Società

Il Monsignore a Mattarella, “ridia la dignità alla Comunità di Maniace, l’ultimo feudo d’Europa”

La prima volta, nel 1992, aveva inviato una lettera all’allora ministro dell’Interno Vincenzo Scotti per chiedere che la sua Maniace, Comune autonomo dal 1981, avesse finalmente un presidio dei Carabinieri. E lo aveva ottenuto.

A distanza di quasi un ventennio monsignor Nunzio Galati, 81 anni, da oltre mezzo secolo parroco della Comunità di contadini e pastori sorta attorno al Castello appartenuto a Orazio Nelson, ha deciso di scrivere addirittura al Capo dello Stato. Per difendere ancora una volta “la dignità” del suo amatissimo paese, poco più di tremilacinquecento abitanti, e soprattutto dei suoi giovani, dopo la diffusione della relazione che ha portato allo scioglimento del Comune.

Monsignor Nunzio Galati, parroco di Maniace

Una difesa di Maniace, senza polemiche

Un’opera che il Parroco intende compiere, “senza alcuna polemica”, come ha detto venerdì scorso incontrando in Municipio i commissari prefettizi Caterina Minutoli e Alfio Pulvirenti (mancava Enrico Galeani) consegnando loro un memoriale che, partendo da una premessa storica, parla dell’assedio mafioso degli anni Novanta, della resistenza dei Maniacesi, e degli anni sereni che seguirono. Ma anche del ruolo della Parrocchia come “supplente nel vuoto dell’opposizione consiliare”. Fino alla nuova mazzata: lo scioglimento del Comune.

Monsignor Galati ha chiesto inoltre ai Commissari un incontro con il prefetto di Catania Claudio Sammartino: “Conosco la sua serietà e il suo equilibrio, e vorrei ricordargli la storia di Maniace, parlandogli delle ripercussioni negative di queste vicende in termini soprattutto di identità, per la nostra Comunità, anche ecclesiale”.

Una figura mitica per i maniacesi

Galati è una figura mitica per i maniacesi. Incapace di alzare la voce, di parlare con concitazione, riesce però a inchiodare persino i più aggressivi interlocutori con i suoi acuti ragionamenti e la sua profonda umanità.

Queste armi ne fecero un protagonista assoluto delle lotte per l’Autonomia comunale di Maniace negli anni Sessanta e Settanta, quando il paesino era l’ultimo centro abitato in cui sopravvivesse, in Europa, il sistema feudale. Un’epopea richiamata anche in due volumi scritti dal sacerdote nel 1989 e nel 2006. Il primo dal titolo “Maniace: l’ex ducea di Nelson” e il secondo, con nuovi documenti, anch’esso dedicato al Castello al centro del vasto feudo dei duchi di Bronte e all’Abbazia sviluppatasi attorno alla chiesetta di Santa Maria fondata al tempo del condottiero bizantino Giorgio Maniace.

Un giovanissimo don Nunzio (a sinistra) accompagnato dall’arcivescovo di Catania Bentivoglio per il suo insediamento come parroco di Maniace, nel 1967

Un triste e anacronistico avanzo feudale

In quest’angolo d’Inghilterra tra l’Etna e i Nebrodi, “in questo triste e anacronistico avanzo feudale” come lo definì don Nunzio, contadini e pastori si sentivano dei paria, dei servi della gleba. Maniace non aveva allora le tre grandi chiese che possiede oggi e don Nunzio prese a riunire nel piccolo tempio del Castello chi chiedeva l’autonomia da Bronte, distante sedici lunghissimi chilometri.

I sindaci dall’Autonomia a oggi

Tra loro, Franco Parasiliti Paracello, che sarebbe diventato il primo sindaco del paesino, riconfermato per il secondo mandato e poi rieletto ancora nel 1996. Al suo posto, prima nel 1989 e poi nel 1992, sarebbe stato eletto Emilio Conti, poi arrestato – e prosciolto – per una presunta truffa alla Cee. Conti fu costretto a dimettersi – ma sarebbe stato rieletto nel 2000 – e al suo posto divenne primo cittadino Carmelo Lupica Rinato.

Cantali rimosso dall’incarico

Altri sindaci sono stati, Salvatore Pinzone Vecchio, anche lui per tre mandati, e, dal primo giugno del 2015, Antonino Cantali. Quest’ultimo è stato rimosso però dall’incarico con il Decreto del Presidente della Repubblica del 16 maggio di quest’anno a seguito di una relazione della Prefettura che non è piaciuta a molti, a cominciare da Cantali che ha proposto un ricorso (vedi box).

Dalla popolazione rispetto per il provvedimento

Proprio la relazione è al centro della lettera di monsignor Galati al presidente Sergio Mattarella, ma vi si sottolinea subito che “la popolazione ha accettato il provvedimento con il dovuto rispetto ritenendolo persino provvidenziale qualora dovesse davvero giovare a rimettere la gestione della cosa pubblica sui binari normativi e a insegnare ai cittadini a crescere sempre più nella cultura della legalità”.

Da quando, però, con la pubblicazione del decreto, nel luglio scorso, sono stati resi noti i contenuti di parte della relazione della Commissione d’indagine, il parroco di Maniace vi ha individuato, come scrive nella missiva, “gravi, immeritati e diffamatori giudizi sull’intera Collettività”.

Una delle ultime feste celebrate a Maniace davanti la chiesa

I giudizi un “marchio discriminante”

Per monsignor Galati questi giudizi la Comunità li sta vivendo “sulla propria pelle come marchio discriminante e stigma sociale”, consapevole che “potrebbero pregiudicarne il progresso culturale, sociale, economico”.

“Una pesante ipoteca sul suo futuro – scrive il Parroco nella lettera -, come bene ha scritto un giovane maniacese su Facebook. La nostra Comunità, insomma, ne esce azzerata e ai più anziani sembra di essere tornati a quando essa era considerata una popolazione di paria, disprezzata e condannata all’abbandono e all’emarginazione”.

La mafia e la reazione della Comunità

“Alla fine degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta – ci ha dichiarato don Nunzio – la cronaca si è occupata spesso di Maniace. Prima, negli anni Sessanta, per le condizioni terribili in cui versava una Comunità che pareva fatta di servi della gleba, poi per la presa di coscienza dei Maniacesi e per le vicende legate all’Autonomia comunale, e successivamente per un’ampia guerra di mafia che allora attanagliava la provincia di Catania, sfociata in omicidi che coinvolsero anche alcune famiglie maniacesi”.

Alcuni titoli di vecchi articoli dedicati a Maniace

“Ma la Comunità – ha sottolineato il Parroco – seppe reagire e da tempo la situazione è tranquilla: il popolo vive di quel lavoro che lo ha condotto a un riscatto morale e sociale, come dimostrano le manifestazioni di aperta condanna della mafia. Per questo ho deciso di raccontare al Presidente Mattarella come i nostri giovani vivono un profondo disagio per la bruciante umiliazione seguita alla lettura del Decreto. Ritengono che immeritato fango sia stato versato a piene mani sulla Collettività alla quale si sentono di appartenere, amandola”.

Don Nunzio con uno dei gruppi di giovani impegnati nelle attività parrocchiali

La Relazione e il fango sulla Collettività

Nella lettera vengono riportati alcuni passi degli stralci della relazione resi noti. Si parla di “territorio problematico e inquinato”, di un tessuto sociale che mette “soggezione ai suoi membri di appartenenza”, con “la presenza pervasiva di gruppi criminali riconducibili ad agguerrite consorterie mafiose”, con un “significativo intreccio tra il contesto criminale… e la vita pubblica locale”, cosicché “parentele… e affari… anche di natura illecita, diventano un tutt’uno”.  Insomma, un “humus ideale per la diffusione di una cultura contraria al rispetto dei principi fondanti, anche costituzionali, della legalità generalmente intesa… e del buon andamento dell’Amministrazione”.

Il Vangelo contro la mafia

“Secondo gli autori della relazione, insomma – ha spiegato monsignor Galati -, la, ancora presunta, ‘mala gestio’ dell’Amministrazione, sarebbe figlia naturale di una Comunità inquinata e corresponsabile. Ecco perché ho scritto al Presidente Mattarella per cercare di raccontare quella società civile maniacese che è al contempo Comunità ecclesiale. Con un parroco, due viceparroci, due diaconi, due seminaristi, senza contare gli altri presbiteri che qui hanno voluto trascorrere il loro anno sabbatico. Nessuno di loro ha mai percepito l’ammorbante alito mafioso che permeava il paese. Così come non l’ha sentito quel migliaio di giovani maniacesi che, da un ventennio, prima della maggiore età, affrontano un percorso biennale confrontandosi con quanto di più lontano dalla mafia esista: il Vangelo”.

Un popolo che si costruì un acquedotto

Nella lettera don Nunzio rileva come la Commissione d’indagine non abbia fatto cenno a “quel centinaio di donne dalle mani incallite che non chiedono certamente alla mafia il pane” ma si alzano ogni giorno alle quattro del mattino per raggiungere i magazzini ortofrutticoli della provincia. Parla delle “centinaia di uomini, donne, giovani” richiestissimi come lavoratori stagionali.

Parla di un popolo umile e silenzioso capace di epiche imprese, come la costruzione, nel 1968, di un intero acquedotto con le proprie forze. Un popolo che, grazie anche al lavoro degli amministratori locali, dopo l’Autonomia comunale, ha saputo far fiorire un territorio descritto, negli anni Sessanta e Settanta, come un luogo “tra la savana e il deserto”.

Giovani studiosi, ma i cervelli fuggono via

Don Nunzio, nella lettera, ha descritto con legittimo orgoglio il suo paese “che non registra dispersione scolastica e ha una media dei centisti superiore a quella dei Comuni vicini, anche se la Comunità sperava nei giovani usciti dalle Università” per un ricambio della classe dirigente. E non è stato così.

Il territorio di Maniace è ricco di luoghi di grande bellezza naturalistica

“Più di cento ragazzi maniacesi, si sono laureati in questi anni – ha sottolineato monsignor Galati -, ma purtroppo nessuno di loro è rimasto. Eppure i nostri ricchi patrimoni culturali e ambientali, le risorse agro-pastorali-alimentari che avrebbero potuto frenare l’emigrazione, per cronico torpore, anche delle Istituzioni, non sono state, finora, messe a sistema e valorizzate come meriterebbero”.

La visita di Piersanti Mattarella a Maniace

Don Nunzio si concede infine, nella lettera al Capo dello Stato, di rievocare “l’improvvisa, spontanea visita” – nel settembre del 1978, quand’era “l’ultimo derelitto lembo di terra e di popolazione della provincia di Catania” – del neoeletto presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella.

“La Comunità si vide – scrive monsignor Galati – fatta oggetto delle sue particolari e commoventi attenzioni e premure. Il Presidente contribuì a dare dignità a quel rurale, emarginato ma umile, laborioso e onesto popolo di contadini e di pastori”.

Anche in forza di questo ricordo il parroco di Maniace ha chiesto a Sergio Mattarella di intervenire per restituire alle genti del territorio proprio quella dignità che sentono umiliata, perduta.

Il ricorso dell’ex sindaco Cantali, il Tar dispone il deposito dei documenti

Lo stato dell’arte della vicenda davanti alla Giustizia amministrativa del Lazio

Il decreto provvisorio di scioglimento del Comune per presunti condizionamenti della vita amministrativa da parte delle organizzazioni criminali locali, fu notificato al sindaco Antonino Cantali in pieno lockdown, il venti maggio scorso.

Con lo stesso provvedimento furono incaricati quali commissari del Comune i viceprefetti Enrico Galeani e Caterina Minutoli e il funzionario Alfio Pulvirenti.

L’Amministrazione comunale sciolta, con in testa l’ex sindaco Cantali, aveva presentato un ricorso al Tar del Lazio che, l’otto ottobre scorso, ha ingiunto al Ministero dell’Interno di consegnare entro tre mesi al Tribunale amministrativo tutti gli atti che hanno condotto allo scioglimento.

La prima sezione del Tar ha inoltre aggiornato al 12 maggio 2021 la trattazione di merito del ricorso.

I magistrati amministrativi, “rilevato che gli atti istruttori sulla base dei quali è stato emanato il provvedimento impugnato, costituiscono provvedimenti la cui conoscenza in forma integrale è necessaria ai fini del decidere”, ha ritenuto di “ordinare all’amministrazione il deposito di tutti gli atti e documenti, non ancora depositati …, in particolare: la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 15 maggio 2020; la Proposta preliminare formulata dal Ministero dell’Interno e la correlata relazione istruttoria del 28 aprile 2020; il Decreto del Ministro dell’Interno in data 18 ottobre 2019, contenente la delega all’accesso ispettivo presso il Comune di Maniace; il Decreto del Prefetto della Provincia di Catania del 22 ottobre 2019 di nomina della Commissione di indagine; la relazione della Commissione di indagine del 22 gennaio 2020; il verbale di audizione dei dirigenti del Comune di Maniace e del segretario comunale”.

Il Tar ha precisato che tutti i documenti andranno depositati “in versione integrale e privi di omissis, e che gli stessi, essendo classificati come ‘riservati’, saranno sottoposti a tutte le cautele previste dalla legge”.