Il Monsignore a Mattarella, “ridia la dignità alla Comunità di Maniace, l’ultimo feudo d’Europa” - QdS

Il Monsignore a Mattarella, “ridia la dignità alla Comunità di Maniace, l’ultimo feudo d’Europa”

Giuseppe Lazzaro Danzuso

Il Monsignore a Mattarella, “ridia la dignità alla Comunità di Maniace, l’ultimo feudo d’Europa”

lunedì 19 Ottobre 2020

“Senza alcuna polemica” l’appello lanciato con una lettera al Capo dello Stato da don Nunzio Galati, da più di mezzo secolo parroco del paesino della Ducea di Nelson, tra l’Etna e i Nebrodi, in cui il feudalesimo finì nel 1981, con l’autonomia comunale. Secondo il sacerdote, la popolazione viene bollata come mafiosa dalla relazione che nel maggio scorso ha portato allo scioglimento dell’Amministrazione. E questo la collettività, e soprattutto i suoi giovani, lo stanno vivendo “come un marchio, come quando eravamo paria, servi della gleba”. La richiesta di un incontro al prefetto Sammartino: “Conosco la sua serietà e il suo equilibrio”

La prima volta, nel 1992, aveva inviato una lettera all’allora ministro dell’Interno Vincenzo Scotti per chiedere che la sua Maniace, Comune autonomo dal 1981, avesse finalmente un presidio dei Carabinieri. E lo aveva ottenuto.

A distanza di quasi un ventennio monsignor Nunzio Galati, 81 anni, da oltre mezzo secolo parroco della Comunità di contadini e pastori sorta attorno al Castello appartenuto a Orazio Nelson, ha deciso di scrivere addirittura al Capo dello Stato. Per difendere ancora una volta “la dignità” del suo amatissimo paese, poco più di tremilacinquecento abitanti, e soprattutto dei suoi giovani, dopo la diffusione della relazione che ha portato allo scioglimento del Comune.

Monsignor Nunzio Galati, parroco di Maniace

Una difesa di Maniace, senza polemiche

Un’opera che il Parroco intende compiere, “senza alcuna polemica”, come ha detto venerdì scorso incontrando in Municipio i commissari prefettizi Caterina Minutoli e Alfio Pulvirenti (mancava Enrico Galeani) consegnando loro un memoriale che, partendo da una premessa storica, parla dell’assedio mafioso degli anni Novanta, della resistenza dei Maniacesi, e degli anni sereni che seguirono. Ma anche del ruolo della Parrocchia come “supplente nel vuoto dell’opposizione consiliare”. Fino alla nuova mazzata: lo scioglimento del Comune.

Monsignor
Galati ha chiesto inoltre ai Commissari un
incontro con il prefetto di Catania Claudio Sammartino
: “Conosco la sua serietà e il suo equilibrio, e vorrei ricordargli la storia di Maniace, parlandogli delle ripercussioni negative di queste vicende in termini soprattutto di identità, per la nostra Comunità, anche
ecclesiale”.

Una figura mitica per i maniacesi

Galati
è una figura mitica per i maniacesi. Incapace di alzare la voce, di parlare con
concitazione, riesce però a inchiodare persino i più aggressivi interlocutori
con i suoi acuti ragionamenti e la
sua profonda umanità.

Queste armi ne fecero un protagonista assoluto delle lotte per l’Autonomia comunale di Maniace negli anni Sessanta e Settanta, quando il paesino era l’ultimo centro abitato in cui sopravvivesse, in Europa, il sistema feudale. Un’epopea richiamata anche in due volumi scritti dal sacerdote nel 1989 e nel 2006. Il primo dal titolo “Maniace: l’ex ducea di Nelson” e il secondo, con nuovi documenti, anch’esso dedicato al Castello al centro del vasto feudo dei duchi di Bronte e all’Abbazia sviluppatasi attorno alla chiesetta di Santa Maria fondata al tempo del condottiero bizantino Giorgio Maniace.

Un giovanissimo don Nunzio (a sinistra) accompagnato dall’arcivescovo di Catania Bentivoglio per il suo insediamento come parroco di Maniace, nel 1967

Un triste e anacronistico avanzo feudale

In
quest’angolo d’Inghilterra tra l’Etna e
i Nebrodi
, “in questo triste e anacronistico avanzo feudale” come lo definì
don Nunzio, contadini e pastori si
sentivano dei paria, dei servi della gleba
. Maniace non aveva allora le tre
grandi chiese che possiede oggi e don Nunzio prese a riunire nel piccolo tempio del Castello chi chiedeva l’autonomia da
Bronte, distante sedici lunghissimi chilometri.

I sindaci dall’Autonomia a oggi

Tra
loro, Franco Parasiliti Paracello,
che sarebbe diventato il primo sindaco del paesino, riconfermato per il secondo
mandato e poi rieletto ancora nel 1996. Al suo posto, prima nel 1989 e poi nel
1992, sarebbe stato eletto Emilio Conti,
poi arrestato – e prosciolto – per una
presunta truffa alla Cee
. Conti fu costretto a dimettersi – ma sarebbe stato rieletto
nel 2000
– e al suo posto divenne primo cittadino Carmelo Lupica Rinato.

Cantali rimosso dall’incarico

Altri
sindaci sono stati, Salvatore Pinzone
Vecchio
, anche lui per tre mandati, e, dal primo giugno del 2015, Antonino Cantali. Quest’ultimo è stato rimosso però dall’incarico con il Decreto del Presidente della Repubblica del
16 maggio di quest’anno
a seguito di una relazione della Prefettura che non
è piaciuta a molti, a cominciare da Cantali che ha proposto un ricorso (vedi box).

Dalla popolazione rispetto per il provvedimento

Proprio
la relazione è al centro della lettera di monsignor Galati al presidente Sergio Mattarella, ma vi si
sottolinea subito che “la popolazione ha
accettato il provvedimento con il dovuto rispetto
ritenendolo persino provvidenziale qualora dovesse davvero
giovare a rimettere la gestione della
cosa pubblica sui binari normativi
e a insegnare
ai cittadini
a crescere sempre più nella cultura della legalità”.

Da quando, però, con la pubblicazione del decreto, nel luglio scorso, sono stati resi noti i contenuti di parte della relazione della Commissione d’indagine, il parroco di Maniace vi ha individuato, come scrive nella missiva, “gravi, immeritati e diffamatori giudizi sull’intera Collettività”.

Una delle ultime feste celebrate a Maniace davanti la chiesa

I giudizi un “marchio discriminante”

Per
monsignor Galati questi giudizi la Comunità li sta vivendo “sulla propria pelle come marchio discriminante e stigma sociale”,
consapevole che “potrebbero
pregiudicarne il progresso culturale, sociale, economico”.

“Una
pesante ipoteca sul suo futuro – scrive il Parroco nella
lettera -, come bene ha scritto un giovane maniacese su Facebook. La nostra Comunità, insomma, ne esce azzerata e ai più anziani sembra di essere tornati
a quando
essa era considerata una
popolazione di paria
, disprezzata e condannata
all’abbandono e all’emarginazione
”.

La mafia e la reazione della Comunità

“Alla fine degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta – ci ha dichiarato don Nunzio – la cronaca si è occupata spesso di Maniace. Prima, negli anni Sessanta, per le condizioni terribili in cui versava una Comunità che pareva fatta di servi della gleba, poi per la presa di coscienza dei Maniacesi e per le vicende legate all’Autonomia comunale, e successivamente per un’ampia guerra di mafia che allora attanagliava la provincia di Catania, sfociata in omicidi che coinvolsero anche alcune famiglie maniacesi”.

Alcuni titoli di vecchi articoli dedicati a Maniace

“Ma la Comunità – ha sottolineato il Parroco – seppe reagire e da tempo la situazione è tranquilla: il popolo vive di quel lavoro che lo ha condotto a un riscatto morale e sociale, come dimostrano le manifestazioni di aperta condanna della mafia. Per questo ho deciso di raccontare al Presidente Mattarella come i nostri giovani vivono un profondo disagio per la bruciante umiliazione seguita alla lettura del Decreto. Ritengono che immeritato fango sia stato versato a piene mani sulla Collettività alla quale si sentono di appartenere, amandola”.

Don Nunzio con uno dei gruppi di giovani impegnati nelle attività parrocchiali

La Relazione e il fango sulla Collettività

Nella
lettera vengono riportati alcuni passi degli stralci della relazione resi noti.
Si parla di “territorio problematico e
inquinato”
, di un tessuto sociale che mette
“soggezione ai suoi membri di appartenenza”
, con “la presenza pervasiva di gruppi criminali riconducibili ad agguerrite
consorterie mafiose”, con un “significativo
intreccio tra il contesto criminale… e la vita pubblica locale”
, cosicché “parentele… e affari… anche di natura
illecita, diventano un tutt’uno”

Insomma, un “humus ideale per
la diffusione di una cultura contraria
al rispetto dei principi fondanti, anche costituzionali, della legalità

generalmente intesa… e del buon
andamento dell’Amministrazione
”.

Il Vangelo contro la mafia

“Secondo
gli autori della relazione, insomma –
ha spiegato monsignor Galati -, la, ancora presunta, ‘mala gestio’
dell’Amministrazione, sarebbe figlia
naturale di una Comunità inquinata e corresponsabile
. Ecco perché ho
scritto al Presidente Mattarella per
cercare di raccontare quella società
civile maniacese che è al contempo Comunità ecclesiale
. Con un parroco, due viceparroci, due diaconi,
due seminaristi, senza contare gli
altri presbiteri che qui hanno
voluto trascorrere il loro anno
sabbatico
. Nessuno di loro ha mai
percepito l’ammorbante alito mafioso
che permeava il paese. Così come non
l’ha sentito quel migliaio di giovani maniacesi
che, da un ventennio, prima della maggiore età, affrontano un percorso biennale
confrontandosi con quanto di più lontano
dalla mafia esista: il Vangelo
”.

Un popolo che si costruì un acquedotto

Nella
lettera don Nunzio rileva come la Commissione
d’indagine
non abbia fatto cenno a “quel centinaio di donne dalle mani incallite che non chiedono certamente alla mafia
il pane” ma si alzano ogni giorno alle
quattro del mattino
per raggiungere i magazzini ortofrutticoli della
provincia. Parla delle “centinaia di
uomini, donne, giovani
” richiestissimi come lavoratori stagionali.

Parla di un popolo umile e silenzioso capace di epiche imprese,
come la costruzione, nel 1968, di un intero acquedotto con le proprie forze. Un popolo che, grazie anche al lavoro degli amministratori locali, dopo l’Autonomia comunale, ha saputo far
fiorire
un territorio descritto,
negli anni Sessanta e Settanta, come un
luogo “tra la savana e il deserto”.

Giovani studiosi, ma i cervelli fuggono via

Don Nunzio, nella lettera, ha descritto con legittimo orgoglio il suo paese “che non registra dispersione scolastica e ha una media dei centisti superiore a quella dei Comuni vicini, anche se la Comunità sperava nei giovani usciti dalle Università” per un ricambio della classe dirigente. E non è stato così.

Il territorio di Maniace è ricco di luoghi di grande bellezza naturalistica

“Più
di cento ragazzi maniacesi, si sono laureati in questi anni – ha
sottolineato monsignor Galati -, ma purtroppo nessuno di loro è rimasto. Eppure i nostri ricchi patrimoni culturali e ambientali, le risorse agro-pastorali-alimentari che avrebbero
potuto frenare l’emigrazione, per cronico torpore, anche delle Istituzioni, non sono state, finora, messe a sistema e valorizzate come
meriterebbero”.

La visita di Piersanti Mattarella a Maniace

Don
Nunzio si concede infine, nella lettera al Capo
dello Stato
, di rievocare “l’improvvisa,
spontanea visita”
– nel settembre del 1978,
quand’era “l’ultimo derelitto lembo di terra e di popolazione della provincia
di Catania” – del neoeletto presidente della
Regione Siciliana, Piersanti Mattarella.

“La
Comunità si vide – scrive monsignor
Galati – fatta oggetto delle sue
particolari e commoventi attenzioni e premure
. Il Presidente contribuì a dare dignità a quel rurale, emarginato ma
umile, laborioso e onesto popolo di contadini e di pastori
”.

Anche
in forza di questo ricordo il parroco di Maniace ha chiesto a Sergio Mattarella di intervenire per restituire alle genti del territorio proprio
quella dignità che sentono umiliata,
perduta
.

Il
ricorso dell’ex sindaco Cantali, il Tar dispone il deposito dei documenti

Lo stato dell’arte
della vicenda davanti alla Giustizia amministrativa del Lazio

Il decreto provvisorio di scioglimento del Comune per
presunti condizionamenti della vita amministrativa da parte delle
organizzazioni criminali locali, fu notificato al sindaco Antonino Cantali in
pieno lockdown, il venti maggio scorso.

Con lo stesso provvedimento furono incaricati quali
commissari del Comune i viceprefetti Enrico Galeani e Caterina Minutoli e il
funzionario Alfio Pulvirenti.

L’Amministrazione comunale sciolta, con in testa l’ex
sindaco Cantali, aveva presentato un ricorso al Tar del Lazio che, l’otto
ottobre scorso, ha ingiunto al Ministero dell’Interno di consegnare entro tre
mesi al Tribunale amministrativo tutti gli atti che hanno condotto allo
scioglimento.

La prima sezione del Tar ha inoltre aggiornato al 12
maggio 2021 la trattazione di merito del ricorso.

I magistrati amministrativi, “rilevato che gli atti
istruttori sulla base dei quali è stato emanato il provvedimento impugnato,
costituiscono provvedimenti la cui conoscenza in forma integrale è necessaria
ai fini del decidere”, ha ritenuto di “ordinare all’amministrazione il deposito
di tutti gli atti e documenti, non ancora depositati …, in particolare: la
deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 15 maggio
2020; la Proposta preliminare formulata dal Ministero dell’Interno e la
correlata relazione istruttoria del 28 aprile 2020; il Decreto del Ministro
dell’Interno in data 18 ottobre 2019, contenente la delega all’accesso
ispettivo presso il Comune di Maniace; il Decreto del Prefetto della Provincia
di Catania del 22 ottobre 2019 di nomina della Commissione di indagine; la
relazione della Commissione di indagine del 22 gennaio 2020; il verbale di
audizione dei dirigenti del Comune di Maniace e del segretario comunale”.

Il Tar ha precisato che tutti i documenti andranno
depositati “in versione integrale e privi di omissis, e che gli stessi, essendo
classificati come ‘riservati’, saranno sottoposti a tutte le cautele previste
dalla legge”.

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