Un mese di guerra in Ucraina, un Paese intero sotto le bombe, attacchi indiscriminati contro i civili, milioni di persone in fuga, più di 120 bambini uccisi, quasi mille i morti totali. Ma l’Ucraina resiste, e in alcuni casi contrattacca. Secondo Kiev sono stati uccisi finora 15.600 militari russi, distrutti centinaia di aerei, elicotteri, tank. Un massacro che nessuno, né in Occidente né a Mosca, aveva previsto.
La partita è ancora aperta. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha deciso di vendere cara la pelle. E lo dimostra ogni giorno.
24 febbraio – Alle 4 del mattino le truppe russe invadono l’Ucraina. In contemporanea Putin annuncia che smilitarizzerà il Paese con una “operazione militare speciale”.
25 febbraio – “Forze nemiche di sabotaggio sono entrate a Kiev, ma io resto qui”, annuncia Zelensky.
26 febbraio – Pioggia di missili su Kiev mentre inizia l’esodo degli ucraini verso i Paesi vicini. Zelensky: “Oltre 100.000 invasori sulla nostra terra”. I Paesi europei annunciano l’invio di aiuti militari e l’Occidente potenzia le sanzioni.
27 febbraio – Putin evoca per la prima volta lo spettro nucleare. La battaglia infuria a Kharkiv. La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen annuncia che per la prima volta l’Unione finanzierà la consegna di armi e apre all’Ucraina nell’Unione europea.
28 febbraio – A Gomel, in Bielorussia, partono i negoziati tra le delegazioni di Mosca e Kiev.
1 marzo – Le truppe russe assediano Kherson e bombardano la torre della tv a Kiev. Missili su Kharkiv. Zelensky in video all’Europarlamento: “Siate con noi, Putin uccide i bambini”.
2 marzo – I civili uccisi sono centinaia. Gli sfollati centinaia di migliaia. Kherson è la prima grande città ucraina a cadere sotto il controllo russo.
4 marzo – Le forze russe prendono il controllo della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa. E’ la notte della grande paura quando l’area della centrale viene colpita da missili e si sviluppa un incendio.
5 marzo – Mariupol sotto assedio. Falliscono i corridoi umanitari. I media internazionali abbandonano la Russia.
6 marzo – I rifugiati in Polonia sfiorano il milione. Impossibili le evacuazioni da Mariupol.
7 marzo – Mykolaiv sotto le bombe. La Russia approva una lista di ‘Paesi ostili’, tra i quali l’Italia.
8 marzo – McDonald’s chiude 850 punti vendita in Russia. Coca-Cola ferma le attività. Gli Usa, stop all’import di petrolio e gas russi.
9 marzo – Orrore nel mondo per il bombardamento dell’ospedale pediatrico di Mariupol.
10 marzo – Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e l’omologo ucraino Dmytro Kuleba si incontrano in Turchia, senza alcun esito.
12 marzo – Bombardamenti a Kiev e Mykolaiv. Rapito il sindaco di Melitopol. Mariupol circondata.
13 marzo – Un milione di persone senza gas e riscaldamento in Ucraina. Esplosioni a Leopoli.
14 marzo – Il consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan incontra a Roma il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Yang Jiechi.
16 marzo – Bombardato un teatro di Mariupol convertito in rifugio. Oltre mille persone all’interno.
17 marzo – Il Pentagono: “La Russia ha lanciato più di 1.000 missili sull’Ucraina”.
19 marzo – 190 mila civili evacuati attraverso i corridoi umanitari dall’inizio dell’invasione.
20 marzo – Bombe su Mariupol anche dal mare. Colpita una scuola con almeno 400 sfollati. Kiev accusa: “Donne stuprate e uccise”.
21 marzo – Bombe su un centro commerciale a Kiev, missili su Odessa. Tremila morti a Mariupol, cadaveri insepolti nelle strade.
22 marzo – Zelensky in video al Parlamento italiano chiede nuovi aiuti. Kiev tenta la controffensiva e riprende il controllo di Makariv, a 60 km da Kiev.
23 marzo – Bombardato un ponte a Chernihiv, cruciale per portare aiuti umanitari ed evacuare i civili. I rifugiati sono oltre 3.500.000. I bimbi morti sono 121, secondo Zelensky. Le vittime civili quasi mille, secondo l’Onu.