazioni e sulle potenziali implicazioni e conseguenze di determinate azioni”.
Il quotidiano osserva che di fronte alle pressioni americane “la Cina sta cercando di spostare l’attenzione sui suoi sforzi per aiutare a prevenire l’aggravarsi della crisi ucraina. Ma la riluttanza di Pechino a prendere le distanze da Mosca mina la sua credibilità agli occhi dell’Occidente e limita qualsiasi ruolo che può svolgere per indurre la Russia a fare marcia indietro”. In prima pagina anche un titolo su come le ricadute economiche della guerra, con l’aumento dei prezzi dell’energia e le difficoltà nella catena delle forniture, complichino gli sforzi della Fed per contenere l’inflazione, schizzata ai massimi degli ultimi 40 anni.
Il timore, spiega il Wsj, è che sia “difficile estirpare l’inflazione dall’economia americana senza una recessione”. Il giornale segnala inoltre che la nomina di Sarah Bloom Raskin, scelta da Biden come responsabile dell’attività di regolamentazione bancaria della Fed, potrebbe affondare in Senato a causa dell’opposizione del senatore democratico Joe Manchin.
Il Financial Times titola a tutta pagina sugli aiuti militari che Pechino sarebbe pronta a offrire a Mosca, e che sono stati anticipati per la prima volta dallo stesso quotidiano: “La Cina ha espresso la volontà di fornire alla Russia aiuti militari, dicono gli Usa”.
Il giornale cita “due funzionari che hanno familiarità con il contenuto dei cablogrammi” inviati da Washington agli alleati per informargli “che la Russia aveva chiesto alla Cina cinque tipi di equipaggiamento, compresi i missili terra-aria. Le altre categorie erano droni, apparecchiature relative all’intelligence, veicoli blindati e veicoli utilizzati per la logistica e il supporto”. Mosca e Pechino hanno negato, ma a Washington è comunque suonato “un campanello d’allarme”, riferisce Ft, che cita “un alto funzionario della difesa degli Stati Uniti” secondo cui il Pentagono stava osservando la situazione “molto, molto da vicino” e “se la Cina sceglierà di sostenere materialmente la Russia in questa guerra, ci saranno probabilmente conseguenze per la Cina”.
La stessa fonte ha lamentato la “tacita approvazione” all’invasione russa data dalla Cina “rifiutando di aderire alle sanzioni, incolpando l’Occidente e gli Stati Uniti per l’assistenza che stiamo dando all’Ucraina e affermando di voler vedere un risultato pacifico, ma essenzialmente non facendo nulla per raggiungerlo”. Su questo sfondo, scrive Ft, a Roma Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, e Yang Jiechi, il massimo funzionario di politica estera cinese, hanno avuto “un’intensa sessione di sette ore che riflette la gravità del momento”.
L’accoglienza dei profughi ucraini nel Regno Unito è il tema del giorno per il Times, che apre sul debutto, ieri, del piano “Case per l’Ucraina” lanciato dal governo Johnson per incentivare l’offerta di ospitalità ai rifugiati da parte delle famiglie britanniche: chi alloggerà un ucraino in fuga dalla guerra riceverà un assegno di 350 sterline al mese, esentasse.
L’incentivo ha fatto gola a molti, tanto che il sito web attivato per raccogliere la disponibilità a ricevere profughi è andato in crash, sommerso da richieste: 44.000 mila persone hanno cercato di registrarsi nelle prime sei ore. Il quotidiano titola: “Corsa a prendersi un ucraino”.
In prima pagina c’è anche un titolo per Roman Abramovich: la notizia è che secondo documenti “contrabbandati fuori dalla Russia” e ottenuti dalla Bbc, il miliardario russo è “sospettato di appartenere a un gruppo criminale organizzato che ha truffato il governo russo per 2 miliardi di sterline”. Si tratta di “due accordi per l’acquisto di compagnie petrolifere che hanno fatto la sua fortuna”. Una di queste, compagnie, la Sibneft, secondo la ricostruzione della Bbc fu acquistata da Abramovich per 190 milioni di sterline nel 1995, e rivenduta al governo russo per 13 miliardi di sterline nel 2005.
Per le Monde, non c’è da aspettarsi immediatamente una mossa diplomatica decisiva della Cina per la soluzione della crisi ucraina. Quello tra Usa e Cina sull’Ucraina è un “dialogo tra sordi”, scrive il giornale a proposito del colloquio di ieri a Roma tra Jake Sullivan, consigliere di Biden per la sicurezza nazionale, e Yang Jiechi, direttore del Comitato Centrale per gli Affari Esteri del Partito Comunista Cinese.
L’incontro è durato quasi sette ore e “le dichiarazioni di ciascuna delle parti registrano le loro divergenze sulle questioni ucraine e taiwanesi”: il quotidiano sottolinea che il comunicato conclusivo di Washington è di appena 8 righe e parla di “una discussione sostanziale sulla guerra della Russia contro l’Ucraina”, in cui Sullivan e Yang “hanno sottolineato l’importanza di mantenere aperte le linee di comunicazione” tra Pechino e Washington.
La Cina “è stata molto più prolissa”, e ha insistito soprattutto sulla questione di Taiwan, mentre sull’Ucraina ha affermato “è importante prendere in considerazione il contesto storico della questione ucraina, risalire all’origine del problema e prendere in considerazione le legittime preoccupazioni di tutte le parti”. Il titolo di apertura del quotidiano è però per l’attacco russo contro un obiettivo ucraino a una ventina di chilometri dal confine della Polonia: un “avvertimento alla Nato”, titola Le Monde, che non uscendo il lunedì non aveva potuto pubblicare la notizia.
“L’America chiede alla Cina di abbandonare Putin”: Le Figaro riassume così, nella sua apertura, il senso del colloquio di ieri a Roma tra il responsabile Esteri del Partito comunista cinese, Yang Jiechi, e il consigliere per la sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan.
“Mentre Pechino vorrebbe mantenere la sua neutralità di facciata, Washington minaccia il regime comunista di ritorsioni se aiuterà Mosca ad aggirare le sanzioni occidentali”, scrive il giornale, che in un editoriale ragiona criticamente sulle posizioni dell’Ue: “Questa crisi causata dalla guerra in Ucraina sta scuotendo l’Unione Europea. Alcuni lo vedranno come un nuovo momento per far avanzare l’integrazione europea, poiché Ursula von der Leyen si arroga il diritto di vietare i media.
Ma un grosso granello di sabbia è destinato a paralizzare questo progetto: la Germania, troppo contenta dell’attuale organizzazione, che le permette di imporre la sua agenda ai partner, senza troppe sfide. Una realtà ben illustrata dagli ultimi provvedimenti contro la Russia, che risparmieranno Berlino e peseranno su Parigi”, si legge sul quotidiano, che vede la linea tedesca imporsi in Europa a scapito degli interessi della Francia.
Nel suo titolo di apertura El Pais coglie un nesso tra l’inasprimento dei bombardamenti russi in Ucraina e l’intensificarsi dell’attività delle diplomazie: “La Russia colpisce le città in piena offensiva diplomatica”. Il giornale evidenzia che “Russia e Ucraina continuano i contatti oggi nel pieno dei combattimenti e dell’esodo della popolazione”, mentre “gli Usa dialogano con Pechino ma avvertono gli alleati di temere che Pechino fornisca aiuti militari a Mosca”.
Le autorità di Kiev “hanno partecipato a questo quarto round di negoziati con l’intenzione di raggiungere un cessate il fuoco, il ritiro immediato delle truppe russe dal loro territorio e garanzie di sicurezza”, ma “tutto questo sembra molto lontano guardando come gli eventi si stanno svolgendo sul fronte di battaglia”, scrive il quotidiano.
In un interessante editoriale, El Pais rileva poi che le sanzioni occidentali dovrebbero “nuocere a Putin senza che questo boicottaggio danneggi anche l’attività di artisti, creatori e atleti al di fuori delle delegazioni ufficiali russe”. Perché “annullare la cultura è di per sé uno sport rischioso, ma rovinare la vita professionale e artistica di chi non ha legami con Putin sarebbe un grave errore”, riflette il giornale, secondo cui “una squisita cura nell’applicazione di queste misure, sia in campo culturale che sportivo, dovrà essere il criterio centrale affinché la condanna dell’aggressione di Putin contro l’Ucraina non condanni all’indigenza la cultura russa fuori dalla Russia”.
Sempre molto concentrata sull’Europa, la Frankfurter Allgemeine Zeitung apre con la notizia che “i Paesi dell’Ue hanno concordato il quarto pacchetto di sanzioni contro la Russia” che “vieta gli investimenti nel settore energetico”.
Il quotidiano evidenzia anche che i colloqui tra Russia e Ucraina, sospesi per “una pausa tecnica”, proseguiranno. Nel suo editoriale, il quotidiano tedesco guarda a oriente e al ruolo della Cina nella crisi ucraina. “Nessuna soluzione da Pechino” dice il titolo del commento, in cui si sottolinea che “Putin resta un utile alleato per Xi Jinping” e che dunque il leader cinese “non abbandonerà il principale bersaglio della coalizione anti russa forgiata da Biden con tanto successo”.
Ciò che conta veramente per i cinesi, secondo la Faz, è continuare a fare affari, e dunque evitare di “essere trascinati nel vortice della politica sanzionatoria” occidentale. Per questo il giornale dubita che Pechino possa fornire aiuti militari a Mosca per l’offensiva in Ucraina, anche se la notizia circolata ieri “è molto difficile da verificare come purtroppo sono sempre le indiscrezioni”. Ma di certo il rischio di sanzioni “sarà attentamente considerato a Pechino.
Per la Cina, che è molto più integrata nell’economia globale rispetto alla Russia, fornitore di materie prime, non si tratta solo di stabilire se l’economia crollerà a breve termine. Il commercio con gli Stati Uniti e l’Europa rimane un fattore chiave per la continua crescita del Paese, nonostante le recenti politiche più nazionaliste”. In rilievo anche i piani che il governo tedesco sta studiano per alleggerire i costi energetici per i cittadini: il ministro delle finanze Christian Lindner ha proposto lunedì uno “sconto di crisi sui carburanti”.
Il colloquio a Roma tra “l’importante diplomatico cinese” Yang Jiechi e il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan, è stato “l’ultimo confronto diplomatico tra Pechino e Washington in un clima di rapporti peggiorati”, scrive il China Daily, secondo cui “il tema chiave” dell’incontro è stata “l’attuazione dell’importante consenso raggiunto dai capi di stato cinese e statunitense al loro vertice virtuale di novembre”.
Ma, “anche la crisi ucraina sarà stata sicuramente uno degli argomenti di discussione”. Il giornale cita poi non meglio specificati “osservatori” secondo i quali “il contatto ad alto livello tra Cina e Stati Uniti li aiuterà sicuramente a evitare incomprensioni ed errori di calcolo.
Tuttavia, l’approccio di Washington di ‘dire una cosa ma farne un’altra’ sulle principali preoccupazioni della Cina e di prendere la Cina come concorrente strategico minerà i legami bilaterali”. Riferimento a Taiwan, “la questione più delicata nelle relazioni Cina-Usa”. In proposito il quotidiano cinese ricorda che “il ministero degli Esteri ha espresso una forte opposizione agli Stati Uniti per l’adozione di un disegno di legge omnibus fiscale, il Consolidated Appropriations Act, 2022, che contiene una disposizione relativa a Taiwan”.
Ciò per Pechino “interferisce gravemente negli affari interni della Cina nel tentativo di impegnarsi in una manipolazione politica utilizzando il cosiddetto problema della mappa di Taiwan per creare ‘due Cine’ o ‘una Cina, una Taiwan’”.
La parola “Ucraina” compare soltanto all’ultimo rigo del pezzo con cui il People’s daily, edizione in inglese dell’organo del Partito comunista cinese, riferisce dell’incontro a Roma tra Yang Jiechi, presidente della commissione Esteri del Comitato Centrale del Pcc, e il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan.
L’Ucraina viene citata tra “gli altri argomenti discussi” assieme ad Afghanistan e al nucleare di Corea del Nord e Iran, e non se ne dice di più. Il colloquio, secondo il giornale, si è invece focalizzato sui rapporti bilaterali Cina-Usa, e le due parti hanno convenuto di “aumentare la comprensione, gestire le differenze, ampliare il consenso e rafforzare la cooperazione, così da porre le condizioni per riportare le relazioni Cina-Usa tornano sul binario di un sano e costante sviluppo”. Ciò premesso, le divergenze non sono mancate sugli argomenti più sensibili per la Cina, a cominciare da Taiwan.
Il quotidiano scrive: “La parte cinese esprime grave preoccupazione e ferma opposizione alle recenti parole e azioni sbagliate della parte statunitense su questioni relative a Taiwan”, e ha avvertito che “qualsiasi tentativo di condonare e sostenere le forze separatiste dell’’indipendenza di Taiwan’, o di giocare la ‘carta Taiwan’ per contenere la Cina sarà inutile”. L’inviato di Pechino ha inoltre ribadito che “le questioni relative allo Xinjiang, al Tibet e a Hong Kong riguardano gli interessi fondamentali della Cina e sono affari interni della Cina che non consentono interferenze straniere”.