Giustizia

Cambiamenti continui di giudice e diritto al giusto processo: l’UCPI delibera astensione dei penalisti

L’Unione delle Camere Penali Italiane (UCPI) ha indetto l’astensione degli avvocati penalisti nei giorni 27 e 28 giugno 2022 in tutta Italia (tranne nei circondari di Benevento e Napoli Nord). L’obiettivo è chiedere un intervento legislativo immediato e volto alla “salvaguardia della concreta attuazione dei principi cardine del giusto processo”.

Pochi giorni dopo il “flop” del referendum, che ha visto andare alle urne solo il 20,9% degli aventi diritto, si continua a parlare di giustizia. E si fa proprio in giorni decisivi per la Riforma Cartabia sul Csm, che segue quelle su processo civile e penale. Quest’ultima prevede, tra le altre cose, un nuovo sistema di voto per l’elezione dei membri togati del Csm, una nuova articolazione dei collegi elettorali e un primo passo verso la separazione delle funzioni dei magistrati – requirente e giudicante – con la possibilità di un solo passaggio da una funzione all’altra nel corso della carriera (nel quesito del referendum del 12 giugno, invece, i passaggi venivano azzerati. Questo, secondo il fronte del “sì”, per garantire l’imparzialità del giudicante ed evitare presunti “conflitti d’interesse”).

Astensione dei penalisti per salvare il “giusto processo”: i perché

In questo momento così delicato per la giustizia italiana, l’UCPI denuncia un fatto ormai consueto in sede di giudizio: la “compromissione del diritto dell’imputato a essere giudicato dal medesimo giudice che ha raccolto la prova in dibattimento”. Il problema emergerebbe in caso di mutamento di giudice. Il nuovo incaricato, secondo quanto disposto dalla legge delega n. 134/2021, può valutare di non richiedere nuovamente la prova dichiarativa o, almeno, di farlo “solo quando lo ritenga necessario sulla base di specifiche esigenze” quando le dichiarazioni siano state videoregistrate e sia dunque possibile procedere alla loro visione e al loro ascolto.

Quando il giudice cambia, l’imputato rischia spesso di perdere il diritto di essere giudicato da chi ha raccolto la prova, osservando non solo le parole ma anche gli altrettanto importanti elementi che appartengono alla comunicazione non verbale. Un diritto regolato anche dall’art. 525 del c.p.p., comma 2.

Per l’UCPI, l’attuale meccanismo disegnato dall’articolo in questione rappresenta “la fondamentale realizzazione di princìpi costituzionali del giusto processo”, che possono trovare limitazione solo in casi eccezionali previsti dalla legge.

Il problema della rinnovazione dell’acquisizione della prova

Secondo l’UCPI, nonostante il principio di diritto vigente, ogni giorno continuerebbe a verificarsi nelle aule di giustizia italiane un fenomeno determinato dalla regola stabilita dalla sentenza Bajrami (Sez. Un. 41736/2019).

Secondo tale pronuncia, il nuovo giudice può non procedere alla rinnovazione dell’acquisizione della prova (tranne che vi siano circostanze diverse rispetto alla prima testimonianza). L’UCPI denuncia come una delle conseguenze della pronuncia sia la prassi in atto in relazione alla mutazione – “con inquietante frequenza” – delle composizioni dei collegi e dei tribunali monocratici. Una prassi che vanificherebbe il diritto dell’imputato a essere giudicato da chi ha raccolto la prova, “in ossequio agli irrinunciabili principi di oralità e immediatezza”.

Di fronte a questa situazione, i penalisti italiani intendono reagire. Come? Chiedendo che siano previste almeno misure che accertino che il giudice della decisione “abbia nel suo bagaglio di conoscenza la concreta visione delle videoregistrazioni”. Videoregistrazioni fondamentali per “cristallizzare dinamiche processuali, risposte e comunicazione non verbale” e che il giudice dovrebbe essere obbligato a visionare, secondo l’UCPI, pubblicamente.

La riforma dell’ordinamento giudiziario

L’Unione delle Camere Penali Italiane chiede un intervento delle autorità nell’ambito della riforma dell’ordinamento giudiziario. Per l’UCPI si dovrebbe prevedere l’obbligo per il giudice richiedente il trasferimento di “previamente esaurire il proprio ruolo portando a termine i processi già iniziati”. Si tratterebbe di un obbligo già contemplato in una direttiva del Csm, mai concretamente attuata.

L’astensione dei penalisti dalle udienze e dalle attività giudiziarie del 27/28 giugno si rivela come un tentativo di “denunciare l’inaccettabile compromissione dei diritti costituzionali”. Compressione che, per l’UCPI, “quotidianamente si verifica nelle aule di giustizia con le reiterate modifiche della composizione dei collegi”.

Al tempo stesso, l’iniziativa mira a “sollecitare Governo e Parlamento ad assumere immediati provvedimenti” per “riaffermare l’inderogabilità dei princìpi del giusto processo”.