Ci piacerebbe poter scrivere che la nostra Isola primeggi in un particolare settore, che stia risalendo la china in qualche classifica di taglio socio-economico, che il tanto paventato cambio di rotta sia stato compiuto o quanto meno sia in atto. La nostra Bibbia però sono i numeri e questi continuano a relegare la Sicilia – e con essa l’intero Mezzogiorno – a fanalino di coda della Penisola (e non solo).
Prendiamo ad esempio uno tra i principali indici economici: il prodotto interno lordo. Tra il 2019 e il 2020, secondo gli ultimi dati Istat disponibili, il Pil Sicilia è passato da 85,5 a 78,5 miliardi, registrando una contrazione dell’8,2%. La Sicilia, però, attesta sempre l’Istat, dal 2000 al 2020 ha perso il 16,8% del suo Pil, contro il -5,2% registrato a livello nazionale. Un calo, questo, certamente non imputabile interamente all’emergenza pandemica.
Guardando poi alle statistiche Eurostat sull’occupazione nel 2021, i numeri che vengono fuori sono drammatici perché fotografano l’ennesimo record negativo per la Sicilia, rapportato per altro non su scala nazionale bensì su proporzioni ben più ampie: l’Isola, infatti, registra un tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni del 41,1%… CONTINUA LA LETTURA. QUESTO CONTENUTO È RISERVATO AGLI ABBONATI