Il centro studi della CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato) ha recentemente pubblicato “Comune che vai, fisco che trovi 2019”: il tradizionale “Rapporto annuale dell’Osservatorio permanente del CNA” sulla tassazione complessiva che grava sulle piccole e medie imprese e sugli artigiani in 141 Comuni d’Italia. Detto rapporto, giunto alla sua sesta edizione, ha preso in esame tutti i capoluoghi di provincia ed altri Comuni che presentano un’alta densità di popolazione e di piccole imprese analizzando l’andamento della tassazione dal 2011 al 2018, con una proiezione per l’anno 2019. L’aliquota fiscale totale media (Total Tax Rate) sui profitti delle piccole imprese per il 2019 è del 59,7% contro il 61,2% del 2018. Il centro studi ha anche calcolato il “Tax free day”, il giorno della liberazione dalle tasse, che indica la data fino alla quale l’imprenditore deve lavorare, ogni anno, per produrre il reddito necessario ad assolvere gli obblighi fiscali e contributivi, dopo la quale potrà destinare il reddito d’impresa alle proprie esigenze e a quelle della propria famiglia.
Il limite medio nazionale oltre il quale inizia il guadagno dell’impresa è il 5 agosto con ben 218 giorni lavorativi per pagare i tributi vari e 147 giorni per la propria famiglia. Alla fine il quesito più importante è quanto resta concretamente alle imprese per l’anno in corso?
I calcoli della Cna sono stati fatti prendendo come riferimento un’impresa manifatturiera individuale con 5 dipendenti (4 operai e un impiegato), 431 mila euro di fatturato e 50 mila euro di reddito d’impresa, con a disposizione un laboratorio (350 mq di superficie), un negozio per la vendita (175 mq) e attrezzature.
Il risultato finale è un reddito disponibile previsto per il 2019 di 19.442 euro, in leggerissimo aumento rispetto al 2018 quando era pari a 18.661 euro. In conclusione il Rapporto “Rivela che l’ossatura produttiva nazionale continua a essere soggetta a una pressione fiscale molto elevata. Una condizione che in questa edizione risulta parzialmente attenuata dall’aumento della quota di Imu deducibile dal reddito d’impresa che, proprio grazie alle pressioni effettuate dalla Cna, a decorrere dal 2019 passa dal 20% al 50%. Si tratta, tuttavia, di un alleggerimento che potrebbe svanire, dal momento che nel 2019 potrebbe aumentare la tassazione locale”.
Dopo aver illustrato i suddetti dati di carattere nazionale prendiamo in esame quelli relativi ai nove Comuni capoluogo di provincia della nostra regione.
In Sicilia la città meno tartassata, con un total tax rate del 57,9%, è Enna, che nella classifica generale ha guadagnato un posto rispetto a 12 mesi fa: occupa ora la 37esima casella. Ed è in testa anche nella graduatoria del Tax free day. A Enna il giorno fatidico si materializza il 29 luglio: necessitano 211 giorni di fatica per pagare i tributi e 146 giorni per i consumi familiari.
Segue Trapani a quattro lunghezze di ritardo. Si trova al 41esimo posto, con un carico fiscale del 58%. Il 30 luglio l’atteso spartiacque: 212 giorni servono per onorare gli impegni con il fisco, i rimanenti 153 giorni per il nucleo familiare. Conquista il terzo gradino del podio Ragusa, che con il 59,2,% si colloca 71esima nella classifica nazionale. Il Tax free day si concretizza il 3 agosto: 149 giorni per i consumi familiari, 216 per pagare i tributi. Nell’isola la quarta posizione è riservata a Caltanissetta con il 59,4%. Il Tax free day irrompe il 4 agosto con 148 giorni per i consumi familiari e 217 per pagare i tributi.
Palermo si piazza in quinta posizione con un total tax rate del 60%. Nella graduatoria nazionale occupa l’82esimo posto: sale di due gradini in riferimento allo scorso anno. Il capoluogo siciliano si libera della ghigliottina fiscale il 6 agosto (10 giorni in meno rispetto al 2018) con 146 giorni occorrenti per i consumi familiari e 219 per pagare i tributi. 102esima posizione generale per Siracusa, sesta nella classifica isolana. La percentuale della pressione fiscale si attesta sul 61,1. Tax free day il 10 agosto: 142 giorni per consumi familiari e 223 giorni per pagare i tributi.
C’è poi Agrigento, 111esima in graduatoria nazionale, settima in Sicilia con il 61,6%. Il 12 agosto si tratteggia il confine: 140 giorni per i consumi familiari, 225 per pagare i tributi. Messina staziona al 116simo posto in graduatoria: è penultima nell’isola con il 62,5% del carico fiscale. Il tax free day cade per ferragosto, con 137 giorni per i consumi familiari e 228 per pagare i tributi.
L’ultima città siciliana, in tema di pressione fiscale, quindi la più tartassata, è Catania con il 69%. Free day 26 agosto con 126 giorni per i consumi familiari e 239 per pagare i tributi.
Per il settore artigiano italiano il 2019 è un anno di contrazione, tanto che, secondo la Cgia di Mestre, sono 6.500 le aziende in meno nel solo primo semestre dell’anno. Certamente non aiuta un contesto in cui alberga lo spettro dell’aumento dell’Iva, il calo dei consumi, le tasse e l’accesso al credito.
Ad eccezione del Trentino Alto Adige, in tutte le altre regioni italiane il saldo del primo semestre è stato negativo. I risultati più preoccupanti si sono registrati in Emilia Romagna (-761), in Sicilia (-700) e in Veneto (-629). Tra il 2009 e il 2018 il numero complessivo delle aziende artigiane si è ridotto di quasi 165.600 unità. La Sicilia, con il -15,1 per cento, ha perso 12.747 attività.
Con la decrescita numerica delle botteghe si assiste ad una desertificazione dei centri storici e anche delle periferie urbane sia delle grandi città che dei piccoli paesi. “I piccoli artigiani sono una risorsa per il nostro Paese – dicono i vertici di Confartigianato Sicilia -, per lo sviluppo dell’economia e per il bagaglio culturale e storico che hanno alle spalle e che non va mai perso. L’emorragia delle imprese artigiane è iniziata da parecchi anni. Il tessuto della Sicilia che lavora è formato da micro, piccole e medie imprese, e di questo non si può non tenerne conto. Dobbiamo ottimizzare l’uso dei fondi dell’Unione Europea. Vanno coinvolte le piccole e medie imprese, alle quali in Europa vengono riservate le risorse, ad esempio, del settore culturale”.
Secondo un recente rapporto della Cciaa della Brianza, gli antichi mestieri in Sicilia sono quasi 80 mila, ma se si escludono gli agricoltori (70.743), il conto è presto fatto: restano poco più di 9.000 artigiani ad esercitare professioni sull’orlo dell’oblio.
Nelle nove province siciliane sono rimasti solo otto artigiani ricamatori di pizzi e merletti, otto maniscalchi, tre fabbricatori di orologi, venti lavoratori del vetro soffiato, tredici tessitori. (dr)
In merito ai dati relativi alla tassazione delle piccole e medie imprese nei nove Comuni capoluogo di provincia della nostra Regione abbiamo contattato i vertici regionali della Cna.
Il presidente della Cna Sicilia, Nello Battiato, ed il segretario, Piero Giglione, hanno affermato: “I dati e i numeri prodotti dal Rapporto annuale dell’Osservatorio permanente della Cna fanno registrare segnali complessivamente incoraggianti, frutto in particolare dell’innalzamento al 50% della deducibilità Imu sugli immobili strumentali, introdotta dalla Legge di Bilancio 2019 su pressione della nostra Confederazione che ne ha fatto un cavallo di battaglia”.
“C’è ancora molto da fare – aggiungono il presidente Battiato e il segretario Giglione – sia nei confronti del governo di Roma che di quello della Regione, ma anche nei confronti delle amministrazioni locali.
Chi lavora e produce, nel rispetto delle regole e del mercato, va sostenuto e aiutato anche dal punto di vista della semplificazione amministrativa e attraverso l’accesso al credito”.
“Rispetto a quest’ultimo tema, abbiamo preparato lo scorso 23 settembre un Focus a Palermo, nel corso del quale – concludono Battiato e Giglione – abbiamo fotografato la situazione che riguarda la Sicilia ed il Mezzogiorno d’Italia, mentre nei primi giorni del mese di dicembre, in occasione dell’assemblea regionale annuale, sono stati accesi i riflettori sulle criticità, che frenano lo sviluppo della nostra terra ma più in generale dell’intera area del Sud, con l’intervento del ministro per il Sud e la Coesione Territoriale, Giuseppe Provenzano”.