Palermo ha un luogo epicentrico. Sono i famosi Quattro canti, posti all’incrocio tra via Maqueda, la seicentesca Strada Nuova, e Corso Vittorio Emanuele. Erano il confine del vecchio Cassaro, la città originaria.
Oggi Palermo può essere rappresentata da quattro cantoni, in cui albergano i quattro drammatici principali problemi di questa ex Felicissima Città.
Questo ambito quadrilaterale diventerà il centro del progetto di cambiamento o dell’implosione definitiva del Comune. Sembrano i quattro cavalieri dell’Apocalisse che posso affondare le strade dove vivono i cittadini, ormai flagellati e abituati al peggio. Chiunque diventerà Sindaco verrà messo al centro del gioco dei quattro cantoni. E chi sta al centro in questo gioco solitamente non è il vincitore, ma il fregato di turno. Per questo nessun big della politica cittadina si è proposto. Si attende l’agnello sacrificale da trasformare molto probabilmente nel capro espiatorio. Sarebbe più semplice che il sindaco futuro, chiunque esso sia, si limitasse a fare il playmaker, passando la palla ai veri “Sindaci”, coloro che dovranno affrontare i quattro giganteschi problemi, con una forza di delega e di autonomia eccezionali.
Solo passando da un modello monarchico ad uno consolare, nello stile della Repubblica Romana, si potrebbe reggere il peso del disastro in cui è precipitata la visionaria Camelot di chi finora ha governato. La cifra attuale in cui versa Palermo può essere simboleggiata da una parola. Degrado.
Palermo è una città più delabré che demodé. Una somma di incurie e lordure, sia materiali che di capitale umano. Finora i palermitani hanno sempre votato un re Carnevale. Ma cu è chiù fissa? Carnevale o chi ci va appresso?
Così è se vi pare.