PALERMO – Non si arresta l’emorragia di imprese artigiane. Secondo i dati contenuti all’interno del report della Cgia di Mestre, il primo semestre dell’anno in corso ci ha restituito a livello nazionale un saldo negativo pari a 6.564 unità (determinato dalla differenza tra le 53.354 iscrizioni e le 59.918 cessazioni). In Sicilia, nostro malgrado, spicca la seconda perdita più consistente a livello nazionale (-700, risultante dalle 2.216 iscrizioni, contro le 2.916 cessazioni). Peggio fa solo l’Emilia Romagna (-761).
In generale, un saldo negativo ha contraddistinto tutte le regioni italiane, con l’unica eccezione del Trentino Alto Adige (+138). Oltre che in Sicilia, i saldi peggiori si osservano inaspettatamente nelle regioni settentrionali: infatti, troviamo Veneto (-629), Lombardia (-521) e Marche (-518), oltre alla già citata Emilia Romagna.
“La crisi, il calo dei consumi, le tasse, la mancanza di credito e l’impennata degli affitti – afferma Paolo Zabeo, il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia di Mestre – sono le cause che hanno costretto molti artigiani a cessare l’attività. E per rilanciare questo settore è necessario, oltre ad abbassare le imposte e ad alleggerire il peso della burocrazia, rivalutare il lavoro manuale”.
“Negli ultimi 40 anni c’è stata una svalutazione culturale che è stata spaventosa – continua Zabeo -. L’artigianato è stato dipinto come un mondo residuale, destinato al declino e per riguadagnare il ruolo che gli compete ha bisogno di robusti investimenti nell’orientamento scolastico e nell’alternanza tra la scuola e il lavoro, rimettendo al centro del progetto formativo gli istituti professionali che in passato sono stati determinanti nel favorire lo sviluppo economico del Paese”.
La crisi delle imprese artigiane non è di certo iniziata nell’ultimo semestre dell’anno in corso, ma è un processo che va inesorabilmente avanti nel corso degli ultimi anni. Basti pensare che nel 2018 le “artigiane” complessivamente contate a livello nazionale ammontavano a poco più di 1,3 milioni, esattamente 165.598 unità in meno rispetto ai quasi 1,5 milioni di imprese censite nel corso del 2009. La Sicilia è la sesta regione in Italia per maggior perdita in termini assoluti di imprese artigiane (-12.747 unità, da 84.560 del 2009 a 71.813 del 2018) e quarta per perdita percentuale (-15,1%).
In generale, a livello territoriale è il Mezzogiorno la macro area dove la caduta è stata maggiore. Tra il 2009 e il 2018 in Sardegna si è osservata la diminuzione percentuale del numero di imprese artigiane attive più sostenuta in Italia (pari a -18%, ovvero 7.664 unità in meno). Seguono l’Abruzzo con una contrazione del 17,2% (-6.220) e la Basilicata con il 15,1% in meno (-1.808). In generale, anche in questo caso, tutte le regioni italiane hanno indistintamente assistito a perdite nel corso degli ultimi dieci anni.
Il settore artigiano più colpito dalla crisi è stato l’autotrasporto che negli ultimi dieci anni ha perso 22.847 imprese (-22,2%). Seguono le attività manifatturiere con una riduzione pari a 58.027 unità (- 16,3%) e l’edilizia che ha visto crollare il numero delle imprese di 94.330 unità (-16,2%). Mentre sono in forte aumento le imprese di pulizie, giardinaggio e servizi alle imprese (+43,2%), attività cinematografiche e produzione software (+24,6%) e magazzinaggio e corrieri (+12,3%).