Sicilia

Dagli incendi alle minacce, sindaci e amministratori nel mirino: i casi in Sicilia

Dai fazzoletti inzuppati di sangue agli ulivi tagliati. Passando per auto incendiate o danneggiate, fino agli animali morti davanti casa. C’è di tutto nel catalogo delle intidimidazioni subite dagli amministratori siciliani nel corso del 2022 e raccolti nell’ultimo rapporto “Amministratori sotto tiro” di Avviso Pubblico che elenca le minacce rivolte contro sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali e dipendenti della Pubblica Amministrazione.

Il record siciliano e il caso di Agrigento

La Sicilia vanta un primato a livello nazionale. Se in Italia sono sono 326 gli atti intimidatori censiti, 50 di questi sono accaduti solo nell’Isola, più di Campania (49), Puglia (48) e Calabria (42). Il record lo si tocca in provincia di Agrigento che da sola raccoglie il 36% degli atti intimidatori (18 quelli censiti) concentrati in 15 Comuni della provincia. E’ lungo l’elenco di minacce che va dai proiettili inviati alla sindaca di Montevago, alla testa di cinghiale lasciata davanti al cancello della casa di campagna di Calogero Scrimali, assessore comunale di Licata, oltre che all’incendio, nello stesso comune, dell’auto di un ex assessore. Ad aprile la sindaca di Naro, Maria Grazia Brandara, riceve per posta un fazzoletto inzuppato di sangue, mentre pochi giorni più tardi tocca ad un funzionario di un consorzio di bonifica, residente a Ribera, sul cui cancello di casa viene trovata appesa una missiva dai toni minatori. Nel mese di agosto a Bivona viene distrutto il parabrezza dell’auto del vicesindaco Salvatore Cutrò. Quarantott’ore dopo è il turno di una telefonata minatoria (“digli di farsi la scorta”) ad un familiare del sindaco di Siculiana, Giuseppe Zambito. Ad ottobre due intimidazioni fotocopia nel giro di 72 ore – il taglio degli ulivi su un terreno di proprietà – colpiscono i sindaci di Aragona e Burgio. A dicembre a Sciacca, il cadavere di un cane, in un sacchetto, è ritrovato davanti la casa di campagna del presidente del consiglio comunale, Ignazio Messina.
Per scoprire perchè Agrigento sia così particolare, bisogna leggere l’ultimo rapporto della Dia, la direzione investigativa antimafia nel quale si sottolinea come in quel territorio convivano due tipi di criminalità: la Stidda e la Mafia. “Convivono senza evidenti contrasti nel reciproco interesse di spartirsi proficuamente le attività criminali nel territorio della provincia – scrive la DIA nella sua ultima relazione semestrale, pubblicata nel mese di aprile del 2023 – Tuttavia, talune indagini hanno messo in luce pericolose frizioni tra esponenti ai vertici di cosa nostra e alcuni stiddari sul controllo e sulla gestione di attività illecite connesse con il mercato ortofrutticolo. Tali evenienze potrebbero, nel tempo, rimettere in discussione il tacito accordo di non belligeranza che contraddistingue da anni la Valle dei Templi”.

A Gela una unica modalità

E se la situazione di Agrigento colpisce per la sua varietà, diverso il discorso di Caltanissetta. Dove c’è una concentrazione di intimidazioni (tutte a Gela) e una unicità di modalità operative: l’incendio dell’automobile. Sei casi censiti, sei incendi. Nel mirino sono finite un’automobile di proprietà del Comune e le vetture della consigliera Alessandra Ascia, dell’ex assessore Anna Comandatore, dell’ex consigliere Nunzio Cafà, e due auto – a distanza di sei mesi l’una dall’altra – del consigliere Gabriele Pellegrino. Anche nel nisseno, come nell’agrigentino, convivono Cosa nostra e Stidda. Nel 2022, oltre agli amministratori locali, sono finiti nel mirino delle intimidazioni anche numerose attività economiche e professionisti.

I sindaci in prima linea

Una particolarità dell’Isola, prova a spiegare Mario Emanuele Alvano, segretario generale dell’Anci Sicilia, è che i cittadini si rivolgono soprattutto ai sindaci per qualsiasi loro richiesta. “Non esiste un altro livello politico percepito come direttamente responsabile di quello che accade nei territori”, dice. Questo porta ad una “sovraesposizione” degli amministratori che diventano (volenti o nolenti) responsabili di tutto. “Un caso di scuola”, spiega ancora, “è quello di Rigopiano in cui l’unico condannato è stato il sindaco”. Per l’esponente dell’associazione dei comuni servirebbe dunque “una modifica della legislazione che possa non esporre così tanto gli amministratori”. Uno spostamento del “focus” di attenzione. Tra gli esempi portati avanti da Alvano il reato di abuso d’ufficio ma anche “la paradossale vicenda dell’aumento dell’indennità dei sindaci realizzata ovunque e che solo in Sicilia è diventato motivo di polemica”. Problemi locali, quindi, che risalgono la corrente delle istituzioni fino ai vertici del Viminale. «Il Ministero dovrà necessariamente cogliere alcune riflessioni che provengono dal monitoraggio”, ha detto il ministro dell’interno Matteo Piantedosi alla presentazione del rapporto a Roma, “perché gli amministratori locali sono l’ossatura amministrativa di questo Paese, spesso costretti a gestire in prima linea le principali crisi del nostro Paese».