Riflessioni circolari

Il mondo “invisibile” dei rifiuti speciali

di Chicco Testa

Si discute spesso in Italia di rifiuti urbani, prodotti dai cittadini, poco degli altri rifiuti, quelli prodotti dalle attività economiche, i cosiddetti rifiuti “speciali”. Un mondo un po’ nascosto, che vive nell’ombra e che arriva sulle cronache solo quando prende fuoco uno stoccaggio o si scopre qualche traffico illecito.

In realtà i rifiuti speciali sono una realtà importante, economica ed ambientale, del nostro Paese. Prima di tutto per le quantità in gioco: 154 milioni di tonnellate l’anno, contro i “solo” 30 milioni dei rifiuti urbani (dati 2018), 5 volte tanto. Una produzione in crescita del 7,3% fra il 2018 e il 2019, dato importante considerato che il PIL in quell’anno è cresciuto di qualche decimale. Il disaccoppiamento fra crescita economica e produzione di rifiuti può attendere.

Il mondo dei rifiuti speciali, a differenza dei rifiuti urbani, è fatto di tante cose diverse. Prima di tutto solo una piccola parte è costituita da rifiuti “pericolosi” (circa 10 milioni di tonnellate), rifiuti che hanno bisogno di particolari trattamenti e che turbano l’immaginario collettivo. Tutto il resto è fatto da rifiuti “non pericolosi”, che non pongono particolari problemi di sicurezza, ma che sono tanti.

Dentro il mondo dei rifiuti speciali solo una piccola parte sono i veri e propri “rifiuti industriali”, ovvero prodotti direttamente dalle attività manifatturiere e artigianali. In tutto 29 milioni di tonnellate, come la produzione di rifiuti urbani.

La fetta più importante di rifiuti speciali è invece costituita da rifiuti da costruzione e demolizione, i cosiddetti “rifiuti inerti”, oltre 70 milioni di tonnellate, circa il 45 % del totale. E’ un mondo a sé, fatto di rifiuti destinati a trattamenti semplici e di solito molto vicini ai luoghi di produzione.

Il secondo gruppo di rifiuti per importanza è rappresentato dai “rifiuti da rifiuto”, da quei rifiuti prodotti da impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti e non da attività produttive. Sono pari ad un quarto dei rifiuti speciali, circa 39 milioni di tonnellate, di cui 11,6 tonnellate derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani. L’Italia è il Paese europeo con il più alto quantitativo di questo tipo di rifiuti, segno di una fitta rete di impianti intermedi cui le imprese conferiscono i propri rifiuti, ma che non rappresentano lo smaltimento finale.

Il dato più importante riguarda la gestione dei rifiuti speciali: ormai il 70% è destinato a recupero e riciclo di materia. Limitato l’uso dell’incenerimento (meno del 2%) e della discarica (7%). Esportiamo circa 4 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, segno di una mancanza di impianti. In aumento, preoccupante, stoccaggi e depositi preliminari al recupero.

Un settore virtuoso, l’Italia si conferma distretto europeo del riciclo, ma con alcune criticità che devono essere affrontare. Ne parleremo al nostro convegno del 10 settembre a Milano.