Il mondo “invisibile” dei rifiuti speciali - QdS

Il mondo “invisibile” dei rifiuti speciali

redazione

Il mondo “invisibile” dei rifiuti speciali

martedì 07 Settembre 2021

Si parla poco degli "altri" rifiuti, quelli prodotti dalle attività economiche, i cosiddetti rifiuti “speciali”

di Chicco Testa

Si discute spesso in Italia di rifiuti urbani, prodotti dai cittadini, poco degli altri rifiuti, quelli prodotti dalle attività economiche, i cosiddetti rifiuti “speciali”. Un mondo un po’ nascosto, che vive nell’ombra e che arriva sulle cronache solo quando prende fuoco uno stoccaggio o si scopre qualche traffico illecito.

In realtà i rifiuti speciali sono una realtà importante, economica ed ambientale, del nostro Paese. Prima di tutto per le quantità in gioco: 154 milioni di tonnellate l’anno, contro i “solo” 30 milioni dei rifiuti urbani (dati 2018), 5 volte tanto. Una produzione in crescita del 7,3% fra il 2018 e il 2019, dato importante considerato che il PIL in quell’anno è cresciuto di qualche decimale. Il disaccoppiamento fra crescita economica e produzione di rifiuti può attendere.

Il mondo dei rifiuti speciali, a differenza dei rifiuti urbani, è fatto di tante cose diverse. Prima di tutto solo una piccola parte è costituita da rifiuti “pericolosi” (circa 10 milioni di tonnellate), rifiuti che hanno bisogno di particolari trattamenti e che turbano l’immaginario collettivo. Tutto il resto è fatto da rifiuti “non pericolosi”, che non pongono particolari problemi di sicurezza, ma che sono tanti.

Dentro il mondo dei rifiuti speciali solo una piccola parte sono i veri e propri “rifiuti industriali”, ovvero prodotti direttamente dalle attività manifatturiere e artigianali. In tutto 29 milioni di tonnellate, come la produzione di rifiuti urbani.

La fetta più importante di rifiuti speciali è invece costituita da rifiuti da costruzione e demolizione, i cosiddetti “rifiuti inerti”, oltre 70 milioni di tonnellate, circa il 45 % del totale. E’ un mondo a sé, fatto di rifiuti destinati a trattamenti semplici e di solito molto vicini ai luoghi di produzione.

Il secondo gruppo di rifiuti per importanza è rappresentato dai “rifiuti da rifiuto”, da quei rifiuti prodotti da impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti e non da attività produttive. Sono pari ad un quarto dei rifiuti speciali, circa 39 milioni di tonnellate, di cui 11,6 tonnellate derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani. L’Italia è il Paese europeo con il più alto quantitativo di questo tipo di rifiuti, segno di una fitta rete di impianti intermedi cui le imprese conferiscono i propri rifiuti, ma che non rappresentano lo smaltimento finale.

Il dato più importante riguarda la gestione dei rifiuti speciali: ormai il 70% è destinato a recupero e riciclo di materia. Limitato l’uso dell’incenerimento (meno del 2%) e della discarica (7%). Esportiamo circa 4 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, segno di una mancanza di impianti. In aumento, preoccupante, stoccaggi e depositi preliminari al recupero.

Un settore virtuoso, l’Italia si conferma distretto europeo del riciclo, ma con alcune criticità che devono essere affrontare. Ne parleremo al nostro convegno del 10 settembre a Milano.

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