Se ne parlava da anni, nei convegni, nei dibattiti politici, nelle comunicazioni dei movimenti ecologisti. Oggi è arrivato, non ha bussato educatamente alla porta, è arrivato di notte come un ladro, come lo siamo stati noi del nord industrializzato rispetto al Sud del mondo. Il cambiamento lo vediamo nelle bacinelle per fare il bucato che sono rispuntate ad Agrigento e Caltanissetta. Lo vediamo negli agricoltori siciliani che vendono le greggi perché non c’è foraggio, come fanno i loro omologhi tunisini.
Il cambiamento è legato al surriscaldamento, alla siccità che sta alzando il ritmo, alle vendemmie ai primi di agosto, al granchio blu che distrugge il pescato delle lagune al delta del Po. Tutto questo lo vediamo in Sh’hili, il docufilm sul cambiamento climatico nel mediterraneo di Habib Ayeb, geografo sociale di cultura franco-tunisina. Si inizia con il regista sotto un albero secolare di olivo del suo piccolo villaggio natale in Tunisia, ormai secco e sterile. Quell’albero forniva olio per tutto il villaggio, ed ora quell’olio non c’è più, e non può, ai prezzi attuali, essere comprato. Parlano grandi vecchi Tunisini, che non si ricordano a memoria d’uomo tante stagioni secche, con siccità prematura rispetto alle estati. Parlano contadini siciliani, lombardi, francesi, e tutti non riescono più a raccapezzarsi, con ritmi secolari che si sono spezzati, con varietà che scompaiono, con pesci che non ci sono più, con una consapevolezza di un’agricoltura di resistenza e non di resilienza, parola da salotto abusata.
Il documentario girato dal professore/autore tunisino insieme ad una giovane ricercatrice siciliana, Costanza Pizzo, ha un linguaggio semplice ma potente, con una bellissima fotografia, con immagini forti, che ci pongono domande su scelte, stili di vita, politiche. Alberi che seccano, viti senza frutto, terra che si crepa per aridità, bestie senza pascolo. Dalle oasi della Tunisia, fino all’Appennino, fino a Bordeaux, passando per la nostra “secca” e confusa Sicilia. La cosa più impattante è che il Sael non è un mondo lontano, da vedere nei telegiornali mentre siamo sereni nel nostro essere nord, al sicuro rispetto a loro, perché Sh’hili, lo Scirocco, è ormai montante, spira e porta il deserto verso di noi. Questo film dovrebbe essere visionato nelle scuole, nei consigli comunali, nel Parlamento regionale. Ma ovviamente non si farà, perché la paura di perdere il consenso è talmente spaventosa che gli struzzi devono tenere la testa sotto la sabbia.
Così è se vi pare.