Energia

Crisi energetica, inflazione e rischio recessione, Cese: “Serve piano emergenziale”

Tra inflazione nell’area euro e rincari fuori controllo, in Italia (e non solo) il rischio recessione nel 2023 è sempre più alto. A confermarlo è il Cese (Comitato Economico e Sociale Europeo), intervenuto durante una conferenza internazionale a Roma dal titolo “Geopolitica delle strategie energetiche nella regione euromediterranea”.

La situazione è preoccupante e si rischia una crisi senza precedenti per effetto congiunto della guerra e dell’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime.

Allarme inflazione e rischio recessione

“Nel 2023 c’è il rischio concreto di una pesante recessione come emerge dai primi segnali sull’inflazione altissima registrati nell’area euro“. È quanto emerso durante la Conferenza congiunta Cese-Cnel di oggi a Roma.

Dalla crisi energetica è ancora possibile uscire. Tuttavia, per ottenere questo ambizioso risultato “serve un’azione congiunta Ue-Stati membri con un Piano simile al Next Generation adottato per contrastare la crisi dovuta all’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia. Nessun Paese può agire in proprio mettendo in campo iniziative singole per il contrasto al caro energia e all’aumento delle materie prime”.

“La guerra in Ucraina e la crisi del gas hanno posto in evidenza il tema della ricerca dell’autonomia energetica anche nell’area euromediterranea. Tra i Paesi europei e quelli africani della sponda mediterranea è necessario un reale partenariato improntato a criteri condivisi di sviluppo e sostenibilità. E il metodo è quello del dialogo sociale al fine di instaurare una politica comune per la lotta ai cambiamenti climatici, per la garanzia della sicurezza degli approvvigionamenti in armonia con gli obiettivi legati alla sostenibilità e per un benessere veramente comune”.

“Misure Ue insufficienti”

Secondo il presidente del Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), Tiziano Treu, le misure adottate in Europa fino a questo momento non sarebbero sufficienti di fronte alla crisi energetica attuale, all’inflazione “galoppante” e al rischio recessione per tutta l’Eurozona.

“Le misure finora ipotizzate come la possibilità di utilizzare le risorse residue dei Fondi UE 2014-2020 non impegnate o la tassazione degli extraprofitti non sono sufficienti a fronteggiare la crisi energetica. L’Europa, dove i vertici politici formali e informali si susseguono senza esito, deve fare di più, deve decidere su una risposta unitaria e solidale di fronte alla crisi energetica, che appare peggiore della crisi pandemica”, ha dichiarato.

“La guerra in Ucraina ha posto l’energia al centro delle relazioni euro-mediterranee. Dobbiamo intensificare la nostra cooperazione in tutta la regione e garantire una transizione di successo verso un sistema energetico sostenibile in grado di migliorare la sicurezza energetica e la nostra autonomia. Tali riforme possono essere realizzate solo con il pieno coinvolgimento della società civile organizzata. In questo settore, serve maggiore solidarietà all’interno dell’Ue e nei rapporti con i Paesi terzi”, ha aggiunto Christa Schweng, presidente del Cese.

Un piano per la crisi, come in tempo di pandemia

Molti settori economici sono in ginocchio e centinaia di imprese rischiano la chiusura con conseguente aumento della disoccupazione. Migliaia di famiglie sono in difficoltà. Come avvenuto durante la pandemia serve urgentemente un piano emergenziale. E soprattutto un’Europa unita e solidale capace di impegnare il proprio bilancio per sostenere tutti i Paesi membri. È l’unico modo per proseguire il percorso di sviluppo delle fonti rinnovabili per realizzare una autonomia energetica europea”. Questo è il commento di Gian Paolo Gualaccini, coordinatore della commissione Cnel per le Politiche Europee e la Cooperazione internazionale.

“Bisogna fissare un tetto al prezzo del gas, come sostenuto dai 15 Paesi membri dell’Ue, disaccoppiando il prezzo da quello dell’elettricità, sui mercati all’ingrosso e al dettaglio. E anche introdurre una reale borsa europea del gas sganciata dalle tendenze speculative di quella di Amsterdam”.

Per Grammenos Mastrojeni, vicesegretario generale Unione per il Mediterraneo responsabile per l’energia e il clima: “Nessuno dei Paesi della regione euromediterranea, neanche i più ricchi, ha risorse sufficienti per affrontare da solo una crisi di tale ritmo e ampiezza. Ma insieme bisogna farlo”.

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