Le crisi mondiali, oggi molto concentrate in Europa e nel Mediterraneo, venti di guerra, cambiamenti climatici, flussi migratori in Sicilia vengono avvertiti prima, da Sigonella a Lampedusa, da Marsala a Pozzallo. Alcuni problemi possono, se ci riescono, essere affrontati solo a livello multilaterale. Vediamo passare dal Canale di Sicilia la Marina degli Stati Uniti, ma la Nato dov’è, l’Europa non è pervenuta. E non solo sulla questione mediorientale, ma sugli inevitabili flussi migratori connessi che aumenteranno quelli già in essere.
Che ha fatto l’Europa che non ha investito in intelligence? Chiude Schengen per la paura innescata nell’opinione pubblica. Ma il dibattito sull’esercito comune europeo, sul ritorno a una leva obbligatoria dove è finito? Abbiamo avuto generazioni in Italia in tempo di pace quasi assoluta che facevano la leva obbligatoria e l’abbiamo abolita prima della guerra sui Balcani.
Da Lampedusa si sentono i Caccia che sorvolano il Canale, da Brescia magari no. Il maestrale di ieri ha portato via lo scirocco, il tempo è buono ed arriveranno i migranti dal Sael, dalla Tunisia in profonda crisi economica che ha rifiutato per motivi geopolitici l’aiuto peloso dell’Occidente, i piani Mattei senza Mattei, dall’Egitto ora in sofferenza di palestinesi, da Niger, Mali e Ciad sotto pressione da carestie e aumenti della temperatura oltre l’insopportabile.
L’Italia, la Sicilia è pronta? Abbiamo rafforzato le chiusure in Slovenia ma qui non c’è nulla da fare, il mare non lo argini con uno scoglio. Ma quello che dovrebbe interessare di più i siciliani è l’effetto clima. I cambiamenti climatici non sono una variabile di costume con cui registrare in televisione quanti palermitani riempiano la spiaggia di Mondello. Sono i pesanti danni e fenomeni che generano in agricoltura, in già profonda crisi di risorse umane che l’abbandonano. Il vino è in crisi, ma tra poco l’olio costerà 20 euro al litro, se non interveniamo. In cosa? In formazione, in Agricoltura di precisione, in acqua a prezzo controllato e non dispersa, in trattamenti fitosanitari e concimi, in contratti in bianco sovvenzionati e non in nero, in controlli sul caporalato e contratti stagionali per immigrati, in case di supporto e non in tuguri. In controllo militare del territorio sulla schiavitù, a Campobello di Mazzara o a Vittoria, di tanti lavoratori stagionali. Quanti ispettori del lavoro ci vogliono in Sicilia? Venti volte tanto.
L’investimento pubblico è grande, da fare tremare i polsi. Le risorse poche, drammaticamente insufficienti. Ma la consapevolezza? Nulla, ci limitiamo a litigare su poltroncine sterili che non producono effetti, se non negativi, sulla popolazione.
Il mondo cambia velocemente, e noi facciamo gli struzzi, non avremo abbastanza sabbia tra poco per nasconderci la testa.
Così è se vi pare.