Impianti sportivi, palestre e piscine chiuse, lo sport in agonia

Non c’è ancora nessuna certezza all’orizzonte: lo sport, specialmente quello dilettantistico, è fermo da quasi un anno, a causa della pandemia. Numerosi sono gli impianti e le strutture sportive che, non riuscendo a contrastare le perdite dovute alle mancate attività, chiudono i battenti.

Salvo Messeri

Stessa situazione accade per le piscine: a fronte delle spese di gestione e manutenzione, e al fatturato zero, i gestori sono costretti ad annaspare nell’incertezza, in attesa di soluzioni quanto più immediate ed efficaci.

Sono state queste le ragioni per cui, venerdì scorso, la Federazione Sindacale Sport Italia ha manifestato in piazza Montecitorio, a Roma, perché ci sia presto una riapertura, perché ci siano maggiori diritti per i lavoratori di questo comparto.

Ma non si può generalizzare. La difficoltà maggiore, infatti, è attuare scelte univoche per tutti: quello sportivo, di fatti, è un settore complesso. A chiarirci questo concetto è Salvo Messeri, coordinatore regionale per la Sicilia della Lega Imprese Sportive (LIS).

«Le problematiche, in questo momento, hanno tante sfaccettature in quanto la diversità degli ambiti sportivi comporta altresì una diversità di problematiche da affrontare. Ecco perché è complesso, per chi governa, prendere decisioni uniformi ed omogenee per tutti».

Può farci degli esempi?

«Nel caso delle palestre e delle strutture al chiuso, così come anche delle piscine, è chiaro che queste realtà continuano ad avere costi fissi molto alti rispetto, magari, ad una società sportiva che, avendo il campionato fermo, non fa trasferte e non va incontro ad altre spese. Le palestre, oltre ad avere affitti molto importanti da pagare, hanno anche costi di ammortamento di tutte le attrezzature. Stessa cosa non si può dire per gli impianti sportivi che, sebbene paghino affitti ed utenze, non hanno altre perdite, se non il mancato guadagno a causa del mancato avviamento. Una piscina, altro esempio, sia se vi nuotano dieci persone, sia se ve ne nuotano duemila, ha gli stessi costi fissi perché ha quel tipo di manutenzione che si deve fare ugualmente».

Come sta gestendo il Governo la complessità dello sport?

«In questo momento, quello che ci ha fatto capire la pandemia, è la totale assenza di conoscenza delle realtà sportive da parte delle istituzioni. Questo purtroppo è frutto di tanti anni di superficialità. Devo ammettere che il ministro Spadafora ha fatto un grandissimo lavoro in quanto ha attenzionato il settore sportivo, vincendo molte battaglie nei decreti ristori. Per far ciò è stata necessaria un’analisi più approfondita delle varie realtà sportive, che ha fatto anche emergere la necessità di una nuova riforma dello sport, già in approvazione prima della caduta del governo».

Quali sono i rischi causati dal Covid al settore sportivo?

«Uno dei rischi è che questa pandemia faccia sparire oltre il 50% delle società dilettantistiche, e non solo! Il dato ancora più allarmante è il notevole aumento del tasso di suicidi nel mondo giovanile. Chi, tra questi, riesce fortunatamente a scampare all’estremo gesto dichiara che esso è la conseguenza della mancanza degli amici, della scuola e delle attività sportive».

Quali sono le vostre speranze?

«Come LIS, ci auspichiamo sicuramente provvedimenti concreti a favore di tutte le attività sportive. Purtroppo assistiamo a situazioni intollerabili: per strada e nei negozi c’è il delirio, e questo è, spesso, sotto gli occhi di tutti. Tra l’altro mi rammarico del fatto che, in giro, alcuni purtroppo non si attengono alle norme, diventando un rischio per tutti. Mi rammarico, allo stesso modo, a pensare che però dieci bambini in 1000 metri quadrati, all’aperto, non possono stare. Ovviamente con le dovute precauzioni!

La speranza allora è che ci sia una presa di coscienza del governo per ciò che necessita fare per riattivare lo sport, che ci sia una maggiore tutela per tutti coloro che hanno gli impianti, che si possano ottenere maggiori sgravi fiscali (anche coloro che sostengono lo sport con sponsorizzazioni), che ci siano dei voucher per lo sport e che si promuovano iniziative per dare la possibilità anche alle famiglie impoverite di portare i bambini a fare sport.

Lega Impianti Sportivi, di cui di recente – dopo venti anni trascorsi nel mondo dello sport – sono stato eletto coordinatore regionale, ha in questo senso il compito di affiancare gli imprenditori sportivi, formandoli ed informandoli. Speriamo, pertanto, che le nostre proposte, giunte al capo dipartimento del ministero dello sport, possano aiutare il ministro Spadafora, o chi per lui, a riattivare e promuovere lo sport, fonte di benessere per tutti».

Alessia Giaquinta