PALERMO – Due settimane, anzi qualcosa meno. È il tempo che la Regione ha a disposizione per farsi trovare pronta prima che inizi la campagna antincendio. Il cronoprogramma è più serrato rispetto al passato, dopo che il governo Schifani ha deciso di anticipare di un mese – dal 15 giugno al 15 maggio – le tradizionali scadenze. L’accelerata riguarderà più fronti: dall’entrata in azione delle squadre antincendio, composte dai lavoratori stagionali del comparto forestale, al termine entro cui i proprietari dei terreni privati sono tenuti a effettuare la scerbatura delle aree, pena – almeno sulla carta, considerata che la difficoltà nel far rispettare le ordinanze emesse dai sindaci – il rischio di andare incontro a pesanti multe.
Date ufficiali a parte, però, il conto alla rovescia nella lotta contro gli incendi per la Sicilia è partito già da un pezzo. E forse sarebbe meglio dire che non si è mai fermato: se il 2023 è stato un anno tragico, per i non pochi morti causati dai roghi e per i danni ambientali registratisi in tutta l’isola, il 2024 non è iniziato tanto meglio. Che quella degli incendi sia una minaccia ormai destagionalizzata è una sensazione diffusa, ma a confermarlo sono i numeri del progetto europeo Copernicus. Basato su tecnologie satellitari, il progetto mappa i territori percorsi dalle fiamme, localizzandoli e misurandone l’estensione.
Ponendo l’attenzione su ciò che è accaduto in Sicilia nei primi quattro mesi dell’anno, si scopre che ad andare a fuoco sono stati già oltre mille ettari. Un numero preoccupante, se si pensa che tutto – a partire dalle poche precipitazioni e dalla conseguente siccità – fa pensare che il peggio debba ancora arrivare. La provincia più colpita, sia in termine di aree bruciate che di numero di eventi incendiari, è stata fino ad ora quella di Messina, con oltre quattrocento ettari in fumo. Subito dopo si trova Trapani, l’altra in cui il numero di ettari interessati dai roghi ha già superato soglia cento: dei 129 bruciati, la stragrande maggioranza è stata distrutta a inizio marzo. La classifica va avanti con Palermo, dove in provincia sono stati fin qui 92 gli ettari incendiati, e poi ancora Enna (85), Ragusa (80), Siracusa e Catania (68), Agrigento (64) e infine Caltanissetta, che è quella maggiormente risparmiata dal fuoco, con 22 ettari colpiti. In totale poco più di mille ettari già andati in fumo.
Davanti a questa fotografia impietosa, è inevitabile chiedersi quali sono le armi che la Regione sfodererà da qui in avanti. Il problema da risolvere è tanto ramificato quanto incompreso. Politici, esperti, organi inquirenti si chiedono quali logiche possano esserci dietro i roghi, quali i moventi che spingono ad appiccare il fuoco. E se, per tanti anni si è parlato, spesso a sproposito, di autocombustione, ormai la preponderanza della matrice dolosa non è messa in dubbio. La domanda però resta: cui prodest? A chi può interessare dare fuoco? Ogni tentativo di risposta finora è apparso monco: dalle presunte speculazioni sul fronte edilizio e dell’impiantistica energetica, dall’azione di pastori poco propensi ad attendere la rigenerazione naturale dei campi, fino a chi potrebbe scegliere il fuoco come linguaggio per lanciare messaggi di sfida allo Stato.
Per il momento, quindi, non resta che ragionare su come le istituzioni si apprestano a fronteggiare il pericolo. Con la riforma del settore ferma al palo, la Regione continuerà ad avvalersi degli operai stagionali appartenenti – in base al numero di giornate di lavoro garantite – alle canoniche categorie di 151isti, 101isti e 78isti. La piccola novità è rappresentata dalla decisione di assegnare i 151isti soltanto all’antincendio, lasciando alle altre due fasce il compito di lavorare agli interventi di manutenzione.
Questi ultimi sono il primo tassello della difesa contro i roghi ma nel corso degli anni si sono rivelati piuttosto l’anello debole della catena: i terreni incolti, con l’erba alta, facilitano la propagazione delle fiamme trasformando roghi potenzialmente domabili in gravissime minacce per l’ambiente e per l’incolumità delle persone. L’assessore Sammartino, poche settimane prima di essere costretto alle dimissioni per il coinvolgimento nell’indagine Pandora, ha annunciato l’aumento delle giornate retribuite per gli stagionali. Una decisione che ha spaccato il fronte sindacale, con le sigle confederate che hanno ben visto l’iniziativa e il Sifus che invece l’ha etichettata come una mera trovata elettorale in vista delle Europee.
Anche quest’anno l’aiuto arriverà dall’alto: oltre ai canadair messi a disposizione dello Stato, la Regione si avvarrà di dieci elicotteri, il cui servizio – implementato nella campagna antincendio da oltre un lustro – è già iniziato ad aprile. Rimarranno a disposizione fino all’autunno, a meno che il monte ore previsto nell’appalto non si esaurisca prima. Schifani e l’assessora Elena Pagana speravano di poter contare anche su due elicotteri pesanti per rispondere alle critiche di chi fa notare come nelle giornate di scirocco, quando il forte vento rende le fiamme incontrollabili, i mezzi aerei a disposizione non possono decollare per motivi di sicurezza. Così, però, non sarà: la gara d’appalto indetta dalla Regione è andata deserta.
Un passo falso non prevedibile, ma che tutti i siciliani che tengono alla propria terra sperano possa rivelarsi l’unico da qui in avanti. Affidarsi alla speranza, tuttavia, non è il modo migliore per iniziare.
“Ce la stiamo mettendo tutta per farci trovare pronti, ma serve che le istituzioni lavorino in sinergia. Siamo davanti a un fenomeno criminale”. In Sicilia il sole inizia a picchiare e le piogge restano nel cassetto dei sogni di agricoltori e quanti hanno compreso che avere costante bel tempo non è la fortuna che sembra. Anzi, contribuisce a creare nuovi problemi e ad aggravare quelli esistenti. Tra questi ci sono gli incendi, piaga che un tempo contraddistingueva le estati ma che ormai segna l’isola in tutte le stagioni.
Dopo le drammatiche conseguenze dello scorso anno – con morti e migliaia di ettari in fumo – il governo regionale ha garantito che la campagna antincendio 2024 sarebbe stata affrontata al meglio in termini di pianificazione e risorse a disposizione. Dichiarazioni che finora si sono scontrate con più di un contrattempo, ma soprattutto con le critiche dei sindacati che, a vario titolo e con differente disponibilità al dialogo, hanno ricordato che a mancare è una riforma del settore forestale capace di affrontare i cambiamenti degli ultimi anni.
Se il governatore Renato Schifani, che ha assunto la delega all’Agricoltura dopo le dimissioni di Luca Sammartino indagato per corruzione, e l’assessora al Territorio Elena Pagana sono le figure politiche attorno a cui ruota la gestione della campagna, al vertice del dipartimento a cui spetterà coordinare il personale che fronteggerà il fuoco c’è Giuseppe Battaglia, il dirigente generale del dipartimento del Corpo forestale.
“Il governo ha deciso di anticipare l’inizio delle attività antincendio al 15 maggio, un mese prima rispetto al solito, a riprova di come la volontà sia quella di mettere tutto l’impegno possibile per limitare i danni”, dichiara Battaglia al Quotidiano di Sicilia. Provare a domare un fenomeno che negli ultimi anni è apparso totalmente fuori controllo è un’ambizione non da poco, ma soprattutto una necessità se non si vuole continuare a perdere biodiversità.
“I dati dicono che ogni anno in Sicilia si verificano tra i 10mila e i 12mila roghi, la maggior parte dei quali è di origine dolosa. Credo – continua il dirigente – che si possa dire che ci troviamo davanti a un’attività criminale diffusa e ciclica, che sfrutta i momenti più sfavorevoli, come le giornate con forti venti di scirocco. Queste, infatti, sono condizioni che limitano l’attività di spegnimento per l’impossibilità degli elicotteri di volare e al contempo facilitano la propagazione delle fiamme”.
A differenza del passato, il contingente con il maggior numero di giornate tra i lavoratori stagionali – i 151isti – sarà impegnato soltanto nella fase di spegnimento degli incendi. “Sono operai che rappresentano una risorsa fondamentale per l’intero sistema. Ho visto lavoratori sfregiati dal fuoco, altri sono morti. Parliamo di persone che hanno elevatissime competenze e spirito di abnegazione”. Periodicamente, però, nella ricerca delle cause all’origine dei roghi si finisce per far riferimento al possibile coinvolgimento di qualcuno tra gli stessi operai: “Tra 78isti, 101isti e 151isti parliamo di un comparto di circa 15mila persone ed è naturale che in una popolazione così numerosa possano esserci anche mele marce come in qualsiasi contesto sociale, ma demonizzare la categoria è un errore”.
Se il fenomeno dei roghi è per buona parte di natura dolosa, se ormai sempre più spesso – anche ai vertici delle istituzioni – si parla di matrice criminale, quello che non è chiaro è quali possano essere i moventi. “Non è semplice dirlo, ma credo che tutto parta da una base di arretratezza culturale. Ancora oggi sono tanti quelli che, avendo una recriminazione nei confronti di una qualsiasi istituzione o di un privato, pensano di farsi giustizia dando fuoco”, afferma Battaglia.
A contribuire ad aumentare i danni, però, è la carente manutenzione che dovrebbe invece rappresentare il primo passo per farsi trovare pronti. Terreni con erba alta e secca, la mancanza di viali parafuoco rappresentano condizioni favorevoli alla propagazione degli incendi. “Dal dipartimento dello Sviluppo rurale, a cui spetta la gestione degli stagionali addetti alla manutenzione, ho notizie confortanti sulla preparazione dei terreni demaniali ma mi sento di rimarcare un fatto – continua Battaglia – Molte volte i problemi non si verificano nei terreni della Regione ma in aree private o di proprietà comunale”.
L’anno scorso la Regione ha deciso di commissariare diversi Comuni per inadempienze nell’aggiornamento del catasto incendi: “Non credo alla tesi secondo cui i mancati aggiornamenti possano favorire le speculazioni edilizie, perché ritengo che nei lunghi iter autorizzativi emergerebbe comunque che un’area è stata percorsa dal fuoco. Detto questo – va avanti il dirigente generale – è doveroso che le istituzioni collaborino tutte affinché vengano svolte le attività previste dalla legge”.
Sul fronte dei mezzi che saranno a disposizione della Regione, ad avere un ruolo centrale saranno gli elicotteri, ma non quelli pesanti che Schifani aveva promesso a ottobre: “Abbiamo fatto una gara in poche settimane, ma non è arrivata nessuna offerta. Non la riproporremo perché a quanto pare non ci sono al momento mezzi a disposizione sul mercato. Tuttavia gli elicotteri pesanti sono importanti e per questo – prosegue Battaglia – confido nel fatto che la flotta nazionale venga incrementata in modo tale da dare adeguato sostegno alle Regioni. Per quanto riguarda la flotta di dieci elicotteri che abbiamo confermato, ci darà ancora una volta un contributo essenziale per domare gli incendi”. Ultimamente c’è chi ha puntato il dito contro il ricorso all’acqua di mare per spegnere i roghi e ai relativi rischi legati alla desertificazione. I bassi livelli che si registrano nei bacini artificiali preoccupano: “Non è ancora detto che pescheranno l’acqua dal mare. Dipenderà dalle condizioni climatiche, speriamo che nelle prossime settimane piova”.
Infine, una battuta sul coinvolgimento della società civile. L’anno scorso, le associazioni ambientaliste hanno accusato il governo di non avere accettato la disponibilità a dare una mano nelle attività di avvistamento dei roghi: “Sono accordi soggetti a valutazioni di natura politica. Da parte mia non c’è nessuna preclusione, un tavolo di confronto lo si organizza in poco tempo. Tuttavia – conclude Battaglia – va detto che i danni dello scorso anno sono dipesi dalle condizioni climatiche, non certo dalla mancata sottoscrizione dell’accordo”.